Approfondimento
L’arte del post Concilio
L’arte del post Concilio
Nell’anno della Fede, indetto da Benedetto XVI nel cinquantesimo anniversario dell’ apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, è interessante esplorare alcuni esempi dell’arte contemporanea per la liturgia che proprio nel Concilio ha trovato ispirazione. Iconografia, tipologie, materiali e stili si intrecciano in un percorso che vuole solo illustrare la ricchezza di Beweb, dove questa esplorazione può continuare sino alle più recenti produzioni e acquisizioni.
Vetrata con colomba, Costantino Ruggeri
L’antica arte di plasmare lo spazio attraverso la luce e di affidare alle vetrate la forza comunicativa del messaggio qui viene tradotta nella formale mediazione di un linguaggio artistico didascalico dove il programma iconografico attraversa tutto il luogo di culto.
Il Crocifisso fa parte dell’impegnativo intervento dello scultore al presbiterio del Duomo di Padova. E’ opera eseguita con lega mista di nichiel, bronzo e oro. La croce è posta dietro la cattedra e accompagna la verticalità dell’insieme absidale. L’artista è giunto alla definizione del crocifisso di Padova dopo circa duecento studi preparatori. E’ un Cristo vivo, che sublima la morte e sconfiggendola trasfigura il proprio corpo nella luce del Risorto.
La plasticità compositiva di padre Tito, che ha attraversato nella sua attività naturalismo e neoespressionismo, usa materia e luce, anche attraverso la luminosità dell’oro usato per richiamare la funzione irraggiante dell’opera, un tabernacolo per la custodia eucaristica. L’iconografia comunica per sottrazione rispetto agli elementi didascalici, valorizzando la dimensione formale.
Candelabro per cero pasquale, Lorenzo Mangili
Il portacero pasquale insiste su un piede primordiale in bronzo su cui è inserita una lastra variamente lavorata in ottone dorato che evidenzia al suo margine due brevi impugnature atte al suo trasporto. Nel corpo del cero compare l’elemento naturalistico e leggero delle foglie che rimandano ai festoni araldici e neoclassici. Le foglie si staccano elegamente dal corpo del cero e la loro mobilità diventa strumento per segnare il tempo liturgico, l’anno inciso nella cera, in un collegamento con l’antica ritualità dell’offerta.
Altare, Virginio Ciminaghi (1911 – 2001)
L’autore si cimenta nella realizzazione di un altare dove, il suo stile goticheggiante, si traduce in una formalità tormentata e scarna delle figure che ne solennizza la plasticità.
Porta bronzea, Luciano Minguzzi (1911 – 2004)
Minguzzi sceglie una composizione libera che si espande sulla superficie luminosa secondo le necessità del suo dettato con un rilievo quasi in negativo, in una fusione lasciata volutamente slabbrata. A Verona il linguaggio dell’artista si rinnova. Opta per una scansione in formelle (24) di proporzioni classiche dove la straordinaria storia dei due santi, Fermo e Rustico, particolarmente venerati in città, presenta caratteri di rispecchiamento in un modellato più stiacciato e franto che rammenta aspetti dell’ultimo Donatello. Le opere e i giorni dei due santi in vita muovono la fantasia dell’artista che segue la loro epopea fino al riscatto a peso d’oro, da parte dei veronesi, dei loro corpi santi ritrovati in Dalmazia e riportati via mare, a Verona.
Ambone, Lello Scorzelli (1921 – 1997)
L’ambone di marmo è decorato nella zona frontale con sculture in bronzo dorato dei quattro Evangelisti con i loro simboli e sui fianchi con il chrismòn. L’autore fu protagonista di un importante ammodernamento dell’arte per la liturgia.
Dipinto murale con Gesù Cristo crocifisso, Pietro Annigoni
L’uso dei colori e la didascalicità dell’immagine si caricano di quella nota psicologica che contraddistingue l’opera dell’artista. L’immagine costituisce una nuova forma di ex voto.
Gesù Cristo crocifisso, Alessandro Bruschetti
L’autore, protagonista del futurismo e del postfuturismo, cerca di coniugare la tradizione figurativa con la spiritualizzazione dell’informale, dove la luce dà le forme alla realtà trasfigurata.
Statua di San Michele, Mario Ceroli (1938 – )
L’opera è una rappresentazione scenica di San Michele.
Su una pavimentazione prospettica a scacchi bianchi e neri emerge in primo piano la figura di San Michele, sullo sfondo si stagliano edifici prospettici.
La figura del santo è stata realizzata in tavole di legno sagomate, il gonnellino è in ferro reticolato mentre il drago morente e il volto del santo sono in lastre di vetro verde. L’artista pone attenzione alla dimensione della figura umana attraverso l’uso del materiale, come accaduto in altri luoghi di culto dove l’iconografia assume dimensioni spaziali.
Discesa dello Spirito Santo, Francesco Somaini
Sulla composta fronte a capanna dell’antica chiesa del S. Spirito di Bergamo, Somaini innesta la sua scultura in bronzo in asse sopra la porta d’ingresso. Appoggiata alla irregolare muratura medievale, la Discesa dello Spirito Santo introduce, come avviene nella Pentecoste descritta dai Vangeli, l’irruzione dello Spirito nel mondo. La traccia dinamica di questa discesa rinvia all’effetto da essa provocato, come anche la presenza in veste di colomba, in cui la materia sembra prender forma alla fine della traccia, unisce in un segno forte il senso della visione che la scultura produce. L’immissione attiva del prodursi plastico nella dimensione spaziale è perfettamente analogica all’evento cui attiene senza reciproche forzature artistiche o spirituali, ma piuttosto in uno scambievole potenziamento.
Scultura S. Marco, Angelo Biancini (1911 – 1988)
I quattro evangelisti appartengono alle opere che costituiscono un vero e proprio percorso iconografico all’interno del luogo di culto. I rilievi aggettanti mettono in dialogo le figure degli evangelisti, riconoscibili dai loro simboli iconografici, con lo spazio antistante: dalle pareti essi si protendono come la forza della loro parola. L’amicizia con papa Paolo VI portò l’autore a diverse committenze monumentali, dove primitivismo e tradizione si fondono nello spirito del primo post concilio.
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