La stagione "lombarda" nel Levante Genovese

Cerchia di Bernardino Fasolo, Trittico di San Rufino

Cerchia di Bernardino Fasolo, Trittico di San Rufino

Autore: Cerchia di Bernardino Fasolo
Titolo: Trittico di San Rufino
Data: 1530 ca.
Materia e tecnica: tempera su tavola
Misure: 132.5 x 152.5 cm
Collocazione: Chiavari, Museo Diocesano
Provenienza: Leivi, chiesa di San Rufino
Stivate in una soffitta, le tre tavole sono state rinvenute dal parroco di San Rufino don Francesco Casella nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso. Dopo essere state sottoposte a restaura sono state ricoverate per precauzione tra le sale del Museo Diocesano di Chiavari.
Si tratta probabilmente delle porzioni superstiti di un trittico di cui è andata perduta per lo meno la carpenteria goticheggiante che doveva fungere da cornice.
Nonostante le figure siano separate in tre scomparti differenti, lo spazio che le accoglie è unico. I personaggi sono infatti situati all’aperto, uniti dallo sfondo rappresentante un paesaggio collinare punteggiato di alberi. Le due figure laterali sono bloccate dal pennello in atto di avanzare con passo moderato verso l’osservatore e sono perfettamente riconoscibili: a sinistra san Giovanni Battista, vestito con il canonico abito in pelle di cammello, indica l’agnello che si trova accovacciato ai suoi piedi rievocando la frase con cui il Precursore aveva accolto Gesù sulle rive del Giordano (“Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo”), mentre a destra san Pietro apostolo, avvolto nel classico manto giallo, regge in mano le chiavi, suggerendo un altro passo del Vangelo (“A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”).
Più difficile è riconoscere la figura assisa sul trono nello scomparto centrale. L’unico attributo che possiede è il libro sulle cui pagine sono riconoscibili alcuni versetti tratti dal salmo 19: “Coeli enarrant gloriam Dei et manum eius annuntiat firmamentum” (“I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento”). Il passaggio potrebbe però essere stato aggiunto in un’epoca successiva. Possiamo plausibilmente identificare il personaggio sacro con Rufino, titolare della chiesa, venerato soprattutto nel Basso Piemonte dove aveva vissuto come eremita. Mentre solitamente è raffigurato come un monaco vestito con saio scuro, qui lo troviamo rappresentato in chiave contemporanea, con indosso abiti pienamente in linea con la moda del primo Cinquecento. Se l’identificazione è corretta possiamo ipotizzare che il manufatto fosse in origine collocato sull’altare maggiore della chiesa, da cui venne probabilmente rimossa tra il 1675 e il 1687 durante le opere di ristrutturazione dell’edificio. Separate dal resto del trittico, le tavole rimasero esposte in chiesa ancora per qualche tempo, venendo incluse nella pesante cornice dorata che ancora appare alla sommità della porzione centrale.
La posa ieratica, rafforzata dai panneggi incisi da pieghe profonde rimanda ai toni della pittura lombarda ed in particolare al linguaggio diffuso dalla bottega dei Fasolo, mentre la morbidezza dei toni e una certa scioltezza nella disposizione dei personaggi avvicinano le tavole all’opera di Bernardino Fasolo. Dagli schemi tipici dell’artista è anche ripreso il trono, molto simile a quello utilizzato nella Madonna delle Grazie. Tenendo conto di qualche rigidezza nella resa delle fisionomie e della grafia meno raffinata, è probabile che il trittico sia stato realizzato da un pittore che ripropone in chiave del tutto personale il linguaggio del maestro pavese.
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