La propaganda al tempo della Prima guerra mondiale
Propaganda anticlericale
Propaganda anticlericale
Il clero fu spesso oggetto di critiche, poiché le sue azioni venivano considerate ambigue, tra pacifismo e interventismo. Il primo veniva visto come atteggiamento filo-austriaco, per il fatto che il Vaticano, dopo l’unificazione italiana, non nascondeva una certa simpatia verso l’Austria, nazione profondamente legata al tradizionalismo della Chiesa Cattolica. Inoltre, alcuni preti più sensibili al messaggio pacifista del Vangelo non esitavano a manifestare la propria contrarietà alla guerra, specialmente quando giungevano le notizie di sanguinose battaglie. Questi ultimi furono addirittura processati per aver diffuso idee antipatriottiche e disfattiste.
Nel fondo della Prima guerra mondiale si conserva in particolare un fascicolo contenete i verbali dei processi ad ecclesiastici e gli articoli di giornale pro e contro il clero.
Uno dei processi si riferisce al frate cappuccino padre Gabriello, al secolo Angiolo Gialloni, parroco della chiesa di San Donnino, chiamato a comparire nel Tribunale di Pisa “per rispondere di frasi disfattiste verso due soldati in casa di una certa famiglia Taddei.” Il frate, condannato a sei mesi di reclusione e a 500 lire di multa, ricorse in appello. L’autore dell’articolo sostiene che con questa condanna “si ottiene il risultato di lasciar credere, anzi di far credere, che in mezzo ai frati della Penisola fruttifichi la mala pianta del disfattismo. […] può far credere di fronte all’opinione pubblica dell’estero e dell’interno che il clero faccia opera di indebolimento della compagine nazionale: il che non sarebbe certo un vantaggio per lo Stato.”
Nella stessa cartella del fondo Maffi si conserva anche la sentenza del Tribunale penale di Pisa del 4 febbraio 1918, relativa la frate cappuccino: qui si legge che è “imputato del delitto previsto dall’art. 1 Decreto Luogotenenziale 4 ottobre 1917 n. 1561, per avere in Pis, il 28 ottobre 1917, in casa di Taddei Giuseppe in via S. Agostino n. 170, in presenza dei soldati Teruzzo Rosario ed Esposito Gennaro detto che gli Austriaci si piglieranno tutta l’Italia e, rivolto ai soldati medesimi, soggiunto che essi raccogliendo i frutti dell’albero della guerra si ammazzavano l’uno con l’altro, e perciò erano tanti delinquenti, commettendo così un fatto capace di deprimere lo spirito pubblico e di diminuire la resistenza del paese.” Il fatto fu ritenuto particolarmente grave perché le parole del cappuccino furono rivolte a due soldati e “nei giorni della disfatta di Caporetto” (24 ottobre 1917).
In risposta alle accuse mosse contro il clero troviamo nel fascicolo numerosi articoli di giornale come “Le calunnie contro il clero” contenuto nella “Squilla serafica” di Lucca del 1915.
Le accuse di ambiguità del clero sono ben rappresentate nel volantino pubblicato sulla rivista “La Chitarra”, dove viene rappresentato un sacerdote accusato dal gatto di volere la guerra e dal cane di volere la pace.
Please , update your browser