Le trasformazioni dell’Ottocento
Il “ritorno” del Medioevo: i restauri in stile
Il “ritorno” del Medioevo: i restauri in stile
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Durante l’episcopato di Monsignor Francesco Ignazio Ichieri di Malabaila, vescovo dal 1830 al 1845, a causa delle gravi condizioni di degrado nelle quali versava l’edificio, emerse nuovamente la necessità di restaurare la Cattedrale. Oltre alla volontà di risolvere i gravi problemi strutturali, emerse chiaramente la necessità di uniformare e di risollevare dal degrado l’intero duomo «il cui squallore era oggetto di biasimo ai forestieri, non meno che a tutti i cittadini». La malattia del vescovo e l’instabilità politica della fine degli anni ‘40 portarono a un’inevitabile sospensione della progettazione che riprese con rinnovato vigore nel 1851 per volontà del nuovo vescovo Luigi Nazari di Calabiana allo scopo «di ridurre il tempio se non ad uno stato di splendore e di ricchezza almeno a quello di una conveniente decenza». Tra la cittadinanza si crearono presto due schieramenti contrapposti: da una parte coloro che propendevano per l’abbattimento e il rifacimento ex novo dell’edificio, dall’altra coloro che ne proponevano il restauro.
La prima opinione fu condivisa e fortemente sostenuta anche da Alessandro Antonelli che tra il 1853 e il 1855 presentò due disegni per un nuovo duomo, ritenendo che quello antico altro non fosse che «un cadavere» che si sarebbe cercato invano di voler far rivivere. Tuttavia, sia la mancanza di fondi sia l’intervento di personaggi di spicco che si pronunciarono con forza a favore della conservazione dell’antico edificio (tra i quali l’architetto Luigi Canina e il teologo Antonio Rosmini), portarono all’abbandono del progetto di Antonelli e all’affidamento della direzione dei lavori prima ai capi dell’Ufficio d’Arte Municipale, e poi in via definitiva all’architetto vercellese Edoardo Arborio Mella. La riproposizione dello stile medievale, reinterpretato in forma ecclettica, lasciando ampio spazio alla commistione di elementi romanici, gotici e bizantini, era motivata dal suo profondo senso religioso che lo portò ad assumere gratuitamente la direzione dei lavori nei cantieri ecclesiastici. Il duomo monferrino fu, di fatto, il primo cantiere seguito dal conte nel quale poté applicare la propria idea di riforma dell’architettura e della decorazione «chiesastica» che gli valsero molte commissioni soprattutto in ambito piemontese.
I restauri ottocenteschi si concentrarono sulla generale uniformazione dell’aspetto interno: a quest’epoca risalgono il suggestivo cielo stellato dipinto sulla volta, le pitture a finto mosaico realizzate da Costantino Sereno nel presbiterio e le vetrate disegnate per la maggior parte da Edoardo Arborio Mella con l’intervento, per lo scomparto centrale raffigurante i santi titolari Evasio e Lorenzo, della Ditta dei Fratelli Bertini di Milano.
La riplasmazione della Cattedrale portò, inoltre, alla progettazione e al rifacimento in stile di molti arredi interni quali il pulpito, la cantoria, la balaustra. Rimase escluso dalla riplasmazione il settecentesco altare maggiore che non fu rifatto, sebbene la Compagnia del Santissimo Sacramento avanzasse numerose proposte di sostituzione, come dimostra il fitto carteggio conservato in archivio e il modello ligneo custodito presso il Museo del Duomo.
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