Il pergamo della Chiesa di San Michele in Borgo di Pisa, tra passato e futuro

Ipotesi di ricostruzione del pergamo di San Michele in Borgo elaborate in passato

Ipotesi di ricostruzione del pergamo di San Michele in Borgo elaborate in passato

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La prima proposta di ricostruzione del pergamo di San Michele in Borgo si deve al celebre architetto e disegnatore francese Georges Rohault de Fleury (architetto e storico dell’arte francese, 1835-1905), di cui resta una buona documentazione grafica. Egli, nel terzo volume del La Messe, études archéologiques sur ses monuments, dedicato agli amboni, riconosce come parti del pergamo smembrato alcuni elementi che erano stati utilizzati per decorare due confessionali all’interno della medesima chiesa, ossia due colonne rosse poggianti sui dorsi di leoni stilofori, due colonne tortili diverse tra loro e divise in due, due ‘semicolonne scanalate’, dieci archetti con profeti, le colonnine che servivano di raccordo tra gli archetti. La scelta dei capitelli ionici, come la colonna scanalata verticalmente sono da collegarsi sicuramente all’erronea attribuzione di tutti gli elementi del confessionale al pergamo, mentre in realtà dovevano provenire da manufatti di diversa natura ed epoca. Per lo schema compositivo e le eventuali integrazioni il de Fleury si basò su modelli esistenti a lui ben noti, quali gli esemplari dei Pisano, come dimostra l’inserimento di un terzo leone stiloforo, molto probabilmente suggerito da un’esigenza di simmetria, volto a creare una regolare alternanza di colonne poggianti su leoni e su semplici piedistalli, come nell’ambone del Battistero. Da notare la particolare dimensione delle basi delle colonne, soluzione adottata affinché queste ultime abbiano tutte la stessa altezza. Il modello del De Fleury non prevede alcuna possibilità di accesso all’interno della cassa, secondo una soluzione che predilige una rivalutazione esclusivamente estetico-artistica dell’opera, senza prevederne alcun utilizzo liturgico.

Dopo la ricomposizione del pergamo di Giovanni Pisano nel Duomo di Pisa, l’arcivescovo card. Pietro Maffi (1904 – 1931) espresse il desiderio di vedere ricomposto anche quello di San Michele. La sua proposta prevedeva però la collocazione in una nuova sede, ossia all’interno della chiesa di Santa Caterina, appena riportata alla sua primitiva forma gotica con i restauri iniziati nel 1921: in una sua lettera inviata il 29 aprile 1927 al parroco di San Michele in Borgo, Giuseppe Banti, auspica la ricostruzione, “dopo quello di Giovanni”, del pergamo “di Fra Guglielmo”, ma non più in San Michele dove “sarebbe un ospite di difficile collocamento, per non dire anche di ingombro”, dopo le modifiche apportate all’area presbiteriale nel 1518. In risposta all’Arcivescovo, il parroco compilò la relazione “Cenni storici intorno all’antichissimo Pulpito di San Michele in Borgo” del 20 giugno 1927, nella quale riunì tutte le fonti, documentarie e bibliografiche da lui riunite. Il Cardinale si era già mosso nel giugno dell’anno prima, seppure in maniera riservata, presso il Ministero, con un scambio epistolare con il Ministro della Pubblica Istruzione Pietro Fedele; quest’ultimo suggeriva, nell’aprile del 1927, di affidare l’incarico della ricostruzione al Comitato che stava terminando a quella data i restauri della chiesa di Santa Caterina. In una minuta di mano del Maffi, contenuta nello stesso fascicolo, troviamo alcuni appunti sulla figura dello scultore Fra Guglielmo, al quale veniva attribuito il pergamo di San Michele, sui restauri e cambiamenti dell’edificio e sugli elementi erratici del pergamo. Nella nota inserita nel discorso da lui tenuto per l’inaugurazione del pergamo di Giovanni Pisano il 25 maggio 1926, l’Arcivescovo ribadì la necessità di ricomporre altre opere, “prima degna di nota il Pergamo di Fra Guglielmo di San Michele in Borgo”. Desiderio mai realizzato, che ci auspichiamo possa essere esaudito, magari in occasione del centenario della ricomposizione (1926 – 2026) del pergamo di Giovanni Pisano nella Cattedrale.

La più recente ipotesi ricostruttiva è quella formulata dal prof. Antonio Fascetti tra il 1975 e il 1980, dopo numerosi appelli all’associazione “Amici di Pisa”, e la pubblicazione sulla rivista “Commentari” del suo saggio dal titolo “Ipotesi di ricostruzione del pergamo gotico della chiesa di San Michele in Borgo a Pisa”, progetto mai realizzato. Le caratteristiche sono ben visibili nel disegno a china da lui stesso realizzato nel 1980 e pubblicato nella rivista sopra citata: struttura centralizzata, con cassa esagonale chiusa, sorretta da sei sostegni in corrispondenza degli spigoli – colonne con capitelli con decorazioni a foglie di acanto, due delle quali poggianti su leoni stilofori – e uno centrale con base telamonica esagonale. Per quest’ultimo ha riutilizzato una delle due colonne tortili rinvenute a Pariana. I due leoni stilofori sono disposti uno affianco all’altro, con i musi convergenti e rivolti in direzione del lato sud della chiesa. Anche in questa soluzione è privilegiato l’aspetto estetico-artistico.

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