ECCLESIA SANCTI EVASII: un viaggio all’interno della Cattedrale di Casale Monferrato
La Cattedrale tra il marchesato paleolgo e il ducato gonzaghesco
La Cattedrale tra il marchesato paleolgo e il ducato gonzaghesco
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La metà del Cinquecento – che segnò il passaggio del Marchesato di Monferrato al Ducato di Mantova a seguito del matrimonio di Margherita Paleologo con Federigo Gonzaga celebrato nel 1531 – coincise con una fase importante di rinnovamento e restauro della Cattedrale scaturita dagli impulsi dati dal Concilio di Trento e dalle Istruzioni di San Carlo Borromeo, accolte e ampliate dal manierismo molto apprezzato dalla corte e dalle famiglie di iuspatroni.
Non si sa con esattezza quando i lavori iniziarono, ma nel 1555 quando monsignor Scipione D’Este compì la prima visita pastorale in Sant’Evasio, descrisse la “Basilica in reparatione”: vedendo molti impedimenti sotto le volte per i lavori della fabbrica (“sub voltis predictis multa sunt impedimenta que dicti canonici pro fabrica faciunt”), ordinò di ripulire tutto e mondare le volte in modo che si potesse in essa “ambullari”. Non descrisse tutti gli altari, verificandone solo la messa a norma secondo i canoni post tridentini, e citando soltanto la cappella del Santissimo Sacramento con la sua compagnia, l’altare maggiore, il fonte battesimale e l’altare di Santa Maria sub Voltis che era posto nell’atrio.
Le visite pastorali ci aiutano a ricostruire e a immaginare l’aspetto di una Cattedrale molto diversa da quella che conosciamo oggi e che era ornata da opere d’arte e da arredi oggi in gran parte perduti. Dalla visita di monsignor Ambrogio Aldegatti del 1568 abbiamo ad esempio una breve descrizione dell’antico altare maggiore con tabernacolo ligneo e dorato che allora era stato da poco consacrato. Di altri altari, invece, si legge che si trovavano in pessime condizioni: alcuni erano senza ornamenti e in particolare quelli ospitati sotto le volte dell’atrio erano addirittura diroccati. Sul finire del secolo, nell’ambito della sua visita apostolica del 1584 monsignor Carlo Montiglio ordinò una serie di lavori, tra cui la chiusura con apposita balaustra di diversi altari, l’allargamento della cappella di Sant’Evasio, la rimozione dei banchi tra le colonne e la cappella di Sant’Evasio onde evitare scandalose compresenze di donne e uomini. Descrisse, inoltre, ancora un gran lavorio alle muraglie della chiesa e ai pavimenti. Preziosa e pregevole testimonianza di questo periodo è la tavola rappresentante il Battesimo di Cristo di Gaudenzio Ferrari commissionata tra il 1531 e il 1534 dalla famiglia De Nanis, patroni della quarta cappella a sinistra nella quale si trovava collocato il battistero. Il dipinto rappresenta l’unica testimonianza sopravvissuta (seppur rimaneggiata) di un polittico di cui, secondo le visite pastorali, facevano parte anche due tavole laterali raffiguranti Santa Maria Maddalena e Santa Lucia e due predelle monocrome con la vita di quest’ultima.
Anche per il Seicento si registrano alcuni significativi mutamenti. Accantonati i grandi lavori sulle murature, ci si concentrò, infatti, sull’ornamento degli altari. Nel 1615 monsignor Scipione Pascale visitò la chiesa, redigendo una fondamentale descrizione dell’antico altare di Sant’Evasio e annotando che l’altare del Santissimo Sacramento era in legno antico e dorato, posto su quattro colonne con ornamenti. Se probabilmente nel corso del secolo non si registrarono molte trasformazioni di tipo architettonico, ci furono sicuramente molti spostamenti e mutamenti di altari e di titolazioni che portarono alla compresenza in un’unica cappella di più altari. L’obiettivo, infatti, era quello di uniformare gli spazi e i luoghi alle istruzioni ed editti che portarono, tra l’altro, alla rimozione di diversi altari posti intorno alle colonne. Entro il 1615 fu trasferito anche il battistero che dalla cappella De Nanis fu posto in controfacciata. Qui si trasferì in un primo tempo il polittico di Gaudenzio Ferrari, mentre nella seconda metà del secolo venne commissionata la grande tela raffigurante il medesimo soggetto al pittore Flavio Evangelista Martinotti. Entrambi i dipinti del Battesimo di Cristo si trovano oggi custoditi presso il Museo del Duomo.
Per approfondimento si rimanda a:
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