Ossola
Orsa – Pieve Vergonte
Orsa – Pieve Vergonte
Orsa è la santa protettrice dell’intera Ossola ed i suoi resti mortali sono venerati nella parrocchiale dei Santi Vincenzo e Anastasio a Pieve Vergonte.
Questo corposanto è stato recuperato dalla catacomba romana di Priscilla nel 1715 ed il 14 dicembre dello stesso anno Niccolò Caracciolo, vicegerente di Roma e, da lì a due giorni, cardinale, lo dona al sacerdote don Candido Cassina, maestro delle cerimonie del Sommo Pontefice Clemente XI. Sul documento di autentica la reliquia è definita Sacrum Corpuscolum, termine che ne evidenzia l’esiguità già al momento del recupero dal cimitero.
Don Cassina trasmette i resti di Orsa al reverendo don Giovanni Maria Macinago che, presso la cattedrale di Milano, svolgeva anch’egli il ruolo di maestro delle cerimonie. A sua volta, don Macinago dona il corposanto a don Ignazio Maria Visconti, prevosto della stessa chiesa metropolitana e lui, nel 1719, lo passerà nelle mani di don Tiberio Cattaneo, Preposito Ecclesia SS. Vincentij et Anastasij di Pieve Vergonte.
A partire dal 1720 i documenti d’archivio consentono di ricostruire la storia dei resti di Orsa dopo il loro arrivo in Ossola; il 19 febbraio di quell’anno ne viene fatta una prima ricognizione, che attesta la presenza in sacrestia della cassetta lignea al cui interno sono conservati, ancora sigillata con lo stemma del Caracciolo. Nel 1740, nell’inventario redatto dal parroco Giovanni Battista Mellerio, la cassetta è segnalata in un armadio della sacrestia. I resti vengono estratti dal contenitore e, in parte ricomposti, inseriti in un nuovo reliquario ligneo, decorato con lamine di rame argentato, per essere offerti alla pubblica venerazione.
Nella relazione della visita pastorale compiuta dal vescovo di Novara Balbis Bertone, nel 1759, è menzionata, sopra l’altare della cappella di San Carlo, una nicchia all’interno della quale vi è il reliquiario con le ossa di Sant’Orsa. Una nuova ricognizione viene effettuata nel 1820, sotto il parroco don Giorgio Gilardetti ma i sacri resti, che non godevano di una particolare venerazione, non vengono spostati dalla nicchia ove si trovavano e nella quale ancora risultano nel 1845, come documenta un inventario dello stesso anno. Si può affermare che il culto verso Sant’Orsa, nella forma con cui ancora oggi è praticato, inizia con il trasferimento del reliquario dall’altare di San Carlo a quello di Santa Marta, presso il quale aveva sede l’omonima confraternita.
Promotore di questo spostamento fu don Luigi De Filippis, sacerdote a Pieve dal 1886 fino al 1934, dapprima come vicario e, successivamente, come prevosto. Il 3 settembre del 1893, il corpo è oggetto un’altra ricognizione, autorizzata dal vescovo Pulciano, al termine della quale viene riposto nella nicchia dell’altare, mentre viene rinnovata l’urna, che assume l’aspetto che tutt’oggi appare. Il 27 ottobre Orsa vi viene riposta e si accresce la devozione verso la presunta giovane martire, tanto da dare avvio alla progettazione di uno scurolo in cui se ne possa collocare la sacra spoglia in modo definitivo. Lo spazio retrostante all’altare di Santa Marta, già oratorio dei confratelli, venne modificato e adibito ad accogliere il corposanto secondo un progetto del milanese Rodolfo Gambini.
Terminato nel 1898, lo scurolo si presenta con linee neoclassiche, che incorniciano i dipinti realizzati dallo stesso Gambini e che illustrano, in modo del tutto immaginario, la vita della santa.
La fisionomia del corposanto, che era stato ricomposto a forma di scheletro con teschio in legno, entro cui erano incastonati degli elementi dentari e frammenti ossei, cambia completamente nell’anno 1900, quando il teschio venne ricoperto da una maschera in ceroplastica, come oggi appare.
Anche a Pieve Vergonte il trasporto processionale dell’urna era a cadenza periodica: dapprima cinquantennale, poi giubilare e, per volontà del parroco don Giacomo Bignoli quinquennale, per divenire ad oggi annuale. Così, chi si trovasse a passare per il centro ossolano nel pomeriggio dell’ultima domenica di ottobre, si troverebbe ad assistere ad una sentita manifestazione di fede popolare. Sant’Orsa passa per le strade del paese, con la partecipazione delle locali confraternite, delle donne che indossano i tradizionali costumi della valle e di numerosi suoi devoti, che ne invocano l’intercessione per le loro quotidiane necessità.
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