Galeazzo Florimonte
L’attività letteraria
L’attività letteraria
I due più grandi lavori letterari di Florimonte furono il trattato sull’Etica di Aristotele e la traduzione dei sermoni di Sant’Agostino ed altri Padri.
I Ragionamenti ebbero tre edizioni. La prima chiaramente ispirata al Nifo fu pubblicata da G. Ruscelli nel 1554 all’insaputa dell’autore. La seconda edizione si ebbe nel 1562 a Parma presso Viotti. La terza e definitiva si ebbe postuma nel 1567, preparata da Florimonte prima che morisse. Quella del Florimonte fu un’operazione pedagogica. Attraverso Aristotele, armonizzando filosofia e fede, cercò di educare lo spirito dell’uomo rinascimentale. E quando le posizioni dello Stagirita oppure quella di Platone furono in contrasto col dogma cristiano, Florimonte confutò i filosofi dimostrando la superiorità del pensiero cristiano su quello greco.
Alla luce delle decisioni del Concilio Lateranense V (1512-1517) che aveva condannato le argomentazioni degli alessandristi e degli averroisti, Florimonte non si inerpicò nella questione della natura dell’anima umana o nella distinzione tra coscienza religiosa e scientifica. Si concentrò su un campo pratico, quello dell’etica. Tutto questo per offrire ai principi uno strumento utile per educarsi ai «lodevoli costumi.
L’anno prima della sua morte, nel 1564 venne data alle stampe a Venezia, presso Girolamo Scotto la seconda parte della traduzione di sermoni dei Padri della Chiesa con l’aggiunta di sue omelie. Undici anni prima, nel 1553, era uscita la prima parte. L’idea al Florimonte era venuta da lontano. Era piaciuta ed aveva preso una bella piega. In pochi anni erano state pubblicate numerose edizioni
I sermonari curati dal Florimonte si contestualizzarono nel periodo in cui le idee sulla predicazione protendevano da un lato su un carattere squisitamente dottrinale, facente capo ad Agostino Mainardi, e dall’altro sul versante pastorale postridentino di Borromeo, tenuto conto della differenza tra il curatore d’anime ancora impreparato e il predicatore professionista ed itinerante, chiamato da fuori in determinate occasioni per dare una carica religioso-morale ai fedeli del posto.
Negli anni 1538-1540, Florimonte si dedicò a Montecassino allo studio dei padri della Chiesa. A Bologna poi, a giugno del ’47, i futuri papi Marcello Cervini e Giovanni Maria Del Monte gli chiesero di riprendere il progetto «a profitto et salute del popolo cristiano» per fornire un «libro di volgari ragionamenti spirituali, per uso de’ Preti, et de’ Frati, che non si intendono Latino, et insieme anchora per uso de’ Laici padri di famiglia, da leggere privatamente in casa loro». L’operazione, sottolinea Cassese, doveva colmare un vuoto esistente nella chiesa cinquecentesca. Nel momento in cui le eresie protestanti stavano diffondendosi, era necessario puntare sull’educazione biblica, pastorale e spirituale dei fedeli. E siccome parecchi, chierici e laici, non solo non conoscevano la lingua dei Padri, ma nemmeno erano avvezzi alla cultura patristica, era urgente attingere soprattutto ai Padri una chiara ed autorevole interpretazione della Sacra Scrittura.
L’autore più studiato è Sant’Agostino. Il tema che ricorre con maggiore frequenza è l’elemosina, perché l’attaccamento al denaro era visto come uno dei mali del tempo, sia spiritualmente come allontanamento da Dio, sia pastoralmente con l’abuso della simonia. La vera ricchezza e beatitudine era la sola visione di Dio. Dieci prediche nel primo. Una nel secondo sull’argomento. Altre sull’avarizia, sull’usura, sull’attaccamento al denaro e alle cose del mondo dimostrano quanto Florimonte fosse attento all’argomento.
Altre prediche trattano della fede, del peccato, della grazia, della salvezza, del libero arbitrio. Tutti argomenti trattati a Trento e che avevano un’eco enorme nella riforma cattolica.
Nella seconda parte dei sermoni sono contenute anche tredici prediche del Vescovo di Sessa. Florimonte istruendo il suo popolo di domenica in domenica, affronta vari argomenti.
Lo stile del predicatore sessano è molto semplice: abbondano esempi concreti e a volte anche proverbi cari al popolino. Il suo intento non è vantare cultura ma formare le coscienze. Tuttavia non mancano citazioni latine e riferimenti filosofici e scritturistici. L’intento primo ed ultimo dei sermonari florimontiani sono la formazione del buon cristiano.
Oltre alla sua produzione letteraria a stampa è fondamentale citare l’epistolario dal 1533 alla sua morte, in entrata ed uscita. Una fonte preziosa per la ricostruzione biografica e topografica ma anche per quella culturale e spirituale. Queste lettere solo di recente sono state pubblicate in un’unica opera da Roberto Guttoriello nel volume dal titolo «Galeazzo Florimonte: umanista, vescovo e riformatore (1448-1565)». Grazie a quest’opera, frutto di una ricerca meticolosa e filologicamente appropriata, è possibile conoscere i mittenti ed i destinatari. Letterati e uomini di potere dell’epoca ma anche personaggi minori che permettono una lettura più approfondita, e forse più sincera, di un personaggio ancora poco noto.
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