Echi di spiritualità: Testimonianze di ordini religiosi nella Città di Sessa Aurunca, tra passato e valorizzazione
Il miracolo di San Francesco a Sessa Aurunca e la presenza francescana
Il miracolo di San Francesco a Sessa Aurunca e la presenza francescana
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Il passaggio di San Francesco d’Assisi sul territorio aurunco è fatto risalire durante uno dei suoi viaggi verso il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo attraverso una delle principali vie di comunicazione dell’epoca: la via Appia. Questa, sin dal periodo antico, passava a poca distanza dall’abitato di Sessa Aurunca. Non esistono fonti certe sul reale passaggio del Santo, seppure alcuni studiosi attestino un soggiorno nei pressi dell’attuale chiesa di San Carlo. Un legame diretto ed incontrovertibile, però, è tuttora ben visibile. Occorre recarsi presso la basilica di San Francesco ad Assisi, inestimabile monumento di arte e fede, ed osservare le storie della vita del Santo attribuite a Giotto, maestro della pittura in Italia. Sulla parete del transetto nord della basilica inferiore sono dipinti due scene che riproducono momenti successivi della stessa storia: un miracolo compiuto da san Francesco a Sessa. A dare notizia del miracolo sono Tommaso da Celano nel Trattato dei Miracoli e Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda Maior. San Bonaventura racconta come “nella città di Sessa, in un quartiere denominato «Alle Colonne», una casa crollò improvvisamente, travolgendo un giovane e uccidendolo sul colpo. Uomini e donne, accorrendo da ogni parte al rumore del crollo, rimossero le travi e portarono il corpo del figlio morto alla madre. Ma l’infelice, tra amarissimi singhiozzi, così come poteva, con voce di dolore gridava: «San Francesco, san Francesco, rendimi il figlio mio!» […] Ed ecco, verso l’ora di mezzanotte, il giovane incominciò a sbadigliare, sentì rifluire il calore nelle membra e si rialzò, vivo e sano, prorompendo in esclamazioni di lode e incitando anche il clero là convenuto e il popolo tutto a lodare e ringraziare con letizia Dio e il beato Francesco”.
Tommaso da Celano nel “Trattato dei miracoli di San Franesco” riporta: “Nella città di Sessa (Aurunca), nel borgo che passa sotto il nome « Le Colonne », il traditore delle anime e l’assassino dei corpi, il diavolo, abbatté una casa, facendola crollare; egli aveva tentato di uccidere molti fanciulli che si divertivano allegramente attorno alla casa, ma riuscì ad inghiottire soltanto un giovinetto, che al crollo della casa fu ucciso sul colpo. Uomini e donne, sorpresi dal fracasso della casa che crollava, accorsero da ogni parte e togliendo qua e là le travature, riportarono il figlio ormai esanime all’infelice madre. Essa, graffiandosi il volto e strappandosi i capelli, rotta da amari singhiozzi, e tutta in lacrime, gridava con tutte le sue forze: «O san Francesco, san Francesco, rendimi mio figlio!». E non solo essa, ma tutti i circostanti, sia uomini che donne, amaramente singhiozzando gridavano: «San Francesco, rendi il figlio all’infelice madre!». Dopo un’ora, la madre riavendosi tra i sospiri da tanto dolore, pronunciò questo voto: «O san Francesco, restituisci a me, così infelice, il figlio mio, ed io ornerò il tuo altare con un filo d’argento e lo adornerò con una tovaglia nuova, e accenderò candele tutto intorno alla tua chiesa!». Il cadavere fu deposto sul letto, poiché ormai notte, in attesa di seppellirlo il giorno dopo. Verso la mezzanotte, però, il giovane cominciò a sbadigliare, e mentre gli si andavano riscaldando gradatamente le membra, prima che albeggiasse, rinvenne del tutto, e proruppe in esclamazione. Il primo dei due dipinti parietali raffigura la casa crollata, il corpo esamine del fanciullo presentato alla madre, donne che piangono ed un gruppo di immancabili curiosi. La seconda scena riporta la conclusione della storia: la barella vuota utilizzata per il trasporto del ferito, chierici e laici che hanno seguito la barella, persone che salgono e scendono le scale di un edificio, al cui interno, nel piano superiore, si vede il fanciullo ridestato da san Francesco sospeso in aria.
Tra gli uomini che osservano il crollo vi è uno particolarmente interessato. Giorgio Vasari, nella vita di Giotto, attesta che in questi della chiesa inferiore era da riconoscere un “ritratto d’esso Giotto, molto ben fatto”. Più preciso fu il racconto di fra Ludovico da Pietralunga, secondo il quale il pittore era da identificarsi in una figura “quale sta verso l’arcone, volta in piedi con veste roscia et il manto over ciamarra alla antica di azzurro, la mano dextra con li deta quasi a un filo verso il mento et una capella in testa alla antica, volto verso l’arco, et risguarda al putto che la madre tiene in bracci morto”.
Il “quartiere denominato alle Colonne” è stato individuato nella zona antistante il Monastero benedettino di San Germano per la presenza di resti di colonne del periodo romano. La rappresentazione del miracolo non è la prova della presenza di San Francesco a Sessa, che qui sembra essere evocato, ma testimonia il forte legame tra il territorio aurunco e lo stesso patrono d’Italia.
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