L'Arte e la cultura parlano di comunità: Il Pellegrinaggio delle sette chiese nel Giubileo della Speranza
Chiesa di Santa Rosa
Chiesa di Santa Rosa
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Il Giubileo del 1300 vede già un buon numero di pellegrini passare dalla chiesa di S. Rosa, allora ancora intitolata a S. Maria delle Rose e affidata alle Piccole Sorelle di san Damiano. Nel 1268 era terminata la costruzione della chiesa unita al Monastero di S. Chiara che dal 1309 sarà menzionato come Monastero di S. Rosa. Nella chiesa, dal 1258 era conservato il corpo di Rosa che papa Alessandro IV aveva fatto traslare dalla chiesa di S. Maria in Poggio.
Per il Giubileo del 1390 i fedeli trovano già nella chiesa di Santa Rosa custodito il corpo miracolosamente incorrotto della Santa, accolto nell’edificio ricostruito dopo l’incendio che, nel 1357, aveva annerito il corpo di Rosa lasciandolo intatto.
È durante il pontificato di Niccolò V, e in occasione del suo Giubileo del 1450, che il culto di santa Rosa ha il suo primo notevole sviluppo, legato al rinnovato interesse per le figure dei santi promosso dalla chiesa nel processo di ricostruzione dello Stato Pontificio. La chiesa di S. Rosa viene consacrata l’8 dicembre 1450 da Giovanni Caranzoni, vescovo di Viterbo. Lo stemma di Niccolò V, immesso nell’antica facciata della chiesa costituisce una testimonianza di questa importante fase storica del complesso.
Una cospicua somma di denaro affluito grazie ai pellegrini durante il Giubileo (la sola chiesa di S. Rosa raccoglie 4000 ducati) , consente alla popolazione di riaversi dei danni sofferti per le guerre, la peste e la fame. E’ probabilmente grazie a questi proventi che nel 1453 Benozzo Gozzoli realizza per S. Rosa le scene dedicate alla vita della Santa.
È datato alla metà del XV secolo, forse già ammirato dai pellegrini del 1450, il polittico di Francesco d’Antonio Zacchi (detto il Balletta) che raffigura la Madonna in trono col Bambino tra s. Rosa e s. Caterina d’Alessandria.
Il Giubileo del 1475 è segnato da importanti cambiamenti: nel 1457 era iniziato il processo canonico per l’iscrizione di Rosa al registro dei santi. Per custodire il corpo della giovane, negli anni immediatamente precedenti al processo, era stata realizzata una nuova cassa dipinta dal Balletta con i miracoli della santa. Secondo Noris Angeli, nel 1668, il prete Alonso Guzman di Cadice, devoto a s. Rosa e autore di una vita della santa, chiede ed ottiene in dono l’urna dismessa di Rosa, con il consenso del vescovo Francesco Maria Brancaccio, per esporla in una cappella di Cadice. Dalla ricognizione effettuata prima della spedizione sappiamo che all’esterno della cassa erano raffigurati quattro miracoli della santa. La cassa donata al Guzman potrebbe essere quella del Balletta.
Negli anni che precedono il Giubileo del 1650 si decide di ampliare la chiesa in quanto angusta e poco accogliente per l’aumentato numero dei pellegrini che venivano a venerare il corpo di Rosa. I lavori saranno terminati nel 1646, in quella occasione furono distrutti gli affreschi del Gozzoli.
Nel 1647 mons. Antonio Gradini di Parma, protonotario apostolico, contribuisce alle spese per i lavori e dona alla nipote Francesca, monaca del monastero, un dipinto con la Madonna della Pietà del Parma.
Nel Giubileo del 1700 la chiesa accoglie i pellegrini con una nuova urna, donata dal vescovo Urbano Sacchetti nel 1699, che ancora oggi conserva il corpo della santa ed è caratterizzata da un vistoso apparato in metallo.
Gli anni del dominio francese vedono soppresse le corporazioni monastiche con l’espulsione dei religiosi. Il monastero di S. Rosa viene risparmiato perché qui vengono concentrate le suore di tutti gli Ordini, anziane, malate e senza partenti.
Alla metà del XIX secolo si colloca la consacrazione della nuova chiesa ricostruita su un progetto voluto dal vescovo Gaspare Bernardo Pianetti e iniziato nel 1846 [foto 7]. La nuova chiesa ha la facciata in peperino con paraste ioniche e timpano. Nell’occasione il corpo della santa viene spostato nella nuova cappella.
Nel coro è posta la tela del 1850 con la Madonna in Gloria con il Bambino tra s. Francesco di Sales, s. Giovanna Francesca Fremiot de Chantal, s. Bonaventura da Bagnoregio, s. Antonio di Padova e s. Stanislao Kostka, opera del pittore bavarese Giovanni Michele Wittmer, oggi nella navata di sinistra.
Per il Giubileo del 1925, il card. Pietro La Fontaine, patriarca di Venezia, si interessa per l’elevazione del complesso religioso a Monumento nazionale. Il titolo viene attribuito il 23 settembre 1926.
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