Sulle tracce del Rinascimento. Pale d’altare nella Diocesi di Massa Carrara - Pontremoli

5° Itinerario tematico Pale d’altare tra perdite e dispersioni: storie da ricostruire

5° Itinerario tematico Pale d’altare tra perdite e dispersioni: storie da ricostruire

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È raro poter osservare ancora oggi una pala d’altare rinascimentale nel suo contesto originario. I cambiamenti liturgici e di gusto hanno apportato radicali cambiamenti agli edifici. Polittici e pale quadre sono stati allontanati dai loro altari provocando inevitabili perdite e dispersioni.

 

 

Un momento fondamentale per la storia delle pale d’altare rinascimentali è stato il Concilio di Trento (1545-1563) che, per reagire alla dottrina protestante che negava la reale presenza di Cristo nelle specie eucaristiche, ha sancito il ruolo centrale del tabernacolo, destinato a contenere le ostie consacrate. Vistosi tabernacoli sono stati collocati al centro degli altari, diventando i protagonisti delle mense sacre, talvolta con dimensioni monumentali. Tutto ciò ha comportato la rimozione delle pale d’altare dalle loro collocazioni originali, decretando per loro un nuovo destino caratterizzato da continue modifiche e spostamenti.

In particolar modo, le opere dipinte, proprio per la fragilità dei supporti, hanno subito diverse perdite e di frequente sono arrivate ai giorni nostri incomplete. La struttura suddivisa in più parti ha incentivato i tentativi di furti (1. Pontremoli) e talvolta facilitato l’immissione sul mercato antiquario dei diversi frammenti, quali cuspidi e scomparti della predella (2. Codiponte), incontrando, a partire dall’Ottocento, il gusto di collezionisti italiani e stranieri.

La fotografia mostra il trittico di Bernardino del Castelletto a lato dell'altare della Cappella del Santissimo Sacramento nella Cattedrale di Massa (1965).

Sono un esempio significativo di questo fenomeno le complesse vicende del polittico di Bernardino del Castelletto, realizzato per la Pieve di San Pietro di Massa, spostato poi nella chiesa di San Francesco (poi Cattedrale dei Santi Pietro e Francesco) e conservato oggi al Museo Diocesano di Massa (3. Massa Museo).

Le pale marmoree, forse in virtù della loro preziosa materia prima, sembrano aver lasciato più raramente gli edifici sacri originari, all’interno dei quali però hanno perso la loro centralità. In alcuni casi sono stati smembrati (4. Carrara), in altri semplicemente spostati all’interno della chiesa, talvolta adottando soluzioni particolarmente originali, come a Viano dove l’opera è stata murata nella facciata esterna dell’edificio (5. Viano).

Anche quando le opere non hanno abbandonato gli edifici per i quali erano state realizzate, i cambiamenti liturgici e di gusto hanno notevolmente mutato l’aspetto delle chiese e dunque cancellato il legame d’origine tra opera e contesto (6. Antona).

A volte ciò che resta sono solo frammenti che testimoniano vagamente l’antica presenza di una pala d’altare (7. Massa Cattedrale). Si tratta di cornici reimpiegate, predelle, elementi decorativi e scultorei che, smembrati dal contesto originario, si trovano oggi erratici nelle chiese o riutilizzati all’interno di opere successive.

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