Lo spazio interno è fortemente unitario, ma tutt’altro che omogeneo: l’assemblea celebrante è chiamata a percorrere una direttrice longitudinale (asse portale-altare) e a disporsi secondo uno schema a Tau. La sede del celebrante e l’ambone, posizionati in modo speculare e secondo uno schema utilizzato in un’altra chiesa consacrata nel 2020 (Gesù Maestro a Racalmuto, nella diocesi di Agrigento), si fronteggiano inserendosi nella disposizione spaziale del Popolo di Dio, senza tuttavia scardinarla. L’area battesimale è organizzata in un luogo capiente prossimo al portale. Come anticipato in precedenza (cfr. Caratteri architettonici), il luogo battesimale è dotato di una sua “autonomia”, uno spazio differenziato ma di “servizio” all’azione liturgica, che per il rito del Battesimo acquisisce una valenza ambientale. La “differenziazione” è data da diversi fattori, tra cui l’unico apporto luminoso a raso del pavimento e l’introduzione della geometria circolare (vasca lustrale gradonata e catino per infusione). Il rapporto tra la luce “orientata” e la pellicola muraria è un altro tema centrale nella ricerca iconografica compiuta dai progettisti; fonti di illuminazione dirette (traforo in controfacciata e monofora presbiterale) e indirette (lucernari di colmo, cannon lumiere sull’ambone) concorrono a far “piovere” la luce sulle superfici diafane interne abilitando già a livello percettivo tutto l’invaso assembleare ad ospitare il trascendente. La stessa attenzione è posta per la cappella del Santissimo, un ambiente “costretto”, illuminato solo nei lembi con i banchi in penombra.

Tutti i vani interni, dall’aula principale agli altri spazi ausiliari, sono eterei e privi di colore. L’architettura respinge o meglio “spinge fuori” le cromie; si pensi al manto di copertura realizzato con ceramiche smaltate con una composizione ispirata ai pixel della tecnologia grafica contemporanea. L’equipe di progetto, nutrendosi dall’immaginario dei soffitti lignei storici riccamente decorati, decide di portare “ad extra” le coloriture, simboleggiando questa volta «la tensione dell’imminente verso il trascendente» (dalla relazione di progetto, 2017). Internamente gli unici colori si rinvengono solo nelle opere devozionali realizzate dal maestro Biondani (il crocifisso, e le statue a tutto tondo di San Vincenzo Ferrer e della Vergine Maria). Quest’ultima in particolare, raffigurata con l’iconografia della Madonna delle Grazie (antica devozione della comunità), è posta in prossimità della sede all’interno di una cappella “scavata”, diagonalmente alla direzionalità principale dell’aula. Tale inclinazione è volta a «intercettare molteplici direzioni, evidenziando in Maria non solo il legame con il tema dell’annuncio (ambone), ma anche il ruolo di mediatrice tra il popolo credente e il Figlio (altare)» (dalla relazione artistica, 2017). Tutti i poli liturgici disegnati da Cristiano Cossu sono invece opere massive concepite dall’incontro di due materiali e finiture: onice levigato, quasi traslucido e marmo del tipo “Bronzetto” scabro, “petrigno”, dalle cromie più calde. L’ambone, strutturato come una tribuna accessibile su due lati, è poggiato su un riquadro pavimentale arricchito da intarsi geometrici che alludono al giardino della Resurrezione. Il tabernacolo è invece realizzato in bronzo e ottone lucidati a forma di tempietto. Questo “segno” si ricollega alla rappresentatività identitaria ricercata dai progettisti e dalla committenza fin dalle prime idee progettuali. Il disegno della custodia del Santissimo rielabora la sezione interna dell’edificio di culto facendosi quindi simbolo nel simbolo: custodia del Verbo incarnato, come la domus ecclesiae custodisce la chiesa di carne. Tale processo grafico rappresenta un’interessante operazione “dialogica” capace di rapportare nell’identitario parrocchiale un’immagine ecclesiologica “sartoriale”.