In epoca medievale sono stati rappresentati particolarmente i due episodi successivi del martirio della Vergine di Catania: anzitutto la torsione dei seni, poi la loro recisione con un oggetto affilato. Fra le rappresentazioni della torsione c’è un’interessantissima miniatura in un salterio a uso di Reims conservato nella Biblioteca comunale di Carpentras (seconda metà XIII secolo): la Santa, per metà svestita e legata, viene torturata da due uomini, ciascuno dei quali maneggia lo strumento del supplizio formato da una lunga corda manovrata con un legno per torcerle il seno. Negli altri riquadri sono raffigurate le martiri Caterina, Lucia e Margherita, associate ai rispettivi strumenti delle sevizie loro inflitte. L’episodio della torsione riferito dalla Legenda agiografica di Agata è rappresentato anche nella parte inferiore del suo Reliquiario a busto (Giovanni di Bartolo). In questa celebre opera la scena della tortura della Santa per mano di due carnefici è riprodotta sul grande quadrifoglio a punta, arricchito di smalto traslucido su basso rilievo, collocato sotto una delle due mensole a sbalzo che sorreggono i due angeli inginocchiati accanto a lei. Anche in questo caso, la presenza dello stesso tipo di strumenti di tortura già citati indica che lo smaltatore ha preferito rappresentare la prima sentenza del console di Sicilia. Inoltre, così come nel salterio di Carprentas, Agata è in genere associata a due altre figure di sante importanti del calendario cristiano: Caterina d’Alessandria e Lucia di Siracusa. Queste, infatti, con gli attibuti del loro martirio (rispettivamente la ruota, e la spada assieme alla coppa che contiene gli occhi cavati) sono rappresentate in due placchette a profilo mistilineo fissate alla base dell’opera orafa del Di Bartolo.