Narrazioni artigiane: un filo di voci per valorizzare i tesori diocesani di Altamura

La sarta racconta: mani artigiane che tessono bellezza

La sarta racconta: mani artigiane che tessono bellezza

Se sono qui a parlarvi è perché, nel tempo, ho capito che non si riesce ad andare molto lontano se non si riannoda il filo delle cose.

Con gli anni, poi, capita spesso che le fibre di una comunità si intreccino, si aggroviglino, e che – a voi posso dirlo – si confonda capo e coda.

Chi sono?
Una persona semplice.

Ho lavorato per tutta la vita con un ago in mano, circondata da fili, stoffe, bottoni e, alcune volte, da gemme e pietre preziose. Ah, come tremavano le mie mani quando ero dinanzi agli abiti da festa di una nobildonna; come batteva il mio cuore quando il mio lavoro vedeva nascere paramenti sacri che sarebbero serviti per le celebrazioni più importanti!

La mia è una storia di ordinaria meraviglia; di gioia nata nella fatica quotidiana, di piccoli traguardi, di soddisfazione che ho provato sempre, ogni volta che le mie mani sono state capaci di trasformare un pezzo di stoffa in qualcosa di bello o di utile.

Beh, si. Il Mantello di Murat è forse uno dei lavori che più mi ha emozionato.

Non fu tutta farina del mio sacco, quello, perché non cominciai da zero a realizzarlo: mi chiesero di trasformare un preziosissimo mantello da donna già esistente, in un piviale

Se anche voi non sapete cosa sia un piviale, non preoccupatevi, ora ve lo spiego e, in ogni caso, esistono le biblioteche per conoscere ciò che non si sa!

Chi istruì me all’epoca, lo sapeva bene cosa fosse un piviale e mi spiegò che si trattava di un abito liturgico (lo chiamò paramento!) usato dai sacerdoti nelle cerimonie solenni al di fuori della Messa. Effettivamente, ne avevo visti tanti di piviali nelle Processioni, durante il Corpus Domini, ma non sapevo si chiamassero in quel modo!

Col tempo, ho capito anche perché si chiamasse piviale: da pluviale, “mantello da pioggia”; effettivamente, è proprio così che è fatto: come un mantello enorme di forma semicircolare.

Il mantello che mi avevano messo tra le mani era già stupendo, ma mentre facevo il mio lavoro, mentre ricamavo su seta tralci di foglie e frutti, mentre alternavo paillettes e tulle, mentre incastonavo petali di rosa che ormai saranno secchi, sentivo di avere tra le mani qualcosa che, nel tempo, sarebbe diventato ancora più prezioso.

Per non parlare delle voci che correvano sulla provenienza di quel mantello! Si sa … Mentre si lavora coi fili, un po’ di gossip può sempre capitare!

È di Giulia Clary? La moglie di Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone e re reggente di Napoli dal 1806 al 1808?
No, è di Carolina Bonaparte, la moglie di Murat e sorella di Napoleone!

Io, non ho mai preso una posizione precisa. Ciò che so, è che terminai e consegnai il mio lavoro nel 1808. Gioacchino Murat – il re di Napoli in persona! – lo doveva regalare al vescovo di Altamura Gioacchino de Gemmis come omaggio, premio. E che premio!
Del resto, se lo era meritato! Aveva benedetto l’albero della libertà, simbolo della “Rivoluzione di Altamura” nel 1799, quando la città era insorta contro i borboni! Non era certo da tutti fare una cosa del genere!

Ah, che tempi!

Mentre adattavo quel mantello a piviale, ho dovuto pregare tanto perché ogni filo corresse sul sentiero giusto, perché ogni pietra potesse essere fissata talmente bene da restare salda nel tempo, perché tutti potessero ricordare la grandezza di quel dono, attraverso la preziosità dei materiali e la cura con cui le mie mani si erano mosse su quel tessuto.

Ancora oggi, prego perché il mantello continui ad essere un premio per chi lo guarda.

Si! Siete fortunati ad averlo ricevuto in eredità dalla storia!

Guardatelo, osservatelo ogni volta che sentite di non riuscire a trasformare in qualcosa di bello la realtà che vi circonda. Io ho cominciato con un pezzo di stoffa, un ago e un filo. Il resto lo ha fatto la storia ed ora potete farlo voi.

La storia di questo mantello è proprio intrecciata alla storia della sua comunità; stento a volte a crederci, ma realmente le mie umili mani hanno creato quello che è un dono di tutti, che unisce e unirà per sempre.

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