L'Arte e la cultura parlano di comunità: Il Pellegrinaggio delle sette chiese nel Giubileo della Speranza

Cattedrale di San Lorenzo

Cattedrale di San Lorenzo

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01 - Stemma di papa Bonifacio VII, Viterbo, Palazzo papale

A ricordare il passaggio a Viterbo del pontefice Bonifacio VIII, che indice il primo Giubileo della storia nel 1300, è lo Stemma affrescato sulla parete dell’ultimo piano del Palazzo papale. Lo scudo reca le insegne della famiglia Caetani (“d’oro, alla gemella ondata in banda, d’azzurro”), non è tuttavia timbrato dalle chiavi petrine decussate, dalla tiara, né dalle infule svolazzanti alla base della tiara.

Nella Cattedrale si offrono allo sguardo dei fedeli che passano a Viterbo per raggiungere la Città Santa i preziosi affreschi dell’abside di sinistra che raffigurano la Vergine col Bambino (oggi completamente scomparsa) affiancata dai santi Pietro e Paolo, da figure e decorazioni architettoniche di cui rimangono poche tracce. Sono tra i più antichi dipinti ancora esistenti nella chiesa. Risalgono all’epoca in cui l’edificio sacro venne abbellito e probabilmente restaurato.

Al Giubileo del 1350 risale la Campana grande del duomo donata da Nicola vescovo di Viterbo e Tuscania, suo nipote Guglielmo Giovanni de Nigris e il medico Paolo viterbese.

Bottega italiana, sec. XIII, Madonna con Gesù Bambino in trono, dipinto murale, cm 150x180

Nel Giubileo del 1390 ai fedeli si presenta la Cappella della Madonna (o del Salvatore): decorata da preziosi affreschi tra cui quello raffigurante la Vergne assisa su un trono, di fattura piuttosto raffinata che deve sicuramente collocarsi nel programma dei lavori di restauro e abbellimento che si attuò nella chiesa tra fine 1300 e i primi del 1400.

Durante il pontificato di Niccolò V, che indirà il Giubileo del 1450, viene incoronato a Roma l’imperatore Federico III d’Asburgo che, nel viaggio intrapreso per arrivare nella Città Santa, si ferma a Viterbo ma, prima di entrare nella Città da Porta Santa Lucia (oggi Porta Fiorentina), visita il Bullicame incuriosito perché nel Pantheon di Goffredo da Viterbo -una storia universale dalle origini del mondo al 1186, oggi custodito nella Biblioteca capitolare- questo luogo veniva definito “una delle bocche dell’inferno”.

In questi anni la chiesa cattedrale versa in uno stato di degrado come la zona circostante scarsamente popolata. Come spesso accade, è un prodigio a segnare la rinascita della cattedrale: il miracolo del Salvatore dipinto che, nel 1442, aveva sgorgato sangue vivo risvegliando l’interesse dei fedeli. Grazie alla rinnovata partecipazione, sotto l’arcipretura di Battista Cordelli (1445-61), nella cattedrale vengono eseguiti importanti lavori di restauro.

Bottega italiana, 1742, Gesù Cristo redentore con angeli e santi, olio su tela, cm. 275x180

Agli anni intorno al Giubileo del 1475 sono riferibili diverse opere d’arte, primo tra tutti il Salvator Mundi, datato 1472, anno in cui viene nominato vescovo di Viterbo mons. Settala. L’opera è attribuita a Girolamo da Verona. Il dipinto costituisce una allegoria del concetto di Salvezza tramite i Cristo e la presenza del donatore che attrae su di se la potenza salvifica del Redentore e la presenta alla totalità dei fedeli. L’implorazione è esclusivamente legata alla vita ultraterrena e non ha altro significato che quello della redenzione.

Il vescovo Settala lascia anche al Capitolo cattedrale di Viterbo una preziosa Bibbia miniata, datata 1471. Il testo sacro è preceduto dalla Lettera di Aristea che prende lo spunto dalla traduzione del Pentateuco, compiuta secondo lo stesso Aristea per ordine del re, al fine di presentare favorevolmente ai Greci gli Ebrei e le loro istituzioni.

Ai pellegrini che entrano al Duomo, in questi anni, si presenta anche la splendida tela raffigurante la Vergine col Bambino di Benvenuto di Giovanni , allora collocata nella Cappella di S. Filippo Neri e datata al settimo decennio del Quattrocento.

Francesco D’Ancona, 1471, Fonte battesimale, marmo, cm. 290x160.

A testimoniare ancora la presenza a Viterbo in questi anni di influenze toscane è il Fonte battesimale, commissionato nel 1471 allo scultore Francesco d’Ancona che si servì della collaborazione dei fratelli Lazzaro e Francesco da Carrara e Jeronimo da Firenze.

Nel primo Giubileo del XVI secolo la cattedrale offre ai pellegrini il prezioso ciclo di affreschi della Cappella della Madonna (o del Salvatore), datato alla fine del XV secolo, nel quale san Francesco e san Bernardino occupano il sottarco della finestra  e costituiscono il registro superiore della parete decorata con lo Sposalizio mistico di santa Caterina.

Il Giubileo del 1600 si apre con una nuova immagine presentata ai fedeli: nel 1599 era stata richiesta dai canonici della Cattedrale una tavola, spaccata sul lato sinistro, che rappresentava le figure dei santi Stefano e Lorenzo, di autore ignoto, datata al sec. XV. L’immagine era di proprietà privata ed è stata esposta alla venerazione dei fedeli nella Cappella della Concezione.

Di passaggio a Viterbo negli anni intorno al Giubileo del 1650, i pellegrini possono ammirare la grande pala d’altare di Giovan Francesco Romanelli raffigurante S. Lorenzo in Gloria, dipinta nel 1648. Forse per la sua funzione di fondale scenico o forse per una ripresa di modi cortoneschi, l’opera si mostra al pubblico con una composizione mossa, grandiosa e vitalissima.

Finito di restaurare il tempio nel 1650, i card. Brancaccio da inizio alla costruzione della nuova Sacrestia. Tutt’intorno, ancora oggi, sono conservati gli splendidi armadi di noce, lucidi, con ricchi capitelli dorati e con scorniciature e fregi eleganti.

Lo slancio fornito dal nuovo Giubileo porta anche alla commissione della tela richiesta per l’altare della Madonna (o dei santi Giacomo e Cristoforo) che raffigura la Vergine con Bambino tra san Giuseppe e san Bernardino da Siena in ginocchio. Il quadro, datato 1649, fu fatto eseguire dal canonico Bernardino Carcarelli per la cappella da lui istituita.

Morandi Giovanni Maria, sec. XVII, Santi Valentino e Ilario, olio su tela, cm 380x240.

Il Giubileo del 1700 porta di nuovo l’attenzione sulla Cappella dei santi Ilario e Valentino che nel 1698 vede l’altare adornato di un quadro del pittore romano Morandi raffigurante Sant’Ilario e Valentino ed il Sacramento. Il dipinto e la costruzione della cappella, dopo qualche controversia, vengono eseguiti per volontà del cardinale Urbano Sacchetti, vescovo di Viterbo (1683-1699).

L’interesse verso i santi compatroni della città è confermato nel successivo Giubileo del 1725. Poco prima era stata eseguita la ricognizione delle reliquie dei santi (1723) ; le nel 1724 era stata completata la Cappella a loro dedicata: l’altare in marmo è eseguito da Giacomo Antonio Ferrari, i pennacchi sono dipinti da Giovanni Maria Mari. In quell’anno vengono traslate nella cappella le reliquie dei due santi. Il card. Giovanni Battista Bussi fa restaurare anche la Cappella di S. Lucia  che viene decorata con gli affreschi e abbellita con gli stalli del coro, i lavori si concludono entro il 1724, in tempo per il nuovo Giubileo. Dal 1720 era terminato anche il prezioso dipinto di Ludovico Mazzanti che raffigura Santa Lucia a cui appare la Madonna col Bambino.

Al 1727 rosale la conclusione del ciclo pittorico di Marco Benefial, commissionato dal vescovo di Viterbo Adriano Sermattei, è costituito da dieci grandi tele con le storie di san Lorenzo, s. Stefano, s. Rosa e s. Giovanni battista. Oggi le tele occupano le pareti delle navate laterali della Cattedrale.

Il 1800 vede già realizzata al nuova Sacrestia, commissionata dal card. Muzio Gallo e abbellita dagli arredi in noce, che era stata conclusa nel 1795.

Cattedrale di S. Lorenzo, pavimento

Gli anni più vicini a noi sono segnati dalla abolizione di molti benefici presenti nella Cattedrale che porteranno gradualmente a trascurare alcune delle cappelle laterali. Ma vedranno anche importanti interventi di restauro alle pitture e al pavimento effettuati negli anni immediatamente successivi al Giubileo del 1875 sotto la direzione dall’architetto Luca Carimini assistito dall’ingegnere viterbese Enrico Calandrelli.

Gli anni del Giubileo del 1925 vedono rinnovarsi l’interesse verso la Madonna della Carbonara, una preziosa immagine duecentesca conservata nella chiesa omonima, oggetto di una profonda devozione da parte della Comunità locale. L’affetto dei fedeli verso la miracolosa Immagine porta, nel 1927, il Capitolo alla decisione di trasferire l’icona nella Cattedrale. Oggi il dipinto occupa la cappella dell’abside di sinistra intitolata ai santi Pietro e Paolo.

Il Giubileo del 1950 trova la cattedrale già elevata al titolo di Basilica minore; il riconoscimento era stato concesso nel 1940 da papa Pio XII . Nel 1952 il tempio viene riaperto ai fedeli dopo il nuovo importante restauro seguito ai danni bellici e il vescovo Adelchi Albanesi consacra l’altare maggiore.

Al Giubileo del 2000 risalgono altri importanti lavori per l’apertura del Museo diocesano Colle del Duomo, oggi prezioso punto di accoglienza per turisti, pellegrini ma soprattutto appassionati della storia religiosa locale.

Infine il Giubileo del 2016 porta alla Cattedrale l’opera di Roberto Ioppolo intitolata Il Mosaico dell’Umanità che racchiude il messaggio di pace, accoglienza, solidarietà ed universalismo che tanto sta a cuore a papa Francesco.

La cattedrale accoglie, nel nuovo Giubileo del 2025, i pellegrini, i fedeli e la comunità dell’intera diocesi con entusiasmo e rinnovata speranza. Il vescovo Orazio Francesco Piazza accompagna ed invita “ad essere pellegrini in un cammino dove fiducia e speranza si raccordano con rinnovata vitalità per riscoprire e rendere effettivo il senso della speranza cristiana nelle difficoltà e nelle prove della vita: la fede, nel vivere, genera speranza”.

 

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