LA CONCATTEDRALE DI SAN TOMMASO APOSTOLO DI ORTONA

Storia dell’edificio dalla fondazione al 1943

Storia dell’edificio dalla fondazione al 1943

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Alle origini dell’attuale Concattedrale di San Tommaso Apostolo ad Ortona vi era una primitiva chiesa paleocristiana, a sua volta costruita sui resti di un più antico edificio di culto pagano: è questa l’evidenza fornita da scavi, ricostruzioni, fotografie, rilievi, mappe e studi. L’ubicazione esatta della primitiva chiesa paleocristiana fu fornita dai reperti murari (muro circolare absidale) rinvenuti nel 1962 in occasione della ricostruzione dell’attuale campanile, che ha sostituito la torre campanaria più antica costruita alla fine del XVII secolo. Successivamente, l’impianto chiesastico fu modificato delineando così un edificio bizantino: ipotesi e studi storici degli architetti Dagoberto Drisaldi e Giorgio Zandegiacomo avvalorati da reperti architettonici e da tombe afferenti al periodo bizantino hanno delineato il profilo di una chiesa collocata a 1,50 metri al di sotto dell’attuale pavimento, con annessa un’estesa necropoli.

 

Successivamente distrutta dai Normanni e da un terremoto, la chiesa fu riedificata all’inizio del XII secolo con la dedicazione alla Vergine Maria, come attestato da un’antica iscrizione conservata nell’attiguo Museo Diocesano di Ortona. Nel 1244 fu edificata da magistro Riccardo l’antica Torre dell’Orologio addossata alla chiesa: un elemento di forte richiamo visivo se si considera la sua svettante presenza all’interno di più tarde fonti grafiche e dipinti, come il disegno del 1655 raffigurante l’intera Cattedrale di San Tommaso conservato nell’Archivio di Stato di Roma e il dipinto del 1640 di Giovan Battista Spinelli.

Il 6 settembre 1258 le tre galee ortonesi che avevano partecipato alla spedizione navale nel Mediterraneo guidata da Manfredi a sostegno di Venezia contro Genova, rientrarono nel porto di Ortona con le ossa di San Tommaso, trafugate nell’isola greca di Chios: portate in processione in città per essere poi sistemate nella principale chiesa cittadina dedicata alla Vergine Maria, determinarono l’inizio di importanti flussi di fedeli.

Tale contingenza a sua volta innescò la necessità di ampliare la chiesa cittadina della Vergine Maria: il nuovo edificio religioso fu così conformato a tre navate con un’unica ampia abside centrale a pianta decagonale, mentre esternamente, all’inizio del XIV secolo, il fianco laterale dell’edificio fu impreziosito con il monumentale portale trecentesco prospettante su Piazza San Tommaso. Solo a partire dalla prima metà del XIV secolo la chiesa iniziò ad essere indicata con la rinnovata dedicazione a San Tommaso Apostolo, come attesta un documento del 1324 dove il sacro edificio viene denominato “Ecclesia Sancti Thomasi”.

Nel corso dei secoli successivi la chiesa di San Tommaso fu interessata da ulteriori modifiche estetiche e pratiche strettamente connesse alla sua funzionalità di luogo di confluenza di numerosi gruppi di pellegrini per la presenza delle reliquie del santo; tra queste è da segnalare la costruzione del portico di facciata a nove colonne ottagonali con archi a tutto sesto, avvenuta nel 1444.

Le varie modifiche architettoniche e le dotazioni storico-artistiche resero così, già alla metà del XVI secolo, la Chiesa di San Tommaso un edificio di grande pregio agli occhi dei numerosi pellegrini che vi accorrevano per le festività di maggio, in particolar modo la solenne festa di San Tommaso della prima domenica di maggio, nota come “Indulgenza del Perdono”.

Tuttavia, già il primo agosto 1566 il cuore nevralgico della Chiesa di San Tommaso – l’altare-tomba dell’Apostolo – fu in parte distrutto e incendiato per mano turca, generando un diffuso senso di smarrimento e di denuncia oltrechè di documentazione di quanto avvenuto, attestato da Giovan Battista de Lectis e dal notaio Giuseppe Massari per volere di Monsignor Giandomenico Rebiba. La ricostruzione della chiesa fu subito avviata, e affidata al mastro fabbricatore milanese Medina con un contratto stipulato nei primi mesi del 1567: caratteristica primaria di tale intervento fu la modifica dell’assetto architettonico della chiesa, che da volta a cassettoni fu mutata a lamia a botte. I lavori strutturali furono completati già nel 1570, quelli accorsi alle cappelle laterali e alla sacrestia nel 1575, mentre a completamento si dotò l’edificio di un nuovo organo in sostituzione di quello distrutto dall’incendio dei Turchi.

A partire dal 1603, il clero e la municipalità, congiunti, si attivarono per la dotazione di arredi e immagini sacre da collocare nella rinnovata spazialità seicentesca della Chiesa di San Tommaso: il disegno della planimetria della cattedrale eseguito nel 1655 e conservato presso l’Archivio di Stato di Roma indica chiaramente che a quella data sono nella navata destra erano state ricavate delle cappelle, mentre quella di sinistra era ancora delimitata da colonne sormontate da archi.

Un nuovo terremoto provocò danni alla chiesa e all’attigua Torre dell’Orologio nel 1676 e, di lì a poco, nel 1703: la sollecitudine della municipalità e del clero determinò interventi di riparazione delle lacune, secondo quanto tramandato dalle fonti e dagli storici e eruditi locali. Tuttavia, la Chiesa di San Tommaso si presentava in un assetto precario e instabile, al punto che alla fine del XVIII secolo secondo la relazione del 1792 i danni erano talmente ingenti e i fondi così esigui da determinare la chiusura e la provvisoria dislocazione del Capitolo nella locale Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

L’ennesima tragedia si verificò nel 1799 con la rivolta antifrancese: è il canonico Giuseppe Maria Bucciarelli a tramandare e a descrivere con esattezza l’entità delle distruzioni e dei saccheggi perpetrati dai francesi a danno delle chiese e degli istituti religiosi cittadini. Ad essere nuovamente brutalmente profanata fu la tomba dell’Apostolo Tommaso con la dispersione delle sacre reliquie: in tale contingenza fu asportato e trafugato il busto argenteo del Santo.

Nel corso del XIX secolo si registrano importanti lavori di manutenzione, rifacimento statico e di decorativismo artistico esteso alle varie cappelle della Chiesa e affidato agli architetti Giovan Battista Francia e Vincenzo Perez e ai pittori Pasquale Quadrini e Nicostrato Gizzarelli: a farsene carico fu sempre la Municipalità ortonese, che godeva del diritto di patronato della neo proclamata Basilica minore da parte di Papa Pio IV il 23 dicembre 1859.

Negli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale, si segnala l’esecuzione di diversi lavori di consolidamento e restauro della Cattedrale progettati dall’architetto Giovan Battista Giovenale attivo in Vaticano, meritori del ritrovamento in facciata di due grandi arcate a sesto acuto che sormontano colonne e capitelli dell’antica chiesa bizantina e della riscoperta dell’antica cappella di Santa Lucia o della Madonna Santissima della Pietà, poi dedicata a Santa Maria Maddalena. Successivamente, negli anni Trenta del Novecento, il figlio, l’ingegnere Luigi Giovenale, predispose progetti di decorazione delle pareti interne della Cattedrale. Secondo tale schema progettuale il romano Francesco Sarti realizzò le decorazioni della cupola e della navata centrale, l’artista ortonese Antonio Piermatteo affrescò nel 1931 i maestosi quattro evangelisti sulle vele, mentre Virginio Larovere realizzò nel 1935 ulteriori affreschi e finestre istoriate.

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