Narrazioni artigiane: un filo di voci per valorizzare i tesori diocesani di Altamura

L’archeologo racconta: braccia artigiane che danno senso alla bellezza

L’archeologo racconta: braccia artigiane che danno senso alla bellezza

Se avete intenzione di leggere la mia storia, dovete mettervi comodi e prendervi il tempo necessario.

Del resto, tutte le cose importanti hanno bisogno di pazienza, di tempo, di sacrificio per essere ottenute o ritrovate. E io, che nella vita ho sempre fatto l’archeologo, non riesco a parlare con chi ha fretta. Non posso farci nulla … Sono abituato così.

Sono capace di stare ore e ore con la schiena curva, una pala o un pennellino in mano, a spostare pietre, sabbia, terra, solo per ricercare un piccolo frammento. Poi, dopo averlo ritrovato, sono capace di stare ancora ore e ore a guardarlo, per dare un senso a quel frammento che il tempo ci ha lasciato.

Gli oggetti che concretamente ritrovo sono – di fatto – manufatti sopravvissuti dal passato che raccontano le fatiche dell’uomo di ogni epoca, le sue abitudini, le sue conoscenze, le sue capacità, i valori che ha condiviso nella società in cui è vissuto. Sono la testimonianza della trasformazione che i luoghi hanno vissuto.

Insomma, sono un vero tesoro prezioso!

Pensate alle monete che vedete nel museo diocesano di Altamura: ce n’è una di età angioina in cui si intravedono, appena leggibili, alcuni gigli. So che potrà sembrarvi un dettaglio irrilevante, ma non è così! Quei gigli ci permettono di ipotizzare una datazione compresa tra la fine del XIII e prima metà del XIV secolo. Capite? Oltre seicento anni fa!

E ci sono, poi, una moneta ottonata, dell’età di Carlo V d’Asburgo, un gettone mercantile dello stesso materiale ed epoca … Ritrovarli, è stata un’emozione enorme! Ogni volta che guardo quei reperti, non resisto alla tentazione di chiedermi: chi li avrà avuti tre le mani? Come e quanto avranno sudato per averli? Cosa desideravano fare con questi oggetti? E che ci fanno qui, sotto le fondamenta della Cattedrale, insieme ai rosari in osso e legno, ai calzari in cuoio, alle medagliette devozionali, ai frammenti di statue?

Sono domande a cui cerco di rispondere con il mio lavoro, continuando a cercare, a confrontare, a scorgere più dettagli possibili, giorno dopo giorno, con cura e attenzione, come fa un investigatore a cui hanno assegnato il compito di svelare e unire indizi celati nella quotidianità.

Ci credo molto al valore del mio lavoro, perché credo nel valore della memoria e del  tempo. E a voi, che avete la possibilità di ritrovarvi dinanzi ai reperti archeologici di ogni museo, dico proprio questo: pensate sempre al fatto che ogni vostra azione lasci una traccia indelebile ed eterna, date senso al tempo e non stancatevi mai di ricercare: non è detto che i veri tesori si trovino in superficie!

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