Dalla sacralità al segno battesimale
Dalla vita alla carta
Dalla vita alla carta
La celebrazione del battesimo trova il suo compimento nella compilazione dell’atto di battesimo. Non si tratta semplicemente di un atto burocratico, bensì è l’attestazione dell’entrata a far parte di una comunità cristiana e dell’impegno nell’accogliere e nel far crescere nella fede il battezzato, identificato con la paternità e la maternità.
Gli atti di battesimo fanno parte dei registri sacramentali, genericamente indicati anche come registri anagrafici, i quali costituiscono la tipologia documentaria tipica degli archivi ecclesiastici, insieme alla documentazione relativa alle visite pastorali. Sul finire del XIV secolo compaiono le prime annotazioni occasionali. Divenuta poi pratica obbligatoria a partire dal Concilio di Trento (1545-1563), la compilazione di questi registri assolveva innanzitutto il compito di mantenere traccia del cammino di fede dei fedeli e permettere così una buona assistenza spirituale da parte della Chiesa. Dal XVI secolo è presente la menzione della maternità e delle firme dei genitori e del padrino e della madrina, significando così l’impegno attivo alla formazione alla fede.
Inoltre gli atti di battesimo erano e sono tuttora le attestazioni fondamentali per accedere a tutti gli altri sacramenti, ivi compreso l’ordine sacro e il matrimonio. Proprio per quest’ultimo si può comprendere meglio l’attenzione sociale della Chiesa, perché uno degli scopi dell’intreccio tra registri di battesimo e di matrimonio era quello di evitare casi di consanguineità. Spetta infine al parroco annotare su questa tipologia di atti le date della Confermazione, del Matrimonio o dell’Ordinazione.
Parallelamente a questi scopi spirituali, i registri di battesimo hanno un ruolo anche per quanto riguarda la vita civile, poiché attestano la presenza di un nuovo membro della comunità cittadina. In particolare, in Piemonte, le Regie Patenti del 20 giugno 1837 investono i registri sacramentali del valore di Stato civile, con la conseguenza che utilizzano un formulario fisso e più dettagliato (sono presenti dati utili ai fini civili quali l’età e il luogo di nascita dei genitori) , la lingua italiana e la redazione in triplice copia, di cui una destinata al Comune. Questo ruolo viene meno nel 1865, quando entra in funzione lo Stato civile del Regno d’Italia. I Patti lateranensi, con la legge 847 del 27 maggio 1929 e l’Istruzione della Congregazione per la disciplina dei sacramenti del 1° luglio 1929, sono gli ultimi momenti di rilevante normativizzazione di questi documenti, fino alle disposizioni del Concilio Vaticano II.
Al giorno d’oggi, i registri di battesimo costituiscono un’importante fonte documentaria: ogni parrocchia conserva gli originali, la cui corretta compilazione e conservazione è oggetto del controllo del Vescovo diocesano in occasione della Visita pastorale (can. 491, §1; can. 535, §4). Presso la Curia diocesana se ne conserva una copia. L’Archivio storico diocesano di Cuneo custodisce circa 30 metri lineari di registri di battesimo, dal 1826; essi sono oggetto di ricerche genealogiche amatoriali oppure per poter attestare il diritto alla cittadinanza italiana iure sanguinis.
La visione d’insieme di questi registri fa risaltare la progressiva diminuzione di atti, in particolare dal Novecento: la società è mutata, con legami alla comunità cristiana di appartenenza più labili e una conseguente ricerca di significato dell’atto del battesimo. Al di là di questo, gli atti di battesimo ci attestano che la nascita non è solo un mero atto fisico, né tanto meno burocratico, ma è un atto sociale e comunitario.
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