ARTI E LITURGIA NELLE NUOVE CHIESE DELLA DIOCESI DI BERGAMO

Trame artistiche e urbanistiche a confronto

Trame artistiche e urbanistiche a confronto

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La forma architettonica della chiesa è iconica di per sé. L’edificio-chiesa lascia il segno già da fuori, anche per quelli di fuori, non solo per quelli di dentro. Fin dai tempi delle grandi campagne di edilizia sacra nelle grandi periferie all’indomani del Concilio, la chiesa era stata elemento di riscatto urbano di molte situazioni di margine, tutte a vocazione popolare.

Dalla fine degli anni Novanta in poi, questa forte prerogativa simbolico/sacramentale dell’edificio si è sviluppata nella forma del cosiddetto complesso pastorale, in cui la “Chiesa” è un insieme di relazioni che hanno per centro l’edificio liturgico, ma si articolano in spazi/luoghi di servizio, ospitalità, animazione. Un microcosmo relazionale in cui l’elemento liturgico ispira gli ambienti di vita e dialoga con essi.

In moltissimi casi -e in molti casi in termini estremamente virtuosi- il segno-chiesa ha restituito qualità umana a contesti urbani degradati, se non addirittura assenti privi di carattere; oppure -è il caso di Cavernago- sta contribuendo a crearli, ponendosi come nucleo di attrazione per un centro di gravità urbana destinato a tutti.

I nessi con questioni squisitamente pastorali sono evidenti. Esiste un’ospitalità che parte da fuori, e si premura di fare spazio alla città, sagrato per i credenti, piazza per tutti. Segno per chiunque. Segno di verticalità per le nostre concezioni urbane che rischiano di rimanere orizzontali anche quando sfidano il cielo. In questo senso si pone il tema della riconoscibilità, forse però sovrastimato.

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