Il XXI secolo e il covid
La Cura di Vera Bugatti
La Cura di Vera Bugatti
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“L’esperienza della pandemia – afferma Vera Bugatti -, oltre a ricordarci (temporaneamente) che una parte dell’umanità vive nell’indigenza o in condizione servile, ha reso la morte protagonista della nostra quotidianità. Si è avvertito il bisogno di condividere il dolore, di partecipare a riti e a cerimonie collettive”.
“Mi chiedo – continua Vera Bugatti – se il segno che ha lasciato ci abbia reso davvero più consapevoli, se lo “scampato pericolo” sia riuscito a toccarci nel profondo o se abbiamo ricominciato a correre più forte di prima, per recuperare un tempo che si considera perduto, dominati come siamo dalle logiche dell’economia”.
Da questi pensieri, ha avuto origine l’installazione artistica originale che si intitola La Cura, commissionata all’artista nell’abito del progetto MAB 2022 e esposta nella sala del chiostro del Museo Diocesano dal 1 al 30 ottobre 2022.
Realizzata con filo di ferro e chiodi su tavola, nylon, carta, è composta da due pannelli dove quattro personaggi – un uomo, due donne, una ragazzina – dialogano tra loro e con lo spazio in cui era allestita.
Le figure si muovono nell’ambito della “cura” intesa come responsabilità verso gli altri e verso il mondo. Il proposito sarebbe quello di debellare la cultura dell’indifferenza, dello scontro e delle recriminazioni, riscoprendo i valori della comunità e della solidarietà, nella consapevolezza che esista un unico destino dell’umanità, cui tutti partecipano.
I quattro interagiscono tuttavia in modo titubante, incerti sull’instaurare dei rapporti di mutuo sostegno. L’uomo che abbraccia e protegge la ragazza ha tre mani, una è protesa verso l’esterno. La donna anziana con lo scialle gli porge dell’uva ma guarda in basso. La bambina con il balsamo lenitivo ha uno sguardo cinico.
A colmare la distanza tra i personaggi fluttua un albero quasi spoglio. Le sue radici nascono dalle stesse figure creando una sorta di piano collinare sospeso mentre l’ombra si ramifica tremolante nell’angolo retto, portando lo sguardo su un piano indefinito. A terra si stende un tappeto di foglie bianche cadute dai rami dell’albero, metafora della fragile esistenza terrena.
Di fronte all’opera una sedia bianca attende lo spettatore, lo invita a fermarsi, a dedicarsi del tempo in contemplazione. L’installazione rende, dunque, attori partecipi i visitatori, coinvolge e si apre allo spazio che la circonda.
La realizzazione dell’opera d’arte è documentata e raccontata da un video realizzato dal video maker Silvano Richini con musica originale composta dal maestro Claudio Bonometti .
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