ECCLESIA SANCTI EVASII: un viaggio all’interno della Cattedrale di Casale Monferrato
L’aspetto della Cattedrale settecentesca
L’aspetto della Cattedrale settecentesca
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La Chiesa casalese del XVIII secolo fu guidata e animata da vescovi di grande rilievo storico e culturale quali Pietro Secondo Radicati, Pietro Girolamo Caravadossi , Ignazio Della Chiesa, Giuseppe Luigi Avogadro e da un Capitolo costituito da teologi, intellettuali, e raffinati membri delle famiglie più abbienti della città. Tra questi si citano Giuseppe De Conti, autore tra l’altro del Ritratto della città di Casale, Ignazio De Giovanni, appassionato storico e bibliofilo i cui libri sono custoditi presso la Biblioteca del Seminario e altri personaggi di spicco che furono nominati vescovi e cardinali e che oggi sono ricordati nella galleria dei ritratti esposta in Sacrestia. Nonostante l’annessione allo Stato sabaudo (1706) a seguito del quale la Città di Casale passò da Capitale del Monferrato a periferia del regno, il Settecento fu per la Cattedrale di Sant’Evasio un momento di grande splendore caratterizzato da importanti e pregevoli commissioni artistiche. Soprattutto per arginare lo stato di degrado registrato nella visita pastorale del 1703 che coinvolse in particolar modo l’altare maggiore (con un tabernacolo antico d’una indoratura assai smarrita), alcuni altari laterali, la pavimentazione e il coro ligneo, ci si adoperò fin da subito a commissionare nuove opere d’arte, arredi e suppellettili.
Sebbene l’aspetto d’insieme della Cattedrale settecentesca, caratterizzata dalla presenza di diversi ornamenti in stucco dorato, sia stato occultato dai restauri in stile neomedievale operati nel corso dell’Ottocento, oggi è ancora possibile rintracciare alcune pregevoli testimonianze di quel brillante passato particolarmente evidenti nella Cappella di Sant’Evasio, nella Sala Capitolare, nell’altar maggiore e nel coro ligneo. Per volontà del vescovo Pietro Secondo Radicati, a partire dal 1711 si operò il rifacimento di quest’ultimo secondo i suggerimenti del padre gesuita Agostino Provana, su disegno dell’architetto torinese Giovanni Battista Scapitta e con la collaborazione del capomastro Francesco Aprile. I convocati capitolari testimoniano un lungo dibattito tra il vescovo e i canonici che si trovarono alla fine obbligati a partecipare alla spesa a condizione che venisse mantenuta la stessa posizione e venisse rispettata la stessa pianta in ricordo del vecchio altare al quale nel 1107 celebrò papa Pasquale II in occasione della consacrazione della chiesa. Sebbene ormai se ne sia persa quasi del tutto memoria, l’altare maggiore non fu l’unico arredo a essere completamente ricostruito nel corso del XVIII secolo. Nei primi vent’anni del Settecento, grazie a cospicue donazioni si procedette al rinnovo di alcuni arredi oggi noti solo attraverso le fonti quali l’organo, la cantoria e i portali lignei generosamente donati dal Canonico Giacomo Antonio Paltro e il pulpito commissionato da un anonimo benefattore. Agli altari laterali erano erette numerose compagnie a loro volta committenti di importanti operazioni di rinnovo degli altari: a partire dal 1709, ad esempio, la Compagnia del SS. Sacramento si rivolse allo Scapitta per la realizzazione del proprio altare che, insieme a quello delle reliquie, sarebbe stato posto alla sinistra del nuovo altare maggiore appena progettato dal medesimo architetto. Se di questi ultimi due altari non rimane più nulla, la nuova cappella di Sant’Evasio è tutt’ora il luogo deputato alla custodia e alla venerazione delle reliquie del Santo patrono.
In generale gli inventari settecenteschi permettono di comprendere come gli altari fossero situati nelle cappelle esistenti ancora oggi, sebbene si presentassero con un aspetto molto diverso: erano ornati con stucchi e possedevano una pala sull’altare e cinque altre tele poste tutt’intorno raffiguranti, ad esempio, scene del martirio del santo titolare che oggi sono individuabili solo in parte.
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