L'Arte e la cultura parlano di comunità: Il Pellegrinaggio delle sette chiese nel Giubileo della Speranza

Basilica di San Francesco alla Rocca

Basilica di San Francesco alla Rocca

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La chiesa di S. Francesco accoglie i pellegrini di passaggio a Viterbo e diretti alla Città Santa per il primo Giubileo del 1300 con una delle sepolture più importanti: il Mausoleo di papa Adriano V, morto il 7 agosto 1275. Ogivale con forme cosmateshe, il tetto spiovete sorretto da quattro colonnine di cui quelle anteriori, a chiocciola, sono caratterizzate da mosaici. Il resto è arricchito da disegni geometrici eseguiti a mosaico. L’opera è attribuita ad Arnolfo di Cambio. La vivace e armoniosa ornamentazione musiva, il carattere degli scomparti e dei vernicolati, viene avvicinato dagli storici ai chiostri del Laterano e di Sassovivo.

Il Giubileo del 1450 trova S. Francesco già al centro della vita religiosa della Città: a segnare un momento importante per l’Ordine era stata la canonizzazione del Minore

Ambito laziale, seconda metà sec. XV, Pulpito, peperino, cm. 280x200

Bernardino da Siena, avvenuta nel 1450. A destra della facciata della chiesa, sullo spigolo, è collocato il cosiddetto Pulpito di S. Bernardino, formato da una consistente colonna a sei facce con decorazioni a foglie. Una lastra sul parapetto della piattaforma, ricorda le prediche del santo a Viterbo nel 1426 e il passaggio in città di padre Guglielmo de Venusio del 1428.

Già presente nella chiesa anche il Mausoleo del card. Gerardo Landriani de’ Capitani, porporato milanese deceduto improvvisamente mentre era di passaggio a Viterbo. Opera di maestranze locali, datata 1445. Il sarcofago, posto ad altezza d’uomo, è sorretto da quattro colonnine tortili sulle quali poggia un coronamento di archetti gotici uniti a rosoni.

Per il Giubileo del 1475 i pellegrini di passaggio a San Francesco possono ammirare una preziosa tavola, posta dietro il Fonte battesimale, raffigurante la Vergine che sostiene il Bambino in piedi tra san Giovanni Battista e san Pietro, opera del viterbese Valentino Pica il vecchio, discepolo di Francesco d’Antonio Zacchi detto il Balletta, che la eseguì nel 1468.

Sebastiano Del Piombo, primo quarto del XVI sec., Pietà, olio su tela, cm. 270x190.

Per il Giubileo del 1525 la chiesa di S. Francesco offre agli occhi dei pellegrini di passaggio l’imponente pala d’altare di Sebastiano del Piombo raffigurante la Pietà, allora collocata presso il monumento di papa Clemente IV [foto 4]. Datata intorno al 1517, si dice realizzata da del Piombo su un cartone di Michelangelo. Sul rovescio della tavola disegni a carboncino e a sanguigna raffigurano una testa e un nudo femminile.

Interessante un dipinto che raffigura il Cristo irato e i santi Antonio di Padova e Rosa che intercedono per la protezione della città di Viterbo dalle armate ottomane proveniente dalla chiesa di S. Antonio abate alla Palanzana.  La tavola che, come descrive Tiziani, presenta con ampiezza di esposizione un evento che, prescindendo dalla raffigurazione che trascende vicende contingenti, coinvolge emotivamente l’osservatore, partecipe di un momento epocale. Uno scontro tra due mondi inconciliabili che coinvolge principi di civiltà e di fede. La difesa dell’ordine morale è affidata alle schiere della cristianità che affrontano le forze degli infedeli in terra. Compito che da sempre, caratterizza l’ordine Francescano.

Alla fine del XVI secolo, forse proprio negli anni a cavallo del Giubileo del 1575, in seguito a dei dissesti statici, si decide di avviare nella chiesa vari interventi di consolidamento: l’eliminazione del portico nella facciata e l’inserimento di un nuovo portale monumentale. Gli interventi di consolidamento saranno conclusi prima del 1603.

Il Giubileo del 1700 trova la chiesa completamente ristrutturata: un altro importante intervento iniziato nel 1686 aveva portato alla chiusura delle cappelle sulla parete destra per recuperare la simmetria con la parete di fronte, all’apertura di finestroni nella facciata, all’innalzamento delle pareti laterali con l’apertura di nuove finestre nella navata, all’apposizione di volte, stucchi e altri ornamenti barocchi.

Il secolo XIX vede S. Francesco in grave difficoltà, dal 1798 il convento è occupato dalle truppe francesi che lo danneggiano e se ne allontaneranno soltanto nel 1818. Nel 1873 il complesso chiesa-convento viene espropriato dal Demanio statale e solo nel 1886 l’intero complesso viene dichiarato monumento nazionale e riaperto al culto.

Il Primo Giubileo del 1900 trova la chiesa già ristrutturata e, nei lavori del 1899 che hanno interessato la polifora dell’abside, venne alla luce “un affresco a trittico danneggiatissimo dove tuttora si veggono la Madonna sedente in trono, quattro santi ai lati, uno dei quali ha dipinti sul piviale i giglio d’oro di Francia e gruppi di angeli in alto”.

In occasione del Giubileo del 1950 la chiesa può già vantare il rango di Basilica minore concessole da Pio XII nel 1949.

Oggi la chiesa accoglie i visitatori nella grandiosa navata unica lunga circa 54 metri, quasi il doppio del transetto, e larga 11,44 metri [foto 8], chiusa da un’abside quadrata, nella quale si apre una grande quadrifora gotica con rosoni. Le capriate del tetto, rimesse in luce dai restauri seguiti ai bombardamenti che hanno eliminato le volte barocche, sono sostenute da archi-diaframma a sesto acuto. L’abside e il transetto sono coperte da volte ogivali profilate da costoloni che ricadono su pilastri compositi, decorati con motivi floreali.

 

 

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