Galeazzo Florimonte: il vescovo del Galateo

Florimonte ed il Concilio di Trento

Florimonte ed il Concilio di Trento

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Florimonte partecipò attivamente ai dibattiti degli anni 1454-47 diventando un valido rappresentante del drappello dei riformatori, segnalandosi per presa di posizione contro l’abuso delle dispense, la residenza, la simonia e il cumulo dei benefici. Durante la fase preparatoria, il 10 luglio affermò che le buone opere non precedono la giustizia, ma la seguono. Nella VI Sessione, il tridentino approvò il decreto sulla residenza dei vescovi e degli altri chierici inferiori. Decreto di riforma che pose sul tappeto problemi antichi. Cominciarono ad emergere i concetti veri della riforma: il vescovo è pastore e sposo della Chiesa e quindi deve risiedere nella diocesi affinché custodisca il proprio gregge. Il parroco, parimenti pastore, collabora con il vescovo. Per un vescovo è fondamentale conoscere il proprio clero sapendolo scegliere con cura, abolendo dispense, riserve ed esenzioni. Inoltre Florimonte ritenne che un generale miglioramento della situazione dei vescovi sarebbe stato possibile se: «la Curia cambierà radicalmente la sua politica personale e rinuncerà per principio a conferire vescovati e benefici curati a persone non idonee e indegne, al solo scopo di procurar loro un posto». Il vescovo di Aquino sostenne anche il de iure divino dell’obbligo di residenza.

A seguito del trasferimento di sede a Bologna il Florimonte si dedicò alla composizione di versi e adoperandosi per offrire un sussidio al basso clero e ai laici desiderosi di una educazione religiosa, come aveva già fatto negli anni precedenti a Sessa. Nel settembre 1549 Florimonte lasciò Bologna diversi mesi prima del proscioglimento dirigendosi verso la sua diocesi di Aquino per eseguire una visita pastorale. Nel 1550 fu a Roma come Segretario dei Brevi, dove rimase fino al 1552 quando fu trasferito a Sessa.

Nell’ultima fase del concilio Florimonte non partecipò. Sessa fu rappresentata da don Cesare Ferrante, chierico della diocesi divenuto poi vescovo di Termoli nel 1569.

Nonostante la prestigiosa attività, in una lettera al Beccadelli datata 15 gennaio 1551, Florimonte confessò tutta la sua amarezza per aver preferito Roma ad Aquino. L’ufficio di Segretario gli creava problemi e una serie di critiche alla sua non residenza. Avrebbe preferito o tornare in diocesi o andare al Concilio.

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