1° Itinerario generale Dai monti al mare: pale d'altare in una terra di confine

1. Giovanni Mazone, Madonna col Bambino in trono e i quattro Evangelisti

1. Giovanni Mazone, Madonna col Bambino in trono e i quattro Evangelisti

Autore: Giovanni Mazone
Titolo: Madonna col Bambino in trono e i quattro Evangelisti
Data: 1451-1455 circa
Materia e tecnica: olio su tavola
Misure: 300 x 150 cm circa
Collocazione: Pontremoli, Chiesa della Santissima Annunziata, controfacciata

 

 

 

 

Il dipinto ha avuto diverse attribuzioni, tutte nell’ambito della pittura ligure del secondo quattrocento. Gli studiosi sono ora quasi tutti concordi nell’attribuire il polittico alla mano di  Giovanni Mazone (1433- 1511). Il pittore, originario di Alessandria, apprese probabilmente le sue prime conoscenze in pittura dal padre, che già si era trasferito a Genova all’inizio del Quattrocento. Le sue opere ben si inseriscono nel contesto ligure rinascimentale dove influssi artistici differenti, come la pittura lombarda e l’arte fiamminga, si mescolano in un linguaggio originale. L’opera è stata realizzata probabilmente nella fase giovanile dell’attività di Giovanni Mazone.

 

La pala d’altare è oggi conservata presso l’antica Chiesa della Santissima Annunziata, fondata a partire dal 1474 assieme all’annesso convento di frati agostiniani. Recenti studi, tuttavia, ipotizzando la realizzazione dell’opera  tra il 1451 e il 1455, suggeriscono che essa  abbia una provenienza diversa. Potrebbe essere arrivata a Pontremoli in un secondo momento, come sembra anche suggerire l’assenza di documenti che la interessano fino all’Ottocento. Si può forse riconoscere in quest’opera, la pala d’altare commissionata da Filippo Doria nel suo testamento del 1451 per la Chiesa di Santa Maria della Cella a Genova, in passato considerata dispersa: così come precisato dal nobile committente genovese, l’opera doveva rappresentare la Madonna col Bambino e i quattro Evangelisti. La grande pala d’altare può essere stata rimossa dalla Chiesa genovese, anch’essa amministrata da frati agostiniani, forse alla fine del Cinquecento a seguito di alcuni lavori e poi essere stata trasferita a Pontremoli.

 

La pala d’altare si caratterizza per una ricchezza di dettagli nella descrizione degli spazi, degli arredi e dei tessuti. I personaggi sono raffigurati all’interno di uno spazio architettonico, costruito prospetticamente, che ricorda le navate di una chiesa con colonne policrome, archi bicromi e capitelli dorati. La Madonna col Bambino, seduti sul trono, presentano abiti di seta e oro ed hanno alle spalle un ricco drappo che imita i preziosissimi velluti con il motivo della “melagrana” allora molto in voga. Negli scomparti laterali, gli Evangelisti sono rappresentati in lettura o intenti a scrivere. Sono inseriti all’interno di spazi chiusi caratterizzati dalla presenta di scrittoi lignei riccamente intagliati e talvolta impreziositi da tessuti di seta. In alto, invece, nella scena dell’Annunciazione, le finestre si aprono prospetticamente sul paesaggio. L’attenzione ai dettagli preziosi e raffinati, che connota tutta l’opera, la collega all’arte fiamminga. È l’unica opera della Diocesi che presenta queste caratteristiche, le altre pale rinascimentali infatti documentano un legame più stretto con la cultura fiorentina. Anche la carpenteria è riconducibie alla tradizione ligure, si veda per confronto il polittico, sempre di Mazone, realizzato per la Chiesa genovese di Santa Maria di Castello.

 

La fotografia mostra gli scomparti del polittico inseriti all'interno della cornice neogotica (1963)

Nel novembre del 1979 l’ opera è stata oggetto di un furto. I ladri avevano rubato 6 dei 9 pannelli che costituivano la pala d’altare e lasciato la cornice a terra rotta. Ritrovata dai Carabinieri nel febbraio 1980, fu restaurata (1981-1987) dal restauratore Giannitrapani sotto la supervisione della Soprintendenza di Pisa, allora competente sul territorio. In quell’occasione fu deciso di non ricomporre le tavole all’interno della cornice neogotica, forse realizzata durante un precedente intervento di restauro del 1895 a cura di Domenico Fiscali,  ma di sistemarle su un fondo neutro, come si può osservare ancora oggi.

 

 

 

 

 

 

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