La fine della carriera
Donazioni
Donazioni
◊ Donazione a favore della Biblioteca del Seminario vescovile di Lodi
Tra i molti esempi riportiamo il caso del vescovo Salvatore Andreani (1765-1784) che, secondo disposizione testamentaria, lasciò parte della sua Biblioteca al Seminario vescovile di Lodi. Sebbene i libri non presentino segni di possesso, la consistenza di tale lascito (1.300 volumi) è ricostruibile grazie all’inventario fatto prima dell’immissione della raccolta personale in biblioteca: in considerazione del fatto che monsignor Andreani fu guida spirituale che si interessò alla serietà degli studi e sotto la quale il Seminario raggiunse un notevole livello di formazione del clero, l’analisi del nucleo librario apre indubbiamente sentieri di ricerca interessanti.
Altre donazioni hanno arricchito la biblioteca del seminario, come quella del sacerdote Francesco Fiazza che, oltre alle numerose note di possesso rintracciabili sui libri, è documentata da un’inventario di 227 voci conservato nell’Archivio storico del seminario vescovile di Lodi.
◊ Donazioni a favore del Museo diocesano di Arte sacra di Lodi
Espressioni della personalità di un sacerdote sono rintracciabili anche negli interessi artistici oltre che bibliografici e letterari, alcuni di questi testimoniati dalle donazioni fatte al Museo diocesano dai sacerdoti della diocesi. I lasciti sono espressione del gusto, della sensibilità al bene artistico e del tentativo di valorizzazione, che potrebbero orientare ad ulteriori ricerche sulla figura del donatore: è il caso di mons. Luciano Quartieri, al quale si deve l’organizzazione del Museo diocesano di Arte sacra, di cui fu anche direttore e a cui lasciò un dipinto già di proprietà di don Bartolomeo Ray. Nell’iscrizione sul retro del quadro leggiamo infatti: «Perché sia voto e memoria d’essere stata la Parrocchia d’Ossago immune dal cholera-morbo l’anno 1855: e d’avere il sacerdote Ray Bartolomeo ottenuta la pronta guarigione e cessazione da febbre ardente il dì 6 Agosto 1855: e d’avere il Medico Ray Francesco ottenuta la guarigione da ostinata artrite l’autunno 1856 per la intercessione di S. Bassiano Vescovo / 13 Nov. 1856 / Sac. Ray Bartolomeo; QUESTO QUADRO APPARTENUTO A MONS. LUCIANO QUARTIERI, VIENE DONATO AL MUSEO DIOCESANO DI ARTE SACRA di LODI / Lodi, 9 settembre 1996 / N. 75 / GIANMARIA BELLOCCHIO / Esecutore testamentario». Il quadro ha come soggetto san Bassiano con le cerve e fu il bozzetto per un dipinto più grande tuttora conservato presso la parrocchia di Ossago Lodigiano, dove Ray era parroco. Il piccolo dipinto presenta soprattutto un dato di interesse storico: san Bassiano, primo vescovo e patrono della diocesi di Lodi, era infatti invocato soprattutto come santo taumaturgo (prima contro la lebbra poi contro la peste) fino alla metà del XVI secolo – al punto da essere rappresentato spesso in coppia con san Rocco – e poi via via sempre meno in seguito a una ricollocazione della figura in chiave pastorale dopo il Concilio di Trento. Il dipinto testimonia come a livello popolare Bassiano avesse mantenuto una dimensione devozionale come difensore contro malattie ed epidemie.
Sempre per lascito di mons. Luciano Quartieri il Museo diocesano di Lodi conserva una statua di Gesù Cristo Crocifisso del XIX secolo (misure 25,5×7, legno intagliato), mutila delle braccia e dalla forte ricerca nella resa, quasi espressionista, dell’anatomia del Cristo.
A mons. Ludovico Taverna si deve invece il lascito di un calice del XVI-XVII secolo (misure 25,4×13,6, iscrizione: «LVD TABERNA EPISCOPUS») proveniente dalla Cattedrale, mentre alla sensibilità artistica del vescovo Benaglio dobbiamo una coperta di messale che egli commissionò a Carlo Mendozza, un orefice della sua città natale, Bergamo. La coperta, in metallo fuso argentato, dorato e niellato, raffigura san Bassiano con le cerve, san Gerolamo, sant’Ambrogio, sant’Agostino cardioforo, san Giovanni Crisostomo, Gesù Cristo risorto e lo stemma vescovile.
Significativi anche i casi di apparente assenza di legami tra il donatore e il bene donato: è il caso della statua dell’Immacolata concezione del XVIII secolo (60x22x20, legno intagliato e dipinto), lascito testamentario di don Lorenzo Gatti, sacerdote apparentemente estraneo alla passione per l’arte, eppure con una sensibilità che andrebbe indagata.
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