Dei Laghi
Vito – Omegna
Vito – Omegna
La donazione alla chiesa di Sant’Ambrogio di Omegna delle reliquie di un corposanto chiamato Vito, facenti parte di quelle arrivate da Roma tramite Giovanni Battista Cavagna, avvenne il 28 agosto del 1611, per opera del vescovo Carlo Bascapè.
I resti vennero collocati all’interno di un’arca di granito che, come già riscontrato in altri casi, venne utilizzata come mensa per l’altare maggiore della chiesa. La sua composizione è analoga a quelle realizzate, ad esempio, per le reliquie di Agapito a Maggiora o di Antonino e Placida a Cavaglio d’Agogna, ed il manufatto è stato recentemente riutilizzato come altare per la cappella feriale della stessa chiesa. Per più di trecento anni, le ossa di Vito, seppur dichiarato compatrono della città, riposarono all’interno dell’altare, senza che fossero fatte oggetto di una particolare devozione.
Il 24 aprile del 1923 si procedette all’apertura dell’urna per realizzare un manichino che contenesse le reliquie e consentisse ai fedeli di poter esprimere concretamente la loro devozione verso il santo, vista la crescente partecipazione ai festeggiamenti in suo onore che, fin dall’inizio del Novecento, avevano iniziato ad essere sempre più solenni, sia a livello religioso, sia folcloristico e ricreativo.
Il corpo in ceroplastica venne realizzato dalle Suore Vincenziane della Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo, di Torino e fu inaugurato nell’agosto successivo. Da esattamente cento anni, gli omegnesi ed i turisti che si recano a visitare la collegiata posso sostare in preghiera davanti al corposanto, che è rivestito con un abito da soldato romano e con un mantello in velluto rosso.
Nessun documento coevo alla donazione del corposanto, né altri successivi, attribuiscono le reliquie conservate ad Omegna al celebre martire di nome Vito annoverato tra i Quattordici Santi Ausiliatori ed il cui culto è ampiamente diffuso in ogni parte d’Europa. Tuttavia, la superficiale storiografia locale ha portato, nel corso del tempo, a ritenere che le ossa giunte nel capoluogo del Cusio appartenessero al martire ucciso con il precettore Modesto e la nutrice Crescenza. Di conseguenza, anche le poche opere d’arte che riproducono il santo si sono ispirate all’iconografia del martire omonimo, come si può vedere, ad esempio, nell’affresco all’interno dell’ex chiesa di Santa Marta, o in una delle tele che ornano il tiburio della collegiata.
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