Ossola

Defendente – Gagnone di Druogno

Defendente – Gagnone di Druogno

Il corposanto di Defendente è custodito all’interno dell’oratorio di Gagnone, frazione di Druogno, in Valle Vigezzo. L’edificio, che dal 1835 ospita questi resti, già in precedenza era dedicato al martire San Defendente, il milite della Legione Tebea il cui culto è ampiamente diffuso nell’ambito della diocesi di Novara e, più in generale, nell’Italia nord occidentale: dal litorale ligure alle valli della Lombardia, passando per il Piemonte, la Valle d’Aosta ed il Ticino svizzero.

La tradizione ritiene Defendente uno dei soldati romani appartenenti alla nota Legione Tebea che, dai caldi e assolati territori del nord Africa, giunsero tra le fredde e alte montagne alpine dove, per non rinunciare alla loro fede cristiana, subirono il martirio nei pressi dell’attuale Sainte Maurice, nel Vallese svizzero. Il suo nome non figura però nelle fonti più antiche che tramandano le notizie circa i Martiri Tebei ed emerge tardivamente nei martirologi del XVII secolo che, pur rifacendosi a documenti anteriori, sono la prima fonte che parla di questo santo. Alcuni storici collocano il martirio di Defendente presso Casale Monferrato e riferiscono che le sue reliquie, di cui oggi non vi è più traccia, erano conservate nella chiesa di Santa Croce della città, oggi non più adibita al culto.

Le reliquie giunte in val Vigezzo vennero erroneamente credute del martire già titolare della chiesa e per tali sono ancor oggi venerate.  Esse furono donate alla nobildonna Anna Maria Bolongaro Borgnis, di origini vigezzine ma residente a Stresa, e da lei, tramite il sacerdote Giovanni Battista Bronzini, fatte pervenire all’oratorio di Druogno. Le ossa erano contenute in una cassetta di legno che durante il viaggio era rimasta in parte danneggiata; il 3 luglio 1834 il cardinale Morozzo, allora vescovo di Novara, essendo in visita a Stresa, fece apporre alla cassetta i consueti sigilli. A distanza di un anno, alcuni rappresentanti degli abitanti di Gagnone si recarono a Stresa nella villa Bolongaro per prelevare i sacri resti che vennero trasferiti a Domodossola nell’abitazione del canonico don Antonioli. Il 5 luglio del 1835, durante la visita pastorale del vescovo a Santa Maria Maggiore gli stessi abitanti avanzarono la richiesta che la reliquia potesse essere esposta al pubblico culto nell’oratorio della loro frazione. Ottenuto il permesso, venne organizzata una solenne cerimonia per il successivo 5 agosto: dopo la celebrazione della Messa nella chiesa parrocchiale di San Silvestro a Druogno, partì una lunga processione fino al luogo destinato, dove vennero cantati i vespri solenni e fu impartita la benedizione eucaristica. Grande fu il concorso di popolo da tutti i paesi della valle e da altre località ossolane, anche per l’indulgenza di cento giorni accordata dal vescovo a tutti coloro che preso fossero stati presenti al solenne trasporto.

Col passare del tempo la devozione verso il presunto martire si diffuse notevolmente in Valle Vigezzo, accresciuta anche dalla scampata distruzione dell’abitato durante l’alluvione del 26 e 27 agosto 1900. Come riferisce don Giovanni Ranzoni, un forte nubifragio aveva colpito le montagne sovrastanti Gagnone, provocando la piena dei torrenti che, scendono verso valle, avevano già inghiottito alcune cascine. La popolazione elevò suppliche al santo e, non appena venne scoperta l’urna che ne conteneva i resti, la forte pioggia cessò e la furia delle acque diminuì risparmiando le case. In ringraziamento per la grazia ottenuta, nei successivi 8 e 9 settembre venne organizzata una festa straordinaria, con processione dell’urna che attraversò il paese; da quell’anno venne deciso di solennizzare la ricorrenza del protettore al 27 agosto, come ancora oggi si usa, anche se la festa è ora celebrata nell’ultima domenica del mese.

Il corpo è rivestito di un abito in broccato giallo per la parte superiore e di stoffa rossa per quella inferiore; il teschio a vista, in parte visibilmente ricostruito, è ricoperto da un elmo metallico, mentre le gambe presentano due stivaletti anch’essi dello stesso broccato giallo. Con la mano sinistra, Defendente regge una palma dorata, mentre dall’altra parte un reliquario trasparente contiene parti del creduto vaso di sangue. Altri frammenti ossei sono inseriti nell’opercolo di un busto reliquario argentato, recante decori dorati, con le sembianze di un maturo soldato romano.

Sulla parete sinistra della chiesa è appeso un quadro, di apparente frattura settecentesca, che rappresenta il martire Defendente nell’atto di calpestare un lupo; l’opera, prima dell’arrivo del corposanto, era collocata sopra l’altare maggiore e la sua iconografia ricorda il patronato esercitato dal milite tebeo contro gli attacchi dell’animale, che tanto danno arrecavano agli armenti dei pascoli montani.

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