L'Arte e la cultura parlano di comunità: Il Pellegrinaggio delle sette chiese nel Giubileo della Speranza
Chiesa di S. Bernardino (Santa Giacinta Marescotti)
Chiesa di S. Bernardino (Santa Giacinta Marescotti)
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Il Giubileo del 1500 è il primo che vede istituite e attive le monache Povere di Cristo già residenti in una casa di Tignoso di Palino Tignosini. Il primo monastero è fondato da san Bernardino da Siena, di passaggio a Viterbo nel 1426, col titolo di Sant’Agnese. L’Istituto, dopo la morte del fondatore nel 1444, prende il nome di San Bernardino. Nel 1447 le monache avevano ottenuto la facoltà di potersi fabbricare una casa più comoda e, nel 1454, erano entrate in possesso di una abitazione lasciata da Antonio di Tommaso. La chiesa attigua al convento viene costruita a partire dal 1460. Al suo interno è già presente un Cristo crocifisso e i preziosi affreschi datati sul finire del 1400 tra i quali è raffigurato l’Ecce homo con i santi, opera di Gabriele di Francesco.
Il Giubileo del 1675 vede già riunita nella chiesa la Confraternita dei Sacconi, eretta da Giacinta Marescotti nel 1639, le costituzioni, redatte dalla stessa santa sono approvate dal vescovo nel 1643. In quell’anno i documenti testimoniano che i fratelli dei Sacchi si recarono a Roma per il Giubileo del 1675.
Per il Giubileo del 1700 la chiesa e il monastero erano già completamente ristrutturati dal 1687. Il corpo di Giacinta era stato riesumato nel 1692 e, ricomposto, viene collocato in una cassa.
In quella occasione i documenti raccontano che mossero verso Roma 159 fratelli, i quali “per fare cosa singolare, da dare, secondo loro, austera impressione, s’appigliarono ad un mezzo onde derivò l’effetto contrario. ‘Ricordo che alli cappucci de’ nostri sacchi, così notò l’archivista Bartolomeo Orioli nel 5° libro dei Decreti e Ricordi, ci fu messo un pezzo d’osso di balena acciò stessero dritti. Ma questo fu piuttosto deriso dalli romani che lodato’. Non poteva essere a meno. Il vedere 159 persone con que’ cappucci aguzzi e ritti, doveva provocare il satirico spirito romanesco.
Negli anni del Giubileo del 1725 si svolge il processo di beatificazione di Giacinta Marescotti; nella visita a Viterbo per la consacrazione dell’altare a lei dedicato, avvenuta nel 1727, il pontefice Benedetto XIII dona al monastero di S. Bernardino il Calice in argento dorato lavorato a sbalzo. Sul piede sono raffigurati san Flippo Neri e due santi domenicani: san Giacinto di Polonia e san Domenico di Guzman. Il papa proveniva infatti da un ordine domenicano ed era molto legato a Filippo Neri, per essere stato protetto da due terremoti per sua intercessione. Sul nodo del calice compaiono a rilievo le figure del Redentore benedicente, san Giovanni evangelista e l’Immacolata Concezione.
Alla celebrazione della beatificazione di Giacinta del 7 maggio 1727 appartengono anche i Medaglioni realizzati da Giovan Battista Gazzale per l’addobbo e la decorazione della chiesa di San Bernardino a Viterbo oggi conservati nella chiesa dei Ss. Angeli Custodi a Vignanello.
I Giubilei successivi portano ancora all’attenzione dei fedeli e dei pellegrini la figura della beata Giacinta alla quale è dedicato il dipinto raffigurante S. Giacinta in estasi, datato alla seconda metà del XVIII secolo, dove la santa è rappresentata di tre quarti, nella cella conventuale, con atteggiamento estatico e fiori di giglio nelle mani congiunte. Il dipinto si colloca nella tipica produzione “di canonizzazione”, tendente ad esaudire le richieste di nobili e istituzioni religiose desiderosi di poter onorare la beata .
Alla fine del XVIII secolo, forse negli anni intorno al Giubileo del 1775, risale invece la tela di Domenico Corvi che raffigura La beata Giacinta Marescotti consegna a Francesco Pacini la regola perla costruzione della Compagnia dei Sacconi, la confraternita voluta e promossa dalla beata per assistere gli ammalati e gli infermi, in particolare durante le epidemie.
Il Giubileo del 1950 trova la chiesa distrutta dai bombardamenti del 1944, il corpo di santa Giacinta viene salvato grazie alle suore che lo portano nei sotterranei del monastero. La ricostruzione porta ad una nuova chiesa completamente diversa dalla originaria che sarà inaugurata nel 1960 non più intitolata a s. Bernardino ma a santa Giacinta Marescotti.
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