La con-cattedrale del Santo Sepolcro di Acquapendente

Altare maggiore

Altare maggiore

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L’inventario di tutte le robbe appartenenti alla cattedrale che da Castro furono portate ad Acquapendente comprende anche una immagine dell’Immacolata a rilievo di legno, con il suo angelo e con corona di ottone indorata con undici pietre di cristallo.  Il simolacro, opera del Cinquecento, fu trasportato in Acquapendente nel novembre del 1649, oggi è conservata in una nicchia nel catino dell’abside. Il trasferimento da Castro avvenne assieme ad altri arredi e vasi sacri, reliquie, campane della cattedrale di S. Savino. La statua lignea della Madonna Immacolata venne collocata in un primo momento in una nicchia ricavata nella parete della navata destra; questa collocazione non piacque ai pellegrini e agli abitanti della città di Castro, così venne trasferita, probabilmente prima del 1780, in una nuova nicchia del catino absidale.  Fu il vescovo Bernardo Bernardi, alla metà del XVIII secolo (1746-1758), ad auspicare per primo una solenne incoronazione della Vergine Immacolata, che avvenne il 28 maggio 1780 da parte del Capitolo Vaticano. Lo stesso Bernardi, il 4 dicembre 1751, propose pubblicamente in Duomo la Madonna Immacolata come Patrona della Città e della Diocesi. Nel 1891 la statua fu di nuovo dorata da Domenico Rosati di Grotte di Castro a spese dei canonici.

Nel presbiterio centrale, alle spalle dell’Altare maggiore, è il Coro dei canonici, commissionato dal vescovo Giovan Battista Febei ed attribuito ad un certo Matteo “Monsù”, detto anche Matteo tedesco. È stato portato a termine tra il 1685 e il 1688 ed è intagliato su tavoloni di noce di grosso spessore. I dossali, tra le sedici colonnine, hanno ognuno al centro ghirlande ovali composte alternativamente da tulipani e da alloro. Nel tondo di ogni ghirlanda un angelo regge e porta in mano uno strumento della passione di Cristo. Sopra la ghirlanda si succedono intagli che raffigurano sole con i raggi e doppia croce; sotto sono scolpiti rispettivamente rilievi floreali e sarcofagi con piccoli angeli. Nei pannelli rose e ricci ornamentali, formati da intagli scavati in notevole profondità. Sopra, all’altezza dei capitelli, corrono intorno al coro, su piccole tavole sagomate, le parole “Passus sub Pontio Pilato, Crucifixus, Mortuus et Sepultus Resurrexit”. Sopra il terminale, sulla linea dei capitelli, cimase a pigna rifiniscono i due lati del coro, mentre immediatamente sotto il terminale, grossi medaglioni sono al centro, in corrispondenza del sedile sottostante. I lati del coro sono chiusi da due pannelli che hanno nel mezzo un ovale con angelo. Sopra l’ovale sole con raggi tra due girali e sotto ornamenti floreali e geometrici. Due cariatidi sono poste come ultimo sostegno delle cornici.

Nei pressi della scalinata che conduce al soprelevato transetto destro, è collocato il busto marmoreo di Innocenzo X, realizzato da Alessandro Algardi nel 1652. Il pontefice è vestito di mozzetta e stola e, in testa, porta il Camauro “come nelle altre opere ritrattistiche, anche nella presente, l’Algardi rinuncia all’erudita imitazione dell’antico per orientarsi verso una rigorosa aderenza alla realtà umana del personaggio, di cui coglie la caparbia puntigliosità, come per il ritratto di Donna Olimpia era riuscito due anni prima ad individuare il carattere volitivo e ambizioso della ‘virilissima’ dominatrice della Roma del tempo” (G. Lise, pp. 160.161).

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