Il patrimonio degli Istituti culturali ecclesiastici viterbesi e l’evangelizzazione della Tuscia

Biblioteca provinciale San Paolo dei Cappuccini – Viterbo

Biblioteca provinciale San Paolo dei Cappuccini – Viterbo

La Biblioteca provinciale “San Paolo” è il risultato della confluenza di varie biblioteche storiche dei Cappuccini del Lazio.

Nel fervente clima post concilio di Trento anche le prime costituzioni cappuccine parteciparono del rinnovato interesse culturale: le Costituzioni del 1577 prevedono infatti che ogni convento sia dotato di una propria biblioteca, di dimensioni opportune. Viterbo non fece eccezione, anzi, oltre alla biblioteca, dal 1680, è attestata la presenza di uno Studium teologico, a cui una ventina di anni dopo si aggiungeranno gli studi di filosofia.  Nel 1777 fr. Michelangelo da Civitavecchia pose mano all’ampliamento e ristrutturazione della biblioteca. Probabilmente, a seguito di questo ampliamento, la biblioteca ha inglobato il consistente  materiale librario (180 volumi) di fr. Elzeario da Roma. Nulla sappiamo dei successivi sviluppi, ma è probabile che a seguito delle soppressioni essa fu particolarmente depauperata.Con il successivo ripristino del convento come luogo di studio, la biblioteca ebbe un progressivo sviluppo ed incremento delle strutture e del materiale librario, fino a diventare in questi ultimi decenni polo culturale della Provincia Romana e dei Cappuccini del Centro Italia.

Dall’ultima ristrutturazione, fine 2011, la Biblioteca occupa tutto il piano seminterrato del convento, con un patrimonio complessivo di circa 75.000 tra volumi e riviste. L’incremento del patrimonio attuale è rivolto alle materie tipiche di filosofia e teologia, nonché alla storia e spiritualità cappuccine.

 

Il Convento “S. Paolo”, sede della Biblioteca provinciale

Viterbo è stata importante per la nascita dei Frati Minori Cappuccini. Qui, il 3 luglio 1528, Clemente VII emanò la bolla Religionis zelus che è il diploma fondante della famiglia cappuccina.

Pochi anni dopo, nel 1536, il vescovo viterbese Gian Pietro Grassi, testimone dell‘opera benefica dei Cappuccini a Roma, chiese insistentemente la presenza dei Cappuccini anche nella sua diocesi per le attività assistenziali: erano gli anni della fondazione del primo grande ospedale cittadino, formato dall’unione della varie piccole infermerie dislocate nella città. In seguito, i Cappuccini si stanziarono nel conventino della Palanzana, che però presto risultò troppo lontano dalla città e di difficile accesso per i viterbesi. Il nuovo e più grande convento dei Cappuccini nacque quindi a partire dal 1589, appena fuori le mura cittadine e circondato dal verde del suo bosco: le querce secolari che oggi spiccano dalle mura del convento nel quartiere Cappuccini risalgono proprio a quegli anni. Questo infatti è il convento che ancora oggi viene frequentato dai viterbesi. Nel corso dei secoli i Cappuccini hanno offerto attività apostolica, umanitaria, caritativa e culturale, in stretta correlazione con il territorio.

Il Convento è circondato dall‘affetto della città. In moltissimi trovano rassicurante la spiritualità cappuccina e il clima familiare della fraternità francescana, lo dimostra la forte partecipazione alle celebrazioni, alle iniziative e la nascita di associazioni, gruppi di preghiera, campi estivi. Attualmente nel convento risiedono circa 25 frati, 7 di questi appartengono alla famiglia stabile e oltre agli uffici delle celebrazioni e delle confessioni offrono il loro servizio per la fraternità nei diversi ruoli di predicatore, frate guardiano, cappellano del carcere, bibliotecario, maestro dei post novizi, economo, professore di sacra scrittura e filosofia presso l‘Istituto Teologico ecc.; gli altri sono giovani post novizi che risiedono al convento per i 3 anni di studi filosofici. Questi durante il loro cammino di studi sono chiamati ad offrire servizi assistenziali nel territorio presso Sert, Caritas, carcere, ma si spostano spesso anche fuori per esercizi spirituali, attività  di soccorso, esperienze di fede. Anche la gestione dell‘orto, degli ulivi, degli animali da cortile, dei lavori di falegnameria, edilizia o di biblioteca sono curati dai frati, ciascuno offre il suo contributo secondo le proprie inclinazioni e formazione.

La sede della Scuola di Filosofia e della Biblioteca della Provincia Romana ne fanno inoltre un polo culturale a servizio dell‘Ordine Cappuccino e della comunità.

La chiesa dedicata alla Conversione di s. Paolo

L’inizio dei lavori della chiesa di San Paolo a Viterbo coincide con la costruzione del convento che risale al 6 novembre 1589. La chiesa venne consacrata l’8 febbraio 1615 dal cardinale Tiberio Muti, come testimonia la lapide posta sopra la bussola della porta d’ingresso.
Inizialmente era ricoperta dal solo tetto e così rimase fino al 1806 quando si provvide a proteggerla con una volta affrescata con le raffigurazioni dell’Immacolata e i quattro santi cappuccini antecedenti alla canonizzazione di san Crispino: Felice da Cantalice, Lorenzo da Brindisi, Fedele da Sigmaringen e Serafino da Montegranaro. In quello stesso anno fu eretta la cappella dedicata al beato Crispino (poi intitolata a s. Francesco) mentre l’anno successivo furono costruite le cappelle di S. Felice e della Porziuncola.
La quarta cappella, a destra di chi guarda l’altare maggiore, è dedicata alla Madonna della Vittoria in memoria di p. Carlo da Motrone il cui corpo vi fu traslato nel 1766.
I lavori realizzati nel 1972 portarono alla realizzazione di un’unica aula tra chiesa e coro mentre la pala d’altare raffigurante la Madonna con il Bambino ed angeli veniva spostata il fondo al coro.

Il patrimonio storico – artistico e architettonico

L‘inizio dei lavori della chiesa di San Paolo a Viterbo coincide con la costruzione del convento che risale al 6 novembre 1589. La chiesa venne consacrata l‘8 febbraio 1615 dal cardinale Tiberio Muti, come testimonia la lapide posta sopra la bussola della porta d‘ingresso.

Inizialmente era ricoperta dal solo tetto e così rimase fino al 1806 quando si provvide a proteggerla con una volta affrescata con le raffigurazioni dell‘Immacolata e i quattro santi cappuccini antecedenti alla canonizzazione di san Crispino: Felice da Cantalice, Lorenzo da Brindisi, Fedele da Sigmaringen e Serafino da Montegranaro. In quello stesso anno fu eretta la cappella dedicata al beato Crispino (poi intitolata a s. Francesco) mentre l‘anno successivo furono costruite le cappelle di S. Felice e della Porziuncola. La quarta cappella, a destra di chi guarda l‘altare maggiore, è dedicata alla Madonna della Vittoria in memoria di p. Carlo da Motrone il cui corpo vi fu traslato nel 1766.

I lavori realizzati nel 1972 portarono alla realizzazione di un‘unica aula tra chiesa e coro mentre la pala d‘altare raffigurante la Madonna con il Bambino ed angeli veniva spostata il fondo al coro.

Le testimonianze artistiche conservate all‘interno della chiesa mettono ben in evidenza come tra il XVII e il XIX secolo la committenza cappuccina fosse il riflesso diretto di un attivo contatto religioso, che da subito mosse la comunità nei confronti dei frati cappuccini.

Nella chiesa è una cappella dedicata alla Madonna della Vittoria, costruita dopo la metà del Settecento a spese del viterbese Giuseppe Silvestrelli in ricordo, come detto, del venerabile padre Carlo da Motrone, sepolto in una parete laterale della cappella con relativa iscrizione marmorea. Nella cappella è conservato la tela della Madonna della Vittoria datata al XVIII secolo di autore ignoto (cm. 78×65). La Santa Vergine, assisa su un trono ligneo con spalliera verde semicircolare, sostiene il piede del Bambino benedicente appoggiato alla sua spalla, con un braccio avvolto al collo della Madre: ambedue sono in posa frontale e rivolgono lo sguardo verso chi li osserva. Madonna e Bambino emergono come un corpo unico, in una compostezza di forme avvolte da una diffusa luminosità. Il titolo di “Madonna della Vittoria” indica la realizzazione della pace nelle famiglie e nei vari paesi percorsi dal padre cappuccino Carlo da Motrone (1690-1793). Il venerabile Carlo da Motrone, nutriva infatti una straordinaria devozione per questo dipinto: sul retro dell‘opera sono ancora presenti le fibbie che permettevano alla tela di essere legata sull‘asino che lo accompagnava durante le sue missioni popolari. Si deve proprio a Carlo da Motrone un contributo importante alla diffusione del culto della Madonna della Vittoria, come attestano le varie copie di questo dipinto presenti nella Tuscia e le chiese a lei dedicate.

Contemporaneo di Carlo da Motrone è Crispino da Viterbo (oggi san Crispino), al secolo Pietro Fioretti, nato a Viterbo il 13 novembre 1668. Pietro fin da bambino ebbe una forte devozione mariana, ricordò infatti per tutta la vita la visita che fece insieme alla madre al Santuario della Madonna della Quercia e la visione del quadro della Madonna. Il giovane Pietro, sempre a Viterbo, durante una processione di novizi cappuccini, sentì “infiammarsi l‘anima da una vocazione così forte di diventare cappuccino che divenne molto impaziente e inquieto, finché non l‘avesse ottenuta”. Il noviziato di fra Crispino si svolse interamente nel convento della Palanzana; i frati lo ricordano come un fratello allegro, volenteroso e appassionato nella fede e nella carità. Il corpo di san Crispino dopo la sua canonizzazione (20 giugno 1982) su richiesta del clero e del popolo di Viterbo, si trova esposto in un‘urna in una cappella-santuario annesso alla chiesa di San Paolo, adiacente al convento dei Cappuccini.

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