Lo scampato pericolo
I secoli della peste: XV e XVI
I secoli della peste: XV e XVI
MENU
Nel territorio bresciano, fra XV e XVI secolo, la peste si manifesta ciclicamente ogni dieci – dodici anni con intensità variabile e con ondate che interessano la città o l’ampio territorio circostante fatto di ben tre valli, altrettanti laghi, e una vasta pianura.
Nel Quattrocento sono tre le epidemie che hanno lasciato una memoria persistente anche nella realtà contemporanea: quella del 1427 quando dalla riviera di Salò, il contagio raggiunge Brescia e induce le autorità a istituire il Lazzaretto di San Bartolomeo, quello di fondazione più antica e che resterà il più importante sotto il controllo delle autorità municipali; quella del 1438/39 che fu una delle conseguenze più tragiche di un lungo assedio portato alla città dalla truppe di Niccolò Piccinino al soldo dei Visconti; quella del 478 che le fonti ricordano come la peste del “mazucco” (dall’espressione dialettale “mal di zucca”) per i terribili mal di testa che provocava. Sebbene gli storici non siano concordi nel riconoscervi un contagio da Yersinia pestis, fatto sta che il suo impatto fu devastante: in 11 mesi nella sola città di Brescia morirono 30.000 persone.
Nel Cinquecento il contagio raggiunge dimensioni ragguardevoli nel febbraio del 1512 in concomitanza con il saccheggio e la devastazione sistematica di Brescia operata dalle truppe francesi di Gastone de Foix e fra il 1576 e il 1577 quando le vittime furono così numerose (le fonti ne ricordano 20.000 nell’inverno del 1577) che si dovettero improvvisare cimiteri di fortuna appena furori dalle porte, sotto gli spalti del Castello, lungo le sponde del fiume Mella.
Gli strumenti per arginare e contrastare le ondate epidemiche sono davvero pochi: medicamenti con una efficacia quasi nulla, limitazione degli spostamenti di uomini e merci, isolamento dei casi sospetti e di quelli accertati, chiusura delle porte della città al primo sospetto di contagio.
In questo contesto è, dunque, inevitabile affidare la speranza per la cessazione della malattia anche alla devozione e alla fede, che, nel caso della morte nera, assume le sembianze di San Rocco, santo ausiliatore per eccellenza insieme a San Sebastiano. Nel territorio della Diocesi si moltiplicano le fondazioni di chiese e cappelle dedicate al santo di Montpellier che, ancora oggi, costituiscono un patrimonio architettonico e storico – artistico diffuso. A Brescia, invece, entro il perimetro delle mura cittadine le tracce della devozione sono più sfumate considerate le numerose modifiche a cui furono sottoposti edifici religiosi e altari nel corso dei secoli.
L’altro punto di riferimento fondamentale per la popolazione, le autorità civili e religiose della città è il Tesoro delle Sante Croci che, a più riprese fra Quattrocento e Cinquecento, viene esposto o portato in processione per le vie della città.
Please , update your browser