La Parola: Gli amboni della Cattedrale di Salerno
Il vescovo Alfano I
Il vescovo Alfano I
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Alfano I nacque in Salerno tra il 1015 ed il 1020 da famiglia consanguinea dei Principi Longobardi della sua città e si dedicò alla poesia, alla musica, alla medicina e alla grammatica. Conobbe alla corte di Guaimario, il giovane Dauferio (che assunse successivamente il nome di Desiderio quando divenne abate del monastero di Montecassino), ove si era rifugiato. Entrambi vissero una vita religiosa a Benevento e successivamente, si ritirarono presso il cenobio di Montecassino. Nel 1057 divenne abate del cenobio benedettino di Salerno e nel marzo 1058 fu consacrato arcivescovo della città. Il periodo del suo episcopato va dal 1058 al 1085 e l’attività di “architetto”, nella costruzione della cattedrale, va dalla data della sua fondazione,1080, alla data della sua morte, 9 ottobre del 1085. Il 1079, dopo il rinvenimento di Alfano I, nella primitiva cattedrale dedicata alla Madonna degli Angeli, delle ossa dell’Evangelista San Matteo, ivi trasportate nel 954 da Casalvelino (gli eventi testimoniati nel Chronicon di Leone Ostiense), fu un anno che segnò una data memorabile, perché non solo si pose fine alle numerose ricerche condotte da anni, ma anche perché la chiesa finalmente poteva avere il corpo del suo primo Evangelista. Il grande benedettino, Papa Gregorio VII si affrettò a ringraziare il confratello Alfano I, pregandolo di intercedere presso il potente Roberto il Guiscardo, per far costruire un tempio che avesse potuto degnamente accogliere i resti mortali del grande Evangelista. Così Roberto il Guiscardo, accettò la proposta a proprie spese, affidandosi alla guida dell’arcivescovo poeta (nonostante fosse fra i suoi più fieri avversari gli tese una mano amica), che nelle vesti di, fece rinascere quella scultura monumentale rimasta pigra per tanti secoli. Nel settembre del 1080 iniziò la costruzione del Duomo di Salerno, consacrato nel 1084 da Gregorio VII. L’arcivescovo nella costruzione del Duomo, aveva un’immagine ben precisa: quella dell’abbazia di Montecassino. Questa certezza viene rafforzata dalla grande amicizia che vi era con l’abate Desiderio, dalle frequentazioni del monastero (fu convenuto alla consacrazione del tempio di Montecassino) e dalla composizione di versi appassionati, in cui esalta l’incanto del sacro monte, l’austerità della regola e la bellezza del tempio. Non vi è dubbio che i mosaici della cattedrale, dei quali alcuni sono pervenuti fino a noi, siano stati realizzati da maestranze provenienti dalla scuola di Montecassino, scuola voluta proprio dall’abate. Sia gli Altavilla nella loro espansione nell’Italia meridionale, che i costruttori, guardano la cattedrale di Salerno come modello da tenere presente in tutte le altre loro costruzioni religiose e civili. La figura di questo arcivescovo, viene anche ricordata dal cassinese Pietro Diacono al cap. XIX della sua composizione De viris illustribus Casinensibus e come intercessore per porre la pace tra il principe longobardo Gisulfo II e il Normanno Roberto il Guiscardo. Sotto il suo episcopato si deve il rivestimento musivo delle absidi (in quella destra fu rifatto da Giovanni Da Procida e restaurato da Pio IX), di cui restano pochissime tracce consistenti in frammenti della testa dell’angelo di San Matteo, l’aquila di San Giovanni e i resti della cornice, dopo i lavori di trasformazione del XVII secolo. Queste seppur minime tracce originarie, hanno stimolato vari studiosi (Michele De Angelis, Mosca, Luigi Staibano) con ipotesi su cosa avesse immaginato l’arcivescovo “architetto”. Solo dopo gli ultimi lavori di restauro, che hanno liberato le strutture dagli involucri barocchi, unitamente ad un lavoro bibliografico, si è riusciti in modo agevole ad immaginare e formare un quadro che rappresenti il tempio voluto da Alfano I. Questi lavori hanno messo alla luce nel transetto (ove si è conservato l’altare maggiore di cui originali sono soltanto i plutei musivi, il trono arcivescovile, le superfetazioni dell’arco trionfale e la porta che pone in comunicazione il tempio con l’episcopio, accanto alla quale è venuta alla luce quella del secolo XI), uno dei capitelli sui pilastri dell’arco trionfale, una mensola incastrata nello stesso pilastro, l’arco del primo valico che da una parte su di essa insiste, quello del secondo e la colonna che li divide. Nella navata destra, sono state parzialmente restituite alla luce alcune parti originarie del colonnato che la separava dalla navata maggiore.
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