La Cattedrale di San Lorenzo martire a Viterbo
Cappella dei santi Ilario e Valentino
Cappella dei santi Ilario e Valentino
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Ilario e Valentino erano i protettori della città, per questo sul piancito ed ai fianchi dell’altare si vede lo stemma comunale [Scriattoli].
Memorie della cappella dedicata ai martiri, eretta dal vescovo Pietro, si hanno già nel 1305. Allo stesso anno fa riferimento un legato concesso da Visconte Gatti. Mentre nel 1309 Giacomo di Verardo lascia un codice per il sevizio dell’altare dei martiri ed un monile. Nel 1323 il notaio Vito di Bartolomeo dota la cappella, e nel 1324 il canonico Giovanni fu Nicola lascia alcuni beni. Col titolo di Cappella del Sacramento si trova ricostruita dal cardinal Francesco Maria Sèttala, vescovo della città dal 1472 al 1491. Si dice “ornata e pulcra”, vi furono impiegati i lasciti di Bartolomeo di Pietro Ballanti da Siena. Era di giuspatronato dell’Arte degli Speziali nel 1535, poi della Confraternita del Sacramento che la officiò. Il 9 dicembre 1580 papa Gregorio XIII Buoncompagni, rese privilegiato l’Altare. Una piccola epigrafe, datata 1622, ricorda i privilegi concessi dal papa all’altare. Nel 1696 il Comune di Viterbo volle partecipare alla realizzazione della nuova cappella dedicata ai santi Ilario e Valentino e deliberò la spesa di mille scudi e ne aggiunse altrettanti nel 1699. La balaustra fu eseguita nel 1703 da Domenico Duranti che realizzò anche il ciborio. Mentre i lavori della cappella furono compiuti tra il 1703 e il 1713 dall’architetto romano Giovan Battista Contini che realizzò il disegno coadiuvato dagli scalpellini Agostino e Giovanni Battista Pieruzzi, capomastri muratore fu Carlo Antonio tedeschi. L’altare in marmo fu eseguito da Giacomo Antonio Ferrari. I pennacchi furono dipinti da Giovanni Maria Mari. La cappella può dirsi compiuta nel 1724. In quell’anno furono traslate nella cappella le reliquie dei due santi, che dal vescovo Gambara erano state collocate nella prima cappella a destra. La cappella fu ancora restaurata nel 1862 per volontà del card. Bedini e poi ancora nel 1880 [Galeotti].
La cappella ha forma di quadrangolo irregolare con angoli smussati dove sono addossate otto colonne binate, dipinte a finto marmo, coronate da ricchi capitelli corinzi compositi. Le colonne sono collegate ad un architrave che si ricurva in quattro archi per sostenere la cupola che conclude l’ambiente. La cupola è aperta da dieci finestre ellittiche riquadrate entro cornici a unghia. La volta è dipinta a finto cielo come pure il lanternino. Sulla parete di fondo è addossato l’altare, sulle pareti tele ad olio. Le superfici vacanti sono decorate a finto marmo. Una balaustra con colonne marmoree separa la cappella dalla navatella di destra [Pampalone].
Nel 1698 sull’altare viene dipinto un quadro del pittore romano Morandi raffigurante Sant’Ilario e Valentino ed il Sacramento. Il dipinto e la costruzione della cappella, dopo qualche controversia, furono eseguiti per volontà del cardinale Urbano Sacchetti, vescovo di Viterbo (1683-1699) [Galeotti]. Gli altri due quadri laterali con il Martirio dei due santi e di S. Lorenzo sono del Mazzanti [Scriattoli].
Nel 1651 vi fu posto in opera un Tabernacolo e Ottaviano Spiriti la dotò di una cospicua rendita e di un baldacchino [Galeotti]. A mo’ di tempietto ad esedra, formato da due colonne con capitelli corinzi compositi sorreggenti un alto architrave coronato da timpano spezzato per far posto, al centro, a teste di cherubini tra nuvole e alla croce raggiata. È un gradevole esempio di arte barocca. Appartiene all’epoca del rifacimento della cappella nei primi decenni del Settecento [Pampalone].
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