Ossola
Metrobio – Malesco
Metrobio – Malesco
Le ossa di un certo Metrobio Severiano, deposto nella catacomba romana di Priscilla, sono oggi conservate entro una ricca urna argentata sulla sommità dell’altare lui dedicato nella chiesa parrocchiale di Malesco, in Valle Vigezzo, in Ossola.
Il 22 dicembre del 1669 i capifamiglia del paese, riuniti in assemblea, fecero formale richiesta per ottenere dall’Urbe le reliquie di qualche martire. Per far fronte alle spese venne addirittura concordata una sorta di autotassazione: una parte della cifra sarebbe stata sostenuta dal comune e un’altra dalla fabbriceria della parrocchiale rappresentata dai due sacerdoti del luogo.
Il religioso cappuccino padre Illuminato da Cosasca si offrì per fare da tramite per ottenere le reliquie e, per ulteriormente venire incontro alle spese necessarie a tutta l’operazione, con delibera comunale del 28 dicembre 1671, si chiese un prestito di trecentoquindici lire imperiali. Dal cimitero di Priscilla, per mandato del pontefice Clemente XI al cardinale Paluzio, vennero recuperate le ossa di Merobio Severiano e con esse, come indicato sull’autentica, l’ampolla del sangue.
La cassetta venne consegnata ad un certo Francesco Premello perché la recapitasse alla curia diocesana di Novara, ove si recò il parroco Don Broggio per ritirare la reliquia dopo la necessaria ricognizione. Un’altra verifica dell’autenticità dei resti venne effettuata a Malesco, da parte del vicario foraneo Don Gerolamo Balcone parroco di Villette, delegato dal vescovo per tale atto e per benedire la nuova cappella che, nel frattempo, era stata realizzata per sistemarvi il corposanto. La benedizione avvenne il 16 maggio 1673, mentre la solenne accoglienza di San Metrobio fu organizzata la domenica della Santissima Trinità 28 maggio. Come da cerimoniale, il corposanto venne condotto in processione per le vie del paese addobbate a festa, con la partecipazione di molte persone arrivate da tutti gli altri centri vigezzini.
Le ossa erano state ricomposte, a guisa di scheletro anatomicamente coerente, dal religioso cappuccino fra Giovanni Angelo; rivestite con un ricco abito da soldato imperiale, vennero poi inserite in una cassa con cristalli e lamine in argento. L’attuale composizione delle reliquie risale però al 1718 quando, a motivo dello spostamento di un braccio del manichino, il parroco don Cadolino, con permesso dell’autorità ecclesiastica, fece risistemare il tutto dai Padri Cappuccini che, in quell’anno, stavano componendo le ossa di Faustino, nella vicina chiesa di Craveggia.
Nell’anno 1900, grazie all’intraprendenza dell’arciprete don Natale Cassani, si pensò ad un completo rifacimento della cappella: con ingenti spese, venne costruito l’attuale altare di marmi preziosi con incastri di bronzo dorato, progettato dall’architetto Molli. Le Suore Rosminiane ricamarono un nuovo abito per il santo in velluto e raso, con il prezioso aiuto della signora Rachele Salati e venne rinnovato anche l’arredo liturgico dell’altare. Nella prima domenica di agosto, con una solenne festa presieduta dal vescovo monsignor Mattia Vicario, si inaugurarono gli interventi effettuati e, da quell’anno, in tale data, si iniziò a celebrare l’annuale ricorrenza in onore del santo, in precedenza fissata alla seconda domenica di giugno.
Una recente e attenta indagine delle fonti, sia agiografiche sia archeologiche, ha permesso di restituire a Metrobio la sua vera identità, scoprendo quello che, con ogni probabilità, è l’epitaffio originario sistemato a chiusura del loculo in cui venne deposto il corpo oggi a Malesco. Il testo, tramandato in varie opere di epigrafia cristiana così riporta: METROBIUS SEVERIANUS / QUI VIXIT ANN(OS) XXVII, MENSIBUS / TRIBUS, D(IES) XII, BENEMERENTI. Metrobio era quindi un giovane morto a ventisette anni, tre mesi e dodici giorni di età.
L’iconografia, limitata ad una stampa del 1723, ritrae Metrobio come soldato romano, mentre sullo sfondo sono idealmente rappresentate le torture subite dal santo ed il suo martirio.
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