Borgomanerese e Aronese
Antonina – Santa Cristina di Borgomanero
Antonina – Santa Cristina di Borgomanero
Le reliquie di Santa Antonina sono custodite nella chiesa parrocchiale di Santa Cristina, che sorge in panoramica posizione sulla collina che sovrasta l’omonima frazione di Borgomanero. Il loro arrivo è da ricondurre all’operato di Giovanni Battista Cavagna ed alla figura di don Flaminio Casella che coadiuvò l’intraprendente Cavagna nella ricerca dei corpisanti, durante il periodo in cui soggiornò a Roma, in stretto contatto con gli ambienti della Congregazione dell’Oratorio fondata da San Filippo Neri. Don Casella aveva intenzione di fondare anche nella diocesi di Novara una congregazione di sacerdoti simile a quella dell’Oratorio. L’idea fu accolta con entusiasmo dal vescovo Bascapè che concesse come sede del nascente sodalizio la chiesa di Santa Cristina, presso la quale svolgeva funzione di cappellano don Giovanni Battista Cattaneo.
Il pio sacerdote, tra le tante reliquie maneggiate dal Cavagna ottenne per sé i corpisanti dei creduti martiri Antonino e Placida, poi destinati alla parrocchiale di Cavaglio d’Agogna, suo paese d’origine, e quello di Antonina che concesse alla chiesa della martire bolsenese. Il 14 aprile del 1607 vennero trasferite dalla collegiata di Borgomanero le reliquie che vi erano state temporaneamente depositate e poste in venerazione nella cappella costruita sul lato meridionale. La mensa dell’altare era costituita da un blocco di sasso lavorato, all’interno del quale venne sistemata la cassetta di piombo con il corpo di Antonina.
In seguito al saccheggio dell’edificio perpetrato dalle truppe francesi nel 1635, le ossa vennero tolte dall’altare e poste in un cofanetto di legno, rivestito di velluto rosso. La presunta martire venne immortalata in una statua, opera del 1664 di abile intagliatore valsesiano e finanziata, come quelle dell’Immacolata e della santa titolare, da don Francesco Mora, sacerdote originario della borgata ed arciprete di Soriso. Nel corso dell’Ottocento, curiosamente, l’effige di Santa Antonina è stata identificata come Sant’Agata e come tale è oggi proposta alla venerazione. Il motivo di questo singolare cambiamento è giustificabile per una mancanza di culto vero e proprio nei confronti di Sant’Antonina e, al contrario, alla crescente devozione verso la martire catanese, soprattutto presso le donne del posto.
A distanza di quattro secoli, le reliquie della presunta martire romana sono ancora conservate all’interno del bauletto seicentesco, rivestito di stoffa rossa, visibile nella parte superiore della nicchia dell’altare in capo alla navata destra della chiesa. Durante tutto questo tempo esse non vennero mai ricomposte in forma di scheletro, come si usava nel Settecento, né inserite in un manichino appositamente realizzato, secondo il gusto dell’Ottocento. Le ossa di Antonina sono rimaste celate alla vista ed al contatto dei fedeli e questo, inevitabilmente, non ha contribuito all’affermazione di una venerazione specifica nei suoi confronti, al punto che il suo nome non sempre figura nell’elenco dei corpisanti presenti in diocesi.
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