La Cattedrale di Sessa Aurunca: monumento di Arte e Fede
L’arte e gli spazi liturgici
L’arte e gli spazi liturgici
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Per la costruzione della Cattedrale si fece ampio ricorso al materiale di spoglio proveniente da edifici della Suessa antica tanto da far ipotizzare la preesistenza di un tempio pagano dedicato a Mercurio. Tipologicamente l’edificio sessano ha un’indiscussa origine cassinese, trovando chiari riscontri in edifici medievali quali la cattedrale di Calvi vecchia, Caserta vecchia, Carinola, Alife, Minturno, Capua, Salerno ed altri edifici eretti in anni vicini tra loro e tutti “ispirati” all’’abbazia di Montecassino voluta dall’abbate Desiderio.
La facciata è preceduta dal portico realizzato alla fine del secolo XII e gli inizi del successivo ed è costituito da due archi a tutto sesto ai lati ed un arco a sesto acuto al centro. Particolarmente interessante è l’archivolto di quest’ultimo su cui sono raffigurati a bassorilievo le storie di San Pietro e San Paolo e brani tratti da scritture apocrife.
Le colonne ed i capitelli sono quasi tutti di reimpiego tranne alcuni a motivi zoomorfi. Sulla facciata si aprono tre ingressi con il centrale di dimensioni maggiori. L’architrave non presenta iscrizioni d’età medievali, come per altri edifici coevi, ma indubbia è la sua provenienza dal teatro romano di Suessa, così come s’intuisce dalla presenza delle due maschere poste ai lati. All’interno della lunetta del portale centrale vi è un bassorilievo medievale raffigurante Gesù Cristo in trono con ai lati i Santi Pietro e Paolo su un fondo a mosaico. Nella zona centrale della facciata si apre un finestrone, con arco a tutto sesto inquadrato da un’edicola con colonnine e sculture che rimandano stilisticamente a quelle delle cattedrali pugliesi. In particolare, le due mensole inferiori raffigurano due leoni mentre quelle superiori dei tori con una coppia di pantere che “s’arrampicano” sulla sommità dell’edicola. Le monofore medievali sono tutte decorate con archivolti figurati che lasciano intuire un cantiere medievale, protrattosi tra i secoli XI e XIV, particolarmente florido di artisti con gusti anche diversi tra loro nel tempo.
L’interno della Cattedrale è suddiviso in tre navate, scandite da archi a tutto sesto poggianti su colonne e capitelli per la quasi totalità d’età antica e culminanti con rispettive absidi semicircolari. Durante l’episcopato del vescovo De Martino (1426-1462) si realizzò, sul lato sinistro in prossimità delle attuali scale d’accesso al presbiterio, la prima cappella dedicata al Santissimo Sacramento. Al vescovo Geraldini d’Amelia (1463 -1486) è riferibile un intervento di ristrutturazione della zona presbiteriale, pesantemente danneggiata a seguito di un terremoto. Sempre a questo prelato si deve la costruzione del palazzo vescovile in nuove forme. La ristrutturazione che modificò in modo sostanziale la Cattedrale fu commissionata vescovo Francesco Caracciolo d’Altamura (1728 – 1757) con lavori che coinvolsero tutto l’edificio. Quest’illustre prelato, animato dal desiderio di rendere maggiormente confortevole l’edificio ed in linea con i dettami stilistici dell’epoca, promosse un’ampia campagna di lavori che modificarono pesantemente, ed in modo irreversibile, l’edificio. Tra gli interventi maggiori si cita l’intonacatura a stucco delle navate e del presbiterio con l’eliminazione del soffitto a cassettonato seicentesco e l’inserimento di volte ad incannucciata, tipiche del barocco napoletano.
Un ammodernamento consistente che donò nuove forme alla Cattedrale in linea col gusto barocco dell’epoca senza eliminare, fortunatamente, diversi elementi medievali.
Probabilmente il perdurare delle testimonianze medievali, unite alla nuova riforma liturgica post conciliare, furono alla base del progetto di restauro voluto dal vescovo Vittorio Maria Costantini (1962-1982), che prevedeva il ritorno “alle origini” dell’edificio di culto. Il progetto fu solo parzialmente effettuato con l’eliminazione degli ornati barocchi dalle navate laterali e quasi totalmente dal presbiterio. Furono riaperte le monofore medievali e chiuse le finestre settecentesche posizionate al centro dell’abside. I due campanili, posizionati ai lati della facciata e ben documentati da numerose stampe e fotografie, erano già stati abbattuti nel 1953 anche a causa della loro precaria stabilità.
Sebbene l’attuale spazialità non sia stata voluta dalla committenza medievale e tantomeno disegnata dall’ignoto architetto settecentesco, la Cattedrale conserva ancora intatto nel suo splendore il pavimento musivo e l’ambone medievale. Il pavimento della navata centrale è caratterizzato dallo stupendo pavimento a mosaico. Questo, realizzato probabilmente alla metà del secolo XII, è stato oggetto di parziali restauri ed integrazioni a partire dalla fine dell’Ottocento ed ultimati solo nel primo decennio del secolo XXI. Il complesso disegno, spesso letto riduttivamente come motivi geometrici ripetitivi tipici di pavimenti presenti presso le basiliche romane, è stato attentamente studiato sotto l’aspetto iconologico con precisi rimandi alle Sacre Scritture.
L’altro elemento medievale, che fa bella mostra sul lato destro della navata centrale, è l’ambone, realizzato nella prima metà del XIII secolo in linea con lo stile dettato dagli amboni della Cattedrale di Salerno
Sul lato destro del presbiterio si apre l’attuale cappella del Santissimo Sacramento, recentemente restaurata, caratterizzata da una balaustra databile alla fine del XVII secolo ed un altare, sempre in marmi policromi intarsiati, datato 1721. Al centro dell’edicola d’altare vi è il dipinto di Luca Giordano raffigurante la ‘Comunione degli Apostoli’, probabilmente il dipinto più importante della Cattedrale. L’accesso alla cripta, dedicata a San Michele Arcangelo, avviene attraverso le due scale poste al di sotto del coro settecentesco. Questo spazio è la sintesi dell’architettura medievale, ancora presente nelle volte a crociera poggianti su capitelli e colonnine tra l’antico ed il medioevo, ed interventi settecenteschi testimoniati dagli stucchi, dall’altare in marmo e dal pavimento maiolicato.
Dalla zona presbiteriale s’accede al coretto d’inverno, locale posto al ridosso della sacrestia dei canonici. Lo spazio è il frutto d’interventi di inizio Novecento a seguito della soppressione della cappella di San Girolamo e di un nuovo assetto degli ambienti adibiti a Sala Capitolare e sacrestia. Interessante è il dipinto raffigurante “San Girolamo che traduce la Bibbia” attribuito all’artista Fabrizio Santafede. I dipinti murali della volta dell’ex cappella di San Girolamo sono stati recentemente restaurati e raffigurano episodi della vita del Santo.
Per ultimo si è lasciata la descrizione della zona absidale, in particolare di quella centrale per il suo stretto legame con la venerata immagine della “Madonna del Popolo”, risalente al 1530 ca. ed attribuita all’artista Marco Cardisco.
Un ulteriore “abbellimento” della zona absidale si ebbe nel 1753 con la realizzazione di un’edicola marmorea ad opera di Giuseppe Cimafonte e di una balaustra in marmo a recinzione dell’altare. Al 1782 risale l’ultimazione del nuovo assetto absidale voluto dai vicari capitolari con l’inserimento delle statue raffiguranti San Pietro e Paolo riconducibili alla bottega di Giuseppe Sanmartino.
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