Il Beato Don Giuseppe Beotti: carità e sacrificio
Don Giuseppe Beotti: Cenni biografici
Don Giuseppe Beotti: Cenni biografici
Quartogenito di Emilio Beotti e di Ernestina Mori, Don Giuseppe Beotti ebbe tre fratelli e due sorelle. Frequentò la scuola elementare e il catechismo a Gragnano (Piacenza) ove la famiglia si trasferì nel 1917 da Campremoldo Sotto (Piacenza).
Si confidò con il padre profondamente religioso, quando avvertì i primi segnali della vocazione al sacerdozio. Quel papà Emilio, che non si vergognava di pregare, che guidava il rosario alla sera e dirigeva le processioni, gli fece sentire forse più forte il desiderio di diventare sacerdote per servire più da vicino Dio e i fratelli.
Nell’ottobre del 1925 Giuseppe entrò nel Seminario vescovile di Piacenza rimanendovi fino al 1931 quando terminò gli studi ginnasiali e la prima liceo. A scuola non era tra i primi della classe ma con una grande forza di volontà riuscì sempre ad essere promosso.
Passò successivamente al Collegio Alberoni ove rimase per sette anni; in quegli respirò abbondantemente la spiritualità dei Preti della Missione di San Vincenzo de’ Paoli, distinguendosi per lo spirito di preghiera e l’amicizia sincera verso i compagni. L’esempio di carità di San Vincenzo lo segnò per tutta la vita soprattutto nel suo stile di vita sacerdotale e pastorale.
Terminati gli studi, l’ordinazione sacerdotale avvenne il 2 aprile 1938. La sua prima messa nella Domenica in Albis la celebrò a Gragnano: iniziò da quel momento la sua nuova vita da prete.
La prima missione pastorale la svolse come curato a Borgonovo (Piacenza) dove si dedicò, con particolare zelo a tutti i settori dell’apostolato privilegiando quello tra i giovani.
Nel gennaio del 1940 il Vescovo di Piacenza Mons. Ersilio Menzani lo inviò tra le montagne di Bardi nominandolo parroco di Sidolo (Parma). Con rammarico lasciò la Val Tidone intravvedendo, in quella richiesta imprevista la mano misteriosa della Provvidenza divina, ubbidì al Vescovo.
In quel paese di poco più di cento anime, tra i boschi, senza strada e senza bottega, accompagnato dalla sorella minore Savina, che condividerà con lui povertà e pericoli fino al giorno del martirio, portò poche masserizie ma con il desiderio grande di fare il buon Pastore al servizio di quelle pecorelle.
Il silenzio, la pace dei monti e il tempo libero gli consentirono di dedicarsi a lungo alla preghiera, alla lettura e alla meditazione.
Si interessò con passione ai giovani di Azione Cattolica, si fece vicino ai più poveri; per non dimenticare nessuno, nelle sue piccole elemosine, si dotò di un elenco portandoselo sempre appresso.
Sorretto dalla preghiera e dalla frequenza quotidiana di ore passate davanti al Tabernacolo, si mise pure a disposizione, una volta alla settimana, per le confessioni viaggiando a piedi, per due ore, raggiungendo Bardi (Parma).
Non dimenticò neppure di rendersi disponibile nel sociale offrendosi come insegnante di materie letterarie nella scuola di Bardi (Parma) per gli studenti che a causa della guerra rischiarono di perdere l’anno scolastico. Con l’aiuto di una generosa signora istituì per un gruppo di ragazze disoccupate una scuola di taglio e cucito.
Per essersi opposto con forza alla rimozione delle campane, ordinata dal governo fascista, insieme a cinque donne, venne incriminato e convocato in tribunale sotto la falsa accusa di aver favorito, con la sua autorità di Parroco, la ribellione dei parrocchiani.
Nel luglio del 1944 i Tedeschi lanciarono una furiosa campagna di annientamento delle forze partigiane nelle zone delle Valli del Taro e del Ceno. La furia arrivò ben presto anche a Sidolo. Nella giornata del 19 luglio, nei paesi circostanti, vennero massacrati un Parroco, un Padre lazzarista accusati di intesa con i ribelli e 15 civili tra cui un quattordicenne.
Nella sera dello stesso 19 luglio 1944, offrì ospitalità a sei giovani fuggiti da Borgotaro (Parma), sfiniti per fame, stanchezza e tensione nervosa in seguito alla lunga permanenza nei boschi sempre inseguiti dalle truppe tedesche. Nello stesso giorno, raggiunto dal Parroco di Porcigatone (Parma) Don Francesco Del Nevo impossibilitato a rientrare nella sua vicina Parrocchia, gli diede ospitalità per la notte.
All’alba di giovedì 20 luglio, avendo avuto notizia di un’imminente rappresaglia e distruzione di Sidolo, celebrò con il Parroco Del Nevo la sua ultima messa, servita dal seminarista Italo Subacchi.
Nel pomeriggio del medesimo giorno, con le accuse infondate di aver dato ospitalità ai fuggiaschi, di aver fatto segnalazioni ai ribelli sui monti, di aver tenuto in canonica due soggetti travestiti da prete, venne raggiunto da una fucilata che lo uccise; con lui caddero a terra il confratello sacerdote Francesco Del Nevo e il seminarista Italo Subacchi.
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