Il patrimonio degli Istituti culturali ecclesiastici viterbesi e l’evangelizzazione della Tuscia

Biblioteca San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo) – Viterbo

Biblioteca San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo) – Viterbo

La Biblioteca San Giuseppe di Viterbo prende il nome dalla Congregazione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo, CSJ) a cui appartiene. Il nucleo originario del suo patrimonio librario si è costituito pressappoco negli anni ‘40 del secolo scorso al fine di fornire un supporto agli studenti di teologia dell‘allora Istituto Filosofico – Teologico San Pietro gestito dai Padri Giuseppini presenti sul territorio viterbese dal 1936. La Biblioteca, che ancora oggi ha sede presso l‘Istituto San Pietro, di pari passo con le vicende dell‘Istituto di formazione teologica, ha subito cambiamenti e ampliamenti tra il 1955 ed il 1960, anno in cui assunse il nome attuale.

Nel 1958 trovò la sua sistemazione al primo piano dell‘edificio per poi ricevere spazi più adeguati con il raddoppio delle sale al secondo piano al termine degli anni ‘70. In anni più recenti (2005 e 2008) sono stati effettuati ulteriori e significativi ampliamenti grazie ai quali ha assunto l‘attuale struttura che consta di una sala lettura e consultazione e di due ampi locali suddivisi in più sale destinate al deposito e alla custodia dei libri e delle riviste. Oggi la Biblioteca San Giuseppe è un importante strumento di supporto scientifico alle attività formative dell‘attuale Istituto Teologico San Pietro che, dalla fine degli anni ‘90, rappresenta l‘unione dei tre istituti teologici che fino ad allora avevano operato a Viterbo (oltre all‘Istituto Filosofico – Teologico dei Giuseppini del Murialdo, vi erano il Seminario interdiocesano e l‘Istituto Filosofico-Teologico ―S. Paolo dei Frati Cappuccini). Essa inoltre custodisce beni documentari di notevole valore per le attività specifiche della Congregazione dei Giuseppini del Murialdo grazie ad una continua acquisizione di opere (in diverse edizione e ristampe) di autori legati alla Congregazione stessa. Infine ricordiamo che la Biblioteca San Giuseppe rivolge una particolare attenzione alla conservazione e acquisizione di pubblicazioni inerenti il territorio viterbese in cui è situata mettendo quindi a disposizione della comunità una significativa sezione di testi di storia locale.

 

Patrimonio Librario

La Biblioteca San Giuseppe ha da sempre coltivato maggiormente il settore teologico e filosofico (senza trascurare materie affini) e per questo essa si colloca tra le biblioteche di natura specializzata. Molto curata è anche l‘area biblica che comprende testi e commenti dell‘Antico e del Nuovo Testamento, testi di Teologia biblica, di storia, archeologia e geografia del Vicino Oriente Antico, testi sulle lingue bibliche, sull‘ebraismo e sulle origini del Cristianesimo. Altri settori che hanno avuto un discreto sviluppo riguardano la patrologia, la storia della Chiesa e la storia delle religioni, l‘agiografia, il diritto canonico. Non mancano settori che afferiscono alla psicologia, pedagogia e sociologia così come piccole sezioni dedicate alla letteratura antica e moderna (in lingue originali e in traduzioni), alla storia dell‘arte, alle comunicazioni sociali. Infine significative sono le sezioni dedicate alla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo e alla sua storia e la sezione di storia locale.

Oggi la Biblioteca San Giuseppe può contare su un patrimonio di oltre 50.000 volumi e di un totale di 258 periodici (il totale prende in considerazione le riviste in abbonamento e le riviste cessate). Anche le riviste afferiscono naturalmente alle principali aree tematiche curate dalla biblioteca. Si possono quindi reperire e consultare articoli prevalentemente di studi biblici e di teologia, filosofia, liturgia, catechetica e pastorale, storia della chiesa, solo per citarne alcuni, ma non mancano riviste di attualità, di cultura e politica. Completa il patrimonio bibliografico un piccolo fondo di libri antichi impreziosito da cinquecentine e seicentine.

 

Attività dell’Istituto

La Biblioteca, grazie ad un settore interamente dedicato alla Congregazione di San Giuseppe, attesta un‘intensa attività di ricerca volta ad indagarne il carisma spirituale e apostolico. Svariati sono i padri Giuseppini che si sono dedicati allo studio e all‘approfondimento delle vicende storiche della propria congregazione e delle principali figure che, a partire dal fondatore san Leonardo Murialdo, hanno contribuito alla sua nascita, strutturazione e sviluppo, dando vita nel corso degli anni a numerose pubblicazioni. Tra le ultime realizzazioni ricordiamo i tre volumi curati da p. Giovenale Dotta che ripercorrono in modo approfondito la vita, le attività e il cammino di san Leonardo Murialdo e lo studio critico delle Lettere circolari del fondatore ai suoi confratelli, curato da p. Giuseppe Fossati. Entrambi gli autori sono inoltre membri del Centro Storico Giuseppini del Murialdo, un centro studi nato nel 1983 con lo scopo di promuovere attività di ricerca, riflessioni, dibattiti e iniziative editoriali che potessero offrire un contributo chiarificatore su tematiche specifiche concernenti la congregazione e il suo carisma. Il Centro Storico cura la pubblicazione di due collane: “Fonti e Studi” rivolta principalmente allo studio critico delle fonti documentarie riguardanti il fondatore e la congregazione e “Sussidi” che raccoglie dati e informazioni sulla congregazione e si propone come agile strumento per chiunque voglia conoscerne la storia e l‘organizzazione. La presenza del Centro Storico, che tra l‘altro ha dato vita ad una propria biblioteca conservata oggi presso alcuni locali della Biblioteca San Giuseppe, è un‘ulteriore testimonianza dell‘attenzione che i Giuseppini del Murialdo rivolgono alla ricerca, ma anche alla salvaguardia e valorizzazione della propria memoria storica.

La Biblioteca San Giuseppe svolge inoltre la propria attività in pieno coordinamento con l‘Istituto Teologico-Filosofico San Pietro di Viterbo che, ricordiamo, è un Istituto Accademico di formazione filosofica e teologica di alta qualità aperto a tutti che organizza e promuove diversi seminari e incontri di studio nonché un proprio Convegno annuale incentrato per lo più su tematiche filosofiche e teologiche attuali.

 

L’Istituto San Pietro di Viterbo sede della Biblioteca San Giuseppe

La Congregazione dei Giuseppini del Murialdo, fondata a Torino nel 1873 da San Leonardo Murialdo, nacque dall’incontro di due esperienze religiose: quella del Murialdo e quella del gruppo educativo del Collegio Artigianelli – di cui il Murialdo fu anche rettore –  che si proponeva di accogliere, assistere, educare cristianamente ed insegnare un lavoro ai giovani orfani, poveri e abbandonati. Il primo passo che condusse alla nascita della Congregazione fu in realtà la fondazione, nel 1867, di una “Confraternita di San Giuseppe” che si trasformò pochi anni più tardi in una vera e propria Congregazione che prese il nome di San Giuseppe perché in lui, “custode” di Gesù fanciullo, si rifletteva il modello per eccellenza di ogni educatore, specialmente per chi si dedicava proprio all’apostolato tra i giovani lavoratori.

I Giuseppini del Murialdo sono presenti sul territorio viterbese dal 1936, da quando hanno assunto la guida della parrocchia di Santa Maria delle Farine. La casa del parroco era situata presso il convento annesso alla chiesa di San Pietro, nel luogo dove ancora oggi sorge l’Istituto San Pietro. La chiesa di San Pietro in Castagno e l’omonimo convento furono fatti edificare dal cardinal Raniero Capocci nella prima metà del XIII secolo per i monaci Cistercensi, sostituiti in seguito dai Frati Gerolimini del Beato Pietro da Pisa ai quali fu affidato il complesso nel 1498 e poi dai Frati della Penitenza, detti Scalzetti, rimasti fino al 1936, quando appunto l’edificio e la chiesa passarono alla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo. Il convento divenne allora sede del seminario minore dei Giuseppini e nel 1945 i superiori decisero di portarvi lo Scolasticato di Teologia che fino ad allora aveva avuto sede presso la casa di villeggiatura del Seminario Interdiocesano a La Quercia. Nella Cronistoria della Pia Società Torinese di S. Giuseppe dalla fondazione 1873 si legge che nel 1936 i Giuseppini assunsero la direzione anche dell’Orfanotrofio della Divina Provvidenza che ospitò i seminaristi, allora chiamati “aspiranti”, e gli studenti di teologia della Provincia Romana della Congregazione di San Giuseppe. Nel 1937 nell’Istituto San Pietro venne aperto il noviziato della Provincia Romana ma la sede fu agli inizi provvisoria. Infatti, a breve, i novizi e gli studenti di teologia furono trasferiti presso la casa di villeggiatura del Seminario Interdiocesano a La Quercia. Sempre nel 1937 i seminaristi giuseppini lasciarono l’orfanotrofio per trasferirsi all’Istituto San Pietro adeguatamente ristrutturato (furono ricavati dormitori, aule, sale studio, refettorio, etc.).  Dalla detta Cronistoria si ricava inoltre che il 22 ottobre 1945 «dopo matura riflessione e dopo tante ricerche i Superiori hanno deciso di riportare lo Scolasticato Teologico a Viterbo, non più alla Quercia, ma all’Istituto San Pietro e non più con la scuola al Seminario Regionale, ma in sede propria con proprii insegnanti; così lo Scolasticato Teologico diviene in pieno giuseppino, con vantaggi notevoli nella formazione culturale spirituale, religiosa, giuseppina dei nostri chierici teologi. Affluiscono alla nuova sede i confratelli teologi vecchi e nuovi, da tutte le parti d’Italia e arrivano anche i professori giuseppini nominati dal Consiglio Generalizio. Gli aspiranti della Provincia Romana che dimorano a S. Pietro passano provvisoriamente all’Orfanotrofio della Divina Provvidenza». L’anno scolastico all’Istituto teologico si apre il 13 novembre 1945. L’antico edificio conventuale, ormai fatiscente, venne interamente riedificato nel 1957 ad opera degli stessi Padri Giuseppini i quali ne fecero così la sede internazionale dei loro studi teologici, con presenze annuali di 80-100 studenti di filosofia e teologia, provenienti dall’Italia e da vari paesi stranieri, soprattutto dal Sud America, insieme ad una quindicina di professori. Dal 1970 l’Istituto Filosofico – Teologico San Pietro è affiliato al Pontificio Ateneo S. Anselmo in Roma, conseguendo così il diritto di conferire il titolo del Baccellierato in Teologia. Nel 1998 un altro importante cambiamento condusse all’unione dei tre istituti teologici fino ad allora operanti a Viterbo, vale a dire, oltre all’Istituto Filosofico – Teologico “S. Pietro” dei Giuseppini del Murialdo, la Scuola Teologica “Santa Maria della Quercia” del Seminario interdiocesano e l’Istituto Filosofico-Teologico “S. Paolo” dei Frati Cappuccini. Il 30 settembre di quell’anno venne quindi firmata una convenzione tra la diocesi di Viterbo, i Cappuccini (Provincia religiosa laziale) e i Giuseppini, stabilendo che nell’Istituto San Pietro avesse sede l’unico istituto teologico della città, a servizio delle tre entità contraenti e di altre realtà che continuarono (o cominciarono) ad inviarvi i loro studenti, svolgendo così la funzione di polo di studio filosofico e teologico per il territorio dell’Alto Lazio.

 

Patrimonio Storico-Artistico e Architettonico

Chiesa di Santa Maria delle Farine

Situata al di fuori delle mura cittadine la si può facilmente ammirare, insieme all’annessa canonica, passando per la strada Cassia Sud in direzione Roma, a circa 3 Km da Viterbo, in zona Ponte di Cetti. La chiesa di Santa Maria delle Farine, chiesa parrocchiale, è una delle tante testimonianze che ci ha lasciato in eredità il periodo medievale. Il 1320 è stato da molti preso a riferimento come l’anno di erezione della chiesa anche se, grazie alla preziosa testimonianza documentale, siamo in grado di attestarne l’esistenza già a partire dalla fine del  XIII secolo. L’epigrafe ancora oggi visibile sulla facciata della chiesa ci informa che: Questa chiesa, costruita in onore della Madre di Cristo, è sotto la protezione della patria e del suo difensore, il nobile Silvestro Gatti, nell’anno 1320 reggente il governo di Viterbo. Per questo, o Regina del Cielo, non abbandonare i cittadini viterbesi a te sempre devoti. Quindi la chiesa, dedicata a Maria, nel 1320 si trovava sotto la protezione del Difensore del Popolo Silvestro Gatti il quale ricopriva in quell’anno la carica di reggente a Viterbo. Ciò non  esclude pertanto che la chiesa esistesse già da prima, così come non possiamo escludere che l’edificio in quell’anno abbia subito aggiustamenti o addirittura sia stato riedificato in occasione proprio della nomina del Gatti avvenuta l’anno precedente. Il Signorelli, nel suo manoscritto, scrive infatti: «fu la chiesa rifabbricata per opera di Silvestro Gatti».

Di forma romanica, l’esterno appare semplice e lineare. Nella parte centrale della facciata si racchiudono molti elementi degni di nota. A partire dall’alto troviamo un piccolo ma elegante rosone in peperino cui fa seguito un tondo decorativo in ceramica raffigurante una Madonna con Bambino molto consunta. In compenso è ben conservata la cornice in maiolica decorata con foglie di colore verde e bianco alternati. Sopra la porta è inserita la famosa epigrafe di Silvestro Gatti di cui abbiamo già parlato. Due stemmi affiancano l’epigrafe: frontalmente lo stemma a destra è quello della città di Viterbo, mentre quello di sinistra è lo stemma della famiglia Gatti raffigurato da cinque fasce sormontate dalla figura (molto consunta) di un gatto.

L’interno della chiesa non tradisce l’aspettativa di semplicità che rivela l’esterno. La divisione in tre piccole navate è il risultato di diversi interventi che la chiesa ha subito nei secoli. Quasi certamente in origine si presentava ad una sola navata. La navata sinistra ospita un solo altare con un tempietto ad arco trilobato in peperino in cui si trovava, prima degli ultimi restauri, una statua della Vergine. Essa è certamente anteriore alla navata di destra che sappiamo essere stata voluta dal vescovo Grasselli nel 1900. Anche in quest’ultima è presente un grazioso altare in peperino con il frontone caratterizzato da due archetti trilobati in cui era collocata la statua di S. Giuseppe ed un una piccola edicola in peperino che conteneva la statua di Sant’Antonio; sul fondo un’epigrafe a memoria dell’intervento di ampliamento patrocinato dal Grasselli. La navata centrale termina con un’abside decisamente irregolare e si suppone che in origine  avesse una forma diversa. Ce lo farebbero credere i documenti seicenteschi che riferiscono di una immagine della Madonna «depicta in muro» presso l’altare maggiore e che si fa fatica a pensarla dipinta su un muro ad angolo ottuso; inoltre dietro la parete dritta dell’abside, nella sacrestia, si scorgerebbe l’antica presenza di una porta che doveva fungere da ingresso al posto di quella attuale, sul lato destro dell’abside, che è invece contemporanea all’erezione della navata destra. Questi elementi lascerebbero intendere che l’abside avesse in origine una forma rettangolare secondo i canoni dell’architettura cistercense. In fondo alla navata centrale si trova l’elemento forse più caratterizzante della parte interna di questa chiesa: in posizione centrale davanti all’abside si erge un antico tempietto in peperino in stile lombardesco, poggiante su un gradino di peperino, sorretto da quattro colonnine con capitelli a motivi vegetali stilizzati e caratterizzato da cuspidi e archi trilobati. Questo è l’unico esemplare rimasto a Viterbo dopo che gli altri due esistenti in città e appartenenti rispettivamente alla chiesa di Sant’Andrea e alla chiesa di San Giovanni in Zoccoli sono andati distrutti nell’ultima guerra. Sotto di esso è situato l’altare maggiore e sul fondo dell’abside è collocata la tela della Vergine con Bambino inserita in una grande cornice in legno dorato, con intagli a fogliami.

 

Chiesa di San Pietro

La Chiesa di San Pietro del Castagno e l’annesso convento, oggi sede dell’Istituto San Pietro, hanno visto nel corso dei secoli il passaggio di gestione da un ordine monastico all’altro fino all’ultima ed ancora attuale direzione dei Giuseppini del Murialdo.

Dell’antico convento e del suo chiostro non rimane più nulla, mentre la chiesa, la cui fondazione è sicuramente molto antica, ha mantenuto le linee seicentesche. La chiesa, infatti, venne completamente rifatta nel XVI secolo, sembra con un sostanzioso aiuto del card. Raffaele Riario e poi nel secolo successivo, tra il 1621 e il 1622, il card. Scipione Corbelluzzi si assunse l‘onere della costruzione della facciata e della scenografica scalinata; tali interventi portarono la chiesa al suo attuale disegno che modificò sostanzialmente quello originario, romanico.

Lo stemma del cardinale Corbelluzzi, un cane rampante, compare ripetutamente nella balaustrata che fiancheggia le scale e sul timpano di facciata. Su quest’ultima si legge l’iscrizione commemorativa della dedicazione della chiesa al Principe degli Apostoli S. Pietro, datata 1622.

Al suo interno la chiesa si presenta con un semplice ma raffinato impianto iconografico. Tra le cappelle laterali ricordiamo quella della famiglia patrizia Angelini-Mosti, famiglia originaria del contado viterbese. Nel 1607 un loro esponente, Vincenzo, ottenne dai Gerolamini di S. Pietro del Castagno l’autorizzazione a costruire la cappella posta sotto la dedicazione di S. Maria delle Grazie, dedica derivata dall’immagine ritenuta miracolosa che campeggia al centro della cappella. Questo gruppo della Vergine col Bambino, staccato e ricollocato nella cappella di S. Pietro, era originariamente posta nel romitorio di S. Maria delle Grazie sulla strada romana in prossimità di S. Maria della Grotticella. L’immagine più antica è circoscritta da una cornice e una corona di angeli musicanti, il complesso decorativo dipinto della cappella è completato da riquadri dove sono dipinti la Crocifissione, l’Incoronazione della Vergine, la Decollazione di s. Giovanni Battista, il Ritrovamento della Croce e S. Elena. Allo stato attuale non si conoscono le maestranze attive per queste decorazioni che, pur nella loro modestia, rispondono ai coevi modelli della piazza romana.

Sulla parete di fondo del presbiterio è dipinta una Crocifissione di S. Pietro firmata e datata 1696. L’autore va identificato in Giuseppe Sisto Fietti finora conosciuto solamente per le buone incisioni che corredano il libro di storia viterbese Istoria della città di Viterbo di padre Feliciano Bussi, dato alle stampe nel 1742.

A sinistra, nella cappella centrale, si trova la moderna pala d’altare raffigurante S. Leonardo Murialdo con operai e studenti, risalente agli anni ’50 del 1900, opera di Padre F. Verri.

Infine ricordiamo il prezioso organo della cantoria, opera di Angelo Morettini, datato 1834.

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