Smembramento del pergamo di San Michele in Borgo
Lo smembramento e la ricomposizione del pergamo di Giovanni Pisano del Duomo di Pisa
Lo smembramento e la ricomposizione del pergamo di Giovanni Pisano del Duomo di Pisa
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Il pergamo di Giovanni Pisano costituisce un esempio di smembramento piuttosto precoce, dovuto all’iniziativa dell’arcivescovo Carlo Antonio Dal Pozzo (1582-1607), che ne ordinò lo smontaggio e la rimozione, compiuti tra il dicembre del 1599 e il maggio del 1601, in occasione dei lavori di sistemazione dell’intera area presbiteriale. La rimozione e lo smembramento non sono da imputare esclusivamente alle nuove esigenze liturgiche introdotte dal Concilio di Trento; in quegli anni furono infatti compiuti molti lavori all’interno della cattedrale per riparare i danni causati dall’incendio scoppiato nell’ottobre del 1595. Originariamente l’ambone era collocato, secondo l’uso canonico, tra l’altare e l’assemblea, sul lato sud del presbiterio; la scala di accesso a esso era accostata al coro tra il pilastro sud-est della cupola e la colonna che lo fronteggiava. Il canonico Paolo Tronci, vicario generale dell’arcivescovo Giuliano de’ Medici, nei suoi “Annali pisani” (sec. XVII, pubblicati nel 1828) riferisce che “il Pergamo grande del Duomo di Pisa, avanti abbrugiasse il Duomo, era alla fine del coro alla banda verso il Campanile, oggi d’una parte se n’é fatto il Pulpito del Predicatore, il resto si è quasi tutto messo in opera nel fare il ballatoio per il reliquiario sopra la Porta Reale.”
In un primo momento le parti del pergamo furono immagazzinate nel Camposanto; negli anni in cui fu Operaio Curzio Ceuli (1616 – 1634) alcuni elementi furono diversamente riutilizzati all’interno del Duomo stesso: alcuni inseriti nel pulpito eretto in muratura dallo scultore fiorentino Chiarissimo Fancelli nell’anno 1630, e addossato alla settima colonna dalla facciata sul lato destro della navata centrale: alcune mensole appartenenti alla zona intermedia furono reimpiegate come gradini per la scala d’accesso alla parte superiore della nuova struttura. Il pulpito del Fancelli fu anch’esso smembrato e, dopo una prima proposta di ricomposizione all’interno della chiesa parrocchiale del Duomo (San Ranierino), fu poi donato dall’Opera della Primaziale alla chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano, dove fu ricomposto nel 1929.
Sempre negli anni ’30 del Seicento fu costruito un balcone nella controfacciata del Duomo per ospitare le reliquie più importanti, dove furono inserite le nove formelle del pergamo di Giovanni (sette ricurve nella balaustra e due piane sui fianchi della stessa). Successivamente, per iniziativa dell’Operaio Giulio Gaetani (1682-1723), il gruppo degli Evangelisti e l’Aquila furono impiegati, rispettivamente, per un’acquasantiera, inserita nel transetto meridionale della stessa cattedrale, e per un leggio posto nel coro, sul lato sinistro. Le altre parti figurate e decorative, non riutilizzate, furono depositate nelle case e magazzini dell’Opera. Ulteriori trasferimenti e reimpieghi si ebbero nel corso dell’Ottocento, in occasione della trasformazione del Camposanto in museo delle memorie artistiche pisane e delle modifiche apportate all’interno della cattedrale durante gli importanti restauri. Di queste ultime operazioni vogliamo ricordare una formella a superficie curva murata sopra la porta della sacrestia settentrionale del Duomo e due formelle piane inserite, tra quattro formelle appartenute al pergamo di San Michele in Borgo, nei parapetti dei nuovi organi posti nel coro; nel 1828-30 l’Ecclesia venne rimossa dal pulpito del Fancelli, come pure i rilievi narrativi dal balcone delle reliquie. Con essi si era progettato di realizzare due amboni simmetrici ai lati del coro, progetto poi fallito. Altro progetto mai realizzato fu quello presentato il 10 maggio 1853 dall’Ingegnere Pietro Bellini (ingegnere del Comune di Pisa dal 1851 al 1866) sotto il titolo “Progetto di riduzione del Coro della Primaziale Pisana”. Il progetto prevedeva la demolizione del parapetto che recingeva il presbiterio e dei “due amboni in legno” con le scale di marmo annesse e proponeva la costruzione di un nuovo ambone di marmo (nella posizione illustrata nella Tav. I) a forma di “mezzo ottagono, sostenuto da quattro colonne in marmo colorato con capitelli antichi”, dai tre bassorilievi di Giovanni Pisano rappresentanti la Natività, l’Adorazione dei Magi e la Crocifissione e dalle quattro statue, conservate allora nel Camposanto, da inserire nelle quattro nicchie. Al di sotto della vasca avrebbero trovato posto una statua con piedistallo ottagonale e due leggii in marmo, tutti elementi che costituivano in origine l’ambone di Giovanni Pisano (si vada la Tav. III). Nella pianta e nella sezione longitudinale sono evidenziati in rosso i “nuovi lavori da farsi”, mentre in giallo “ciò che dovrà essere demolito”. Tutta la documentazione è conservata in un contenitore della Biblioteca “Card. Pietro Maffi” di Pisa.
Nel 1870 lo scultore Giovanni Giuseppe Fontana, dopo aver rintracciato le varie parti del pergamo nel Duomo, nel Camposanto e in altri luoghi, propose una ricomposizione aggiungendo l’ossatura architettonica ed alcuni elementi mancanti, basandosi sugli altri modelli medievali e sulla descrizione fornita da Raffaello Roncioni nelle sue Istorie pisane. Sulla base dei disegni del Fontana fu riprodotto dagli inglesi un modello del pergamo in mostra all’Esposizione universale di Parigi del 1867.
L’ambone fu ricollocato nella cattedrale solo nel 1926 – in altra posizione e ricomposto secondo criteri diversi dall’originaria struttura (per i particolari delle complesse vicende che portarono alla ricomposizione si vedano le fonti e la bibliografia indicate) – per volere dell’arcivescovo Card. Pietro Maffi, che nella lettera pastorale per la Quaresima del 1927 affermò con decisione la funzione di questa struttura: “predichi dunque anche il pulpito; e questo vediamo di ottenere che, dipartendosene, i suoi ammiratori si allontanino non soltanto con una visione d’arte nelle pupille, ma ancora con una più viva fede e con una più soave bontà nell’anima e nel cuore.” Vogliamo qui soffermarci su un aspetto della ricomposizione voluta dal Maffi, forse poco conosciuto, ossia la necessità di coprire le nudità di alcuni sostegni, ritenuti dall’Arcivescovo una “sconvenienza in duomo”. Lo scultore Lodovico Pogliaghi, che faceva parte della Commissione per la ricomposizione, fu incaricato di realizzare i modelli in gesso per le vesti; quest’ultimo asseriva che “il provvedimento era necessario, più ancora che per nascondere la nudità, per velare le deformità della scultura” (si veda a tal proposito la corrispondenza tra il Maffi e il Prof. Iginio Supino tra febbraio e ottobre del 1926). Il panneggio per la statua della Prudenza (o Castità), realizzato in “bronzo smaltato”, è ben visibile nella fotografia realizzata nel 1928 dagli stabilimenti Anderson (1845 – 1963), appartenente alla fototeca della Fondazione Zeri presso l’Università di Bologna. Stessa cosa la si può osservare per la figura dell’Ercole che nella fotografia del Catalogo generale dei beni culturali ha ancora la foglia che copre le parti intime.
L’album “Pulpiti”, conservato nella Biblioteca “Card. Pietro Maffi” di Pisa, contiene un’ampia documentazione relativa alla ricomposizione del pergamo, corredata da un apparato iconografico relativo agli altri pergami romanici di scuola pisana. In particolare nell’opuscolo “Per la ricostruzione del pergamo di Giovanni Pisano” (1926) è raccolta la documentazione fotografica degli studi per la ricomposizione effettuati all’interno del Camposanto monumentale di Pisa.
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