Galeazzo Florimonte
La dedica del Galateo
La dedica del Galateo
Negli anni 1550-52 Florimonte fu segretario dei brevi. A Roma incontrò un vecchio amico, Giovanni Della Casa che in quel periodo attendeva incarichi diplomatici.
L’amicizia tra i due nacque quasi certamente intorno al 1536 quando Florimonte, alle dipendenze di Contarini e Della Casa prossimo all’ufficio di chierico della Camera Apostolica, si ritrovarono nella stessa città. Il rapporto si intensificò negli anni Cinquanta durante il segretariato di Florimonte. I due ebbero diversi colloqui tra il ’50 ed il ’51 che fruttarono il famoso Galateo ovvero de’ costumi, libretto sulle buone maniere dedicato a “Galatheus”, appellativo con cui Marcantonio Flaminio aveva battezzato Florimonte. Quest’ultimo aveva ideato un cosiddetto Libro delle Inettie. Volume consegnato poi a Della Casa con l’invito di comporre un vero e proprio trattato sui buon costumi.
Il Galateo fu ideato come un discorso che un vecchio illetterato rivolge a un giovane, il nipote di Della Casa, Annibale Rucellai, per insegnargli a evitare nei rapporti sociali errori e vizi. Frutto di esperienza di vita il libretto con bella lingua e in stile elevato, fu un componimento pedagogico. Aldilà della semplice etichetta, fu un’autentica esortazione morale.
Florimonte ispirò quindi il Galateo. Lo prova sia ciò che Della Casa annotò nel capitolo IV del suo lavoro: «M. Galateo a petizion del quale e per suo consiglio presi io da prima a dettar questo presente Trattato», sia ciò che riportò Erasmo Gemini, segretario di Della Casa ed editore di alcune sue opere tra cui il Galateo.
In Florimonte, Della Casa trovò un autentico antesignano e cultore delle buone maniere. Lo definì come «uomo già pieno d’anni, molto scienziato e oltre ad ogni credenza piacevole e ben parlante e di grazioso aspetto, e molto aveva de’ suoi dì usato alle corti de’ gran signori; il quale fu e forse ancora è chiamato M. Galateo».
L’appellativo più singolare il Della Casa lo affibbiò al Florimonte quando scrivendo la vita di Gaspare Contarini lo definì «castigator morum». Era l’anno 1553 e stendendo o rivedendo il Galateo, l’autore ricordò le doti e le indicazioni dell’amico. Un vero castigatore di costumi.
Florimonte, dal canto suo, non solo apprezzò l’amicizia ma non mancò occasione per menzionarla e rinvigorirla. In una lettera al Beccadelli del 10 dicembre 1551, quando Della Casa aveva lasciato Roma per Venezia, lo supplicò di salutargli l’amorevole amico: «Io mi sento tanto obbligato all’amorevolezza del Rev.mo Della Casa che pagarei, ogni anno, tanto per volta, chi ogni dì li desse le mie raccomandationi».
Florimonte nel girare corti italiane ed europee produsse un perduto Libro delle Inettie per evidenziare le “inettie” degli uomini pubblici. Termine con il quale intendeva indicare le piccolezze ed i cattivi gusti del vivere quotidiano. Il libro delle Inettie era una raccolta di costumanze in cui era registrato tutto quello che di notabile, di encomiabile, di gentile, di piacevole e di costumato aveva visto Florimonte nelle corti. Di contro tutte le sconcezze che andavano corrette. «Un libro che registrar doveva cerimonie di parole acconce ed onesti comportamenti che possono sembrare Inezie di fronte alle vere virtù dell’anima che costituiscono il decoro interiore; Inezie agli occhi del filosofo, che, mirando all’essenza della virtù può fare anche a meno dell’abito esteriore di essa o almeno, se non riesce ad annullare in pieno la esteriorità o come si direbbe la forma, ne sfronda quello che vi può essere di superfluo e che potrebbe sembrare affettato, trattando con persone della stessa condizione e della medesima educazione spirituale; Inezie, infine, agli occhi di tutti quelli che di solito trascurano nella vita, per la parte materiale, il decoro esteriore delle cose».
Sara D’Onofrio ha verificato che parecchia parte del Galateo è riscontrabile nelle lettere di Florimonte. Argomenti desunti dal libro delle Inettie. Quest’ultimo diluito quindi nel Galateo. Quasi a dire che seppur il testo originario è scomparso, non ne è lo spirito ed il contenuto.
Il letterato sessano, in varie lettere, nel suddetto libro delle Inettie, in alcune omelie e specialmente nei Ragionamenti […] sopra l’ethica d’Aristotile, largheggiò nel dare consigli sulle buone maniere.
Giuseppe Biadego per primo paragonò Della Casa a Florimonte. Parecchi consigli del sessano erano presenti nel trattato caseano. Un lucido esempio sono le “bugie”. Florimonte scrivendo al Marchese di Pescara così annotò: «L’huomo debba haver l’animo parato a sostener le ingiurie per cagion di piu degno honore di quello del mondo. È ben vero che si chiama valent’huomo colui, che non si lascia far ingiuria; ma si dice ancora, che è cosa da piu valent’huomo il tollerarla; percioche quello è segno di robustezza di corpo: et quell’altro è segno i sapienza, et di fortezza d’animo». Della Casa nel suo Galateo, così scrisse: «Le cerimonie, se noi vogliamo aver riguardo alla intenzione di coloro che le usano, una vana significazion di onore e di riverenza verso colui a cui essi le fanno, posta ne’ sembianti e nelle parole, dintorno a titoli e alle profferte: dico vana, in quanto noi onoriamo in vista coloro i quali in niuna riverenza abbiamo, e talvolta gli abbiamo in dispregio; e nondimeno, per non iscostarsi dal costume degli altri, diciamo loro lo Illustrissimo signor tale e l’eccellentissimo signor cotale; e similmente si profferiamo alle volte a tale per deditissimi servitori che noi ameremmo di disservire piuttosto che servire». Parole simili per simili concetti.
Giuseppe Tommasino pose in sinossi parecchi passi del Galateo con gli scritti di Florimonte.
Anche D’Onofrio comparò passi degli scritti florimontiani con il Galateo. Sul “vestire”, Homelia di Florimonte: «Si dee vestire secondo l’età, secondo l’usanza, secondo misura (cioè gratia, modestia e convenevolezza) e secondo condizione. Diversamente si genera vergogna e disprezzo di sé e degli altri». Galateo: «Si deve vestire secondo la condizione e l’età conforme a misura e secondo l’usanza. Diversamente si genera odio e disprezzo di sé e degli altri».
Grande fu l’influsso del sessano sull’autore del Galateo. Entrambi furono accomunati dall’osservazione di costumi e di gusti. Sinonimo di ricerca di una sana moralità, espresse quegli atteggiamenti riformistici in una società lontana da Dio e dallo spirito evangelico. Sia il Galateo che le indicazioni florimontiane non furono semplicemente delle raffinatezze letterarie o umanistiche ma delle vere e proprie opere di riforma. Trento insistette sull’emendamento dei costumi degli ecclesiastici, Florimonte e Della Casa partirono da quelli dei raffinati. Proposero un pratico strumento di riforma spicciola ai coevi del tempo e ai lettori del futuro.
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