Le processioni nell'ambiente cristiano
Il valore comunitario
Il valore comunitario
Teoricamente la processione era definita dai vescovi con “supplica pubblica con trasporto di un immagine sacra” atta a suscitare la devozione dei fedeli. Occorre però evidenziare la funzione identitaria delle feste popolari, di cui le processioni facevano parte.
L’incidenza che le processioni avevano sull’immaginario collettivo delle persone formanti la comunità era molto pregnante. Diventare parte di un corteo ordinato che sfilava per le vie dell’abitato, passando davanti alle case di ogni famiglia, contribuiva significativamente ad aumentare la coesione degli abitanti. Nelle circostanze migliori, in cui si creava una partecipazione corale alle preghiere, ai canti, ai riti comuni, l’emozione diventava esperienza interiore. Pur biasimata spesso da vescovi ed ecclesiastici, l’accompagnamento della musica con una banda musicale, che se non sempre favoriva il raccoglimento, amalgamava efficacemente il passo dei partecipanti.
Fattore di grande valenza comunitaria era il ruolo di molte persone coinvolte: la guida organizzativa dei massari, le confraternite e compagnie religiose con le divise e stendardi, gli addetti al trasporto della statua del santo, la cantoria, i chierichetti, i gruppi di associazioni con proprie insegne; era lo specchio di una comunità vivace nella varietà di componenti, ma nell’unità di un camminare insieme.
La moderna fine di questi riti comunitari è indice evidente della frammentazione individualistica dell’attuale cultura. A ciò si aggiunge la scissione tra i riti di ringraziamento e di affidamento del nuovo ciclo di vita, di cui la festa è tappa ed auspicio come un evento nuziale, che ha portato ad un prevalere di aspetti di libertà consumista, sfruttata e promossa da promotori interessati ad eventi di massa, che non creano comunità, ma eventi, sempre più spettacolari ed effimere nel superare se stessi in novità, altrimenti perdono di attrattiva per le masse.
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