Il XIX secolo e il colera
San Lodovico Pavoni
San Lodovico Pavoni
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L’avventura umana e spirituale di san Lodovico Pavoni, nato a Brescia nel 1784 e morto a Saiano nel 1849, si colloca in quel particolare momento storico e culturale in cui in città si assiste all’avvento, accanto a quelle ataviche, di nuove forme di schiavitù sociale, legate all’incipiente processo di industrializzazione.
Pur nato e cresciuto negli agi di una famiglia della nobiltà, sin da ragazzo Lodovico esprime il suo amore a Dio attraverso piccoli ma significativi gesti di carità verso i più poveri e sofferenti. Fu così che nacque la sua vocazione al sacerdozio ed egli, grazie anche alla profonda conoscenza della sua città, maturata nel periodo trascorso a servizio del vescovo Gabrio Nava in qualità di segretario, scelse di interessarsi, in modo particolare, della sorte dei giovanissimi che lavoravano, spesso in condizioni disumane, nelle numerose officine che andavano aprendosi in città.
Nei locali annessi alla chiesa di San Barnaba, di cui il vescovo gli aveva assegnato la rettoria, Pavoni realizza una casa accogliente in cui i ragazzi che vagabondavano per la città, privi di qualsiasi sostegno familiare e costretti ad una vita di stenti, potessero trovare non solo un lavoro ma anche un ambiente umano caloroso ed accogliente insieme alla possibilità di una formazione. Nel 1821 nasce, così, l’Istituto San Barnaba, prima realtà italiana ad essere contemporaneamente assistenziale, educativa e professionale. I ragazzi dell’Istituto imparavano il mestiere di tipografo, stampatore, legatore ma anche falegname, intagliatore, cesellatore. Per aiutare i suoi ragazzi ad amare il proprio lavoro, traendone soddisfazione e realizzazione, Pavoni giungerà persino a farsi imprenditore, avviando un’attività di vendita di libri per corrispondenza e la sottoscrizione di abbonamenti librari.
Sarà proprio a questa “inventiva dell’amore”, come è stato definito il suo apostolato, che egli ricorrerà per potersi far carico della nuova ondata di orfani e ragazzi in difficoltà che la tragica epidemia di colera, abbattutasi su Brescia nel 1836, aveva così drammaticamente contribuito a creare. Anche a questi il Pavoni apre non solo le porte del suo Istituto ma soprattutto quelle del suo cuore di padre, accogliendoli uno ad uno come figli.
Quanto all’onere economico dell’accoglienza, il Pavoni lo affronterà facendo ricorso ad un originale progetto librario. Ad ogni cittadino che si fosse impegnato a versare all’Istituto 2 lire per 3 anni consecutivi, dal 1836 al 1839, il Pavoni assicurava l’invio di libri stampati dagli alunni stessi della sua scuola tipografica. Non libri qualsiasi, però, bensì il libro giusto per la persona giusta, a seconda della propensione del lettore. Se ad alcuni, ad esempio, venivano proposte opere edificanti quali Le gesta mirabili e le cristiane virtù dell’ottima giovane Bartolomea Capitanio di Lovere, dell’abate Gaetano Scandella, ad altri consigliava un volume di cento pagine “tutto di musica, arte, duetti, cori e canto con accompagnamento di pianoforte”, essendo altrettanto convinto della essenzialità della buona musica per la formazione dell’animo umano. Come avrebbe detto circa un secolo dopo Shiyali Ramamrita Ranganathan, uno dei padri fondatori della moderna biblioteconomia, “ad ogni lettore il suo libro e ad ogni libro il suo lettore”!
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