Galeazzo Florimonte: il vescovo del Galateo

Florimonte vescovo di Sessa

Florimonte vescovo di Sessa

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Morto Francesco Guastaferro, il 6 luglio del 1543 fu nominato vescovo di Sessa Aurunca il canonico della basilica vaticana Tiberio Crispo.  Il Cardinale Crispo amministrò la diocesi per tre anni, affidandola poi il 7 giugno del 1546 al nipote della sorella, Bartolomeo Albano. Nel 1552 il vescovo Albano fu traslato a Sorrento e il 22 ottobre del 1552 fu nominato vescovo di Sessa Galeazzo Florimonte. Un cronista del tempo, il canonico Fuscolillo, così scrisse: «A dì 27 del mese de Ottobre 1552 in Sessa ce fo nova como messere Galiaczio Florimonte fo facto episcopo de Sessa in Roma per resignacione del messere Bartholomeo Albano in tempo de papa Iulio terczio; et lo Rev.do Capitolo de Sessa ce fece sonare ad Gloria, et ce fo cantata la messa de lo Spirito Santo, che fo de Giovedì». Il 4 dicembre il nuovo vescovo fece il solenne ingresso.

Florimonte, tranne che per qualche breve viaggio, rimase in diocesi fino alla morte. Tredici anni, nonostante l’età avanzata, di duro e proficuo lavoro pastorale.

Un’utile ricostruzione può essere fatta partendo dalle fonti epistolari.

Dal 1554 si hanno diverse corrispondenze. A maggio invitò il Seripando a Sessa e per qualche giorno andò a Gaeta a visitare la duchessa d’Amalfi.  Pastoralmente si adoperò subito nell’attuazione dei primi dettami del tridentino: si scagliò contro il vescovo d’Anillos, titolare di un beneficio di Sessa che non osservava la residenza e contro un prete indegno che aveva picchiato una donna e s’era reso colpevole di spergiuro. Rimproverò Beccadelli, allora vicario di Roma, perché largo nel concedere permessi all’ordinazione ed esoso nel riscuotere tasse. Aveva fatto pagare sei carlini ad un prete per una bolla, ne sarebbero bastati due. In tanti anni di episcopato Florimonte non solo aveva ordinato pochi preti ma non aveva mai chiesto nulla in cambio per le tonsure.  Sempre nello stesso anno «fa nuovo il coro» della Cattedrale spendendo più di 300 scudi. Avviò una delle iniziative più interessanti del suo episcopato: il Seminario diocesano. Mons. Giovanni Maria Diamare, nella sua storia sulla diocesi di Sessa, ne riporta la notizia: «La decisione e il disegno di fondazione del nostro pio Istituto, secondo le prescrizioni del sacrosanto Concilio di Trento, devesi primariamente allo zelo del celebre nostro Vescovo Mons. Galeazzo Florimonte».

Il 1555 iniziò nuovamente con l’assillo del vescovo d’Anillos che aveva a Sessa una «gran parrocchia con molti benefici, quel vescovo fatticio, primicerio et canonico, ma gran presuntuoso, ignorante et arrogante, che era nato in Sessa ma che voleva far la residenza in Aversa

Nel gennaio del 1556 Paolo IV lo convocò a Roma come membro della congregazione generale dei prelati per la riforma della corte romana, tornando a Sessa nel giugno del 1556.

I primi anni furono dedicati all’attuazione dei disciplinamenti morali e teologici del tridentino. Alla ripresa di idee riformatrici, specie quella contro la simonia con Paolo IV. Alla formazione del clero, basta pensare al seminario e alla cura dei luoghi e spazi diocesani. Ciò che aveva indicato a Trento ora lo realizzava a Sessa.

I successivi anni trascorsero come i primi, sempre nelle occupazioni pastorali, spirituali e culturali. L’età avanzava e gli acciacchi si facevano sempre più insistenti. A gennaio del 1557 scrivendo a Solimene ritornò sulla sua malattia, la renella che nonostante le cure fatte di «siruppi de pomis» e di «lapis lazuli» non andava via. Settantatrè anni iniziavano a farsi sentire in tutta la sua pesantezza. Però non bisognava perdersi d’animo perché la migliore medicina rimaneva quella spirituale. Lo studio e la lettura di Sant’Agostino attutivano gli acciacchi fisici.

A luglio del 1558 scrivendo alla Principessa di Stigliano, Florimonte ricordò come «questo mondo è simile al molino, dove non può entrar persona, che non sia toccata dalla sua farina». In riferimento al suo stato di salute ormai prossimo alla fine. Il vescovo di Sessa avvertiva il peso degli anni paragonandoli ad una casa, un’osteria in rovina. Ed ad ogni ora aspettava l’oste che venisse ad aprire la porta per liberarlo dalle rovine. Era ancora intento nell’elaborazione dei suoi trattati sull’Etica e sui Sermoni.

A marzo dell’anno successivo ricevette i complimenti dal vescovo di Salerno probabilmente per il suo trattato sull’Etica o per i Sermoni. Così come ad aprile Seripando si congratulò per l’esempio di residenza che dava a lui e a tanti vescovi italiani. Lo ringraziò anche per la prescrizione medicamentale del terebinto per le sue patologie.

A seguito della salita al soglio pontificio di Pio IV, si riavviarono le trattative per la riapertura del concilio. Ormai Florimonte era vecchio, stanco e malato. Le sue forze erano scarse e declinò l’invito a parteciparvi. Seripando, rattristato dalla notizia, a marzo gli scrisse di aver appreso la nuova della sua vacazione e procurazione di Cesare Ferrante, prete e filosofo sessano. Gli chiese però, se non riusciva a fare l’ufficio di Giosuè, di fare almeno quello di Mosè che con le braccia alzate pregava mentre gli altri erano in battaglia. Così come lo aggiornò a giugno dei lavori preparatori al concilio che si presentavano difficili e complicati. A Trento, alla data del 26 giugno 1561, erano giunti pochi vescovi che però ricordavano con nostalgia la persona, i consigli ed i contributi del vescovo di Sessa.

Nonostante avesse settantasette anni, nei primi mesi del ’61 Florimonte ricette una nuova proposta: l’arcivescovado di Brindisi. E a fargliela fu Filippo II vicerè di Napoli. Ma ormai a Florimonte né soldi né onore gli interessavano più. Non solo si accontentava di ciò che aveva, ma ci stava anche bene.

Nell’ultima fase del Concilio di Trento, Florimonte continuò a seguire i lavori tramite amici, Ferrante e Beccadelli.

Negli ultimi anni della sua vita, Florimonte oltre al problema della residenza, si interessò anche di altro. Si dichiarò disponibile alla Principessa di Sulmona per qualche servizio da farsi a Fondi. Diede alle stampe i suoi due lavori più importanti, la traduzione dei Sermoni di Sant’Agostino ed altri, aggiungendovi anche sue omelie e il trattato sull’Etica di Aristotele.

Dopo una lunga vita, spesa a servizio di principi, di filosofi, di ecclesiastici, carico di anni e di virtù, Galeazzo Florimonte morì a Sessa agli inizi di maggio del 1565. Aveva 81 anni!

Gli amici, appresa la notizia, così la diffusero: «Del nostro buon padre Sessano non bisogna dolersi poiché pieno d’anni si è partito di questo mondo, nel quale è vissuto sempre come vero peregrino. Piaccia a Dio di congiungerci con lui nella celeste patria quando che sia».

Il popolo di Sessa, diversi anni dopo fece comporre una lapide a sua memoria ponendola nella Chiesa Cattedrale dove tuttora è visibile.

 

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