Chiesa di San Pio X, Bolzano
Caratteri architettonici
Caratteri architettonici
Il progetto sviluppato da Armando Ronca nel 1958 interpreta il lotto a disposizione della Parrocchia -all’angolo tra via Resia e via Bari- articolando il volume della chiesa e della casa parrocchiale attorno ad uno slargo ricavato proprio all’incrocio delle due strade.
Alta e allungata, a forma di mandorla priva delle due estremità, troncate e chiuse da ampie vetrate, la chiesa si sarebbe disposta con l’asse longitudinale perpendicolare a via Resia, la via principale del quartiere, arretrata a generare un ampio sagrato su cui si sarebbe affacciata anche la casa parrocchiale, un volume semplice e stereometrico, funzionale alle varie necessità della comunità e dei sacerdoti, attestato sulla strada e aperto sul retro dove era previsto un cortile per le attività ricreative.
Al centro della composizione, uno svettante campanile conico coronato da una sfera metallica.
Nella prima versione del progetto l’aula liturgica aveva una forte impostazione longitudinale con l’altare maggiore sul fondo, addossato alla vetrata, e due altari laterali ricavati in due cappelle semicircolari che avrebbero articolato, a tutt’altezza, la volumetria della chiesa. Le pareti in elevazione, in pietra, sarebbero dovute essere inclinate, aprendo la chiesa al cielo, mentre si prevedeva di realizzare una copertura piana. Si prefigurava quindi, l’idea di uno spazio dinamico, aperto, monumentale (l’altezza interna era costante, pari a 18 metri) che andasse oltre i confini della sua forma planimetrica attraverso la divaricazione delle pareti laterali in alzato e anche in pianta, laddove, in corrispondenza dell’ingresso, si aprivano amplificando la facciata verso lo spazio urbano.
Il programma è ambizioso, le risorse ridotte. L’avvio dei lavori, limitato alla chiesa, si ferma alla realizzazione delle fondazioni e della cripta.
La variante del 1965 reinterpreta gli elementi del progetto sin qui realizzati e li trasfigura.
La pianta -il cui schema di base era obbligato dall’avvenuta realizzazione delle fondazioni- pur ricalcando quella del primo progetto, è ora fluida e integra gli elementi che compongono l’architettura in uno spazio organico definito da linee morbide. Le pareti perimetrali vengono realizzate in calcestruzzo armato a vista, mettendo in evidenza i segni dei getti, che ne accentuano tanto la loro plasticità quanto l’inclinazione che le apre verso il cielo. Ma il vero cambiamento è nell’architettura della copertura. Prima di tutto essa non è più contenuta tra i due muri perimetrali ma è distaccata da essi, interponendo un nastro di luce che, pur dello stesso materiale, distingue gli elementi della costruzione e, fiocamente, porta un velo di luce naturale nello spazio dell’aula. Inoltre la copertura non è più un solaio piano bensì un sistema di vele in calcestruzzo a doppia curvatura di spessore sottilissimo: la parte portante è di soli 8 cm a cui è sovrapposto uno strato isolante). Muovendo dai quattro lati della chiesa, questo sistema di vele si innalza, convergendo al centro della pianta, all’altezza delle previste cappelle laterali ora trasformate in ali della stessa navata, configurando una sorta di tiburio. Un tiburio reinterpretato in forma di camera di luce, da cui la luce scende puntuale, forte, contrastando con la penombra del resto dell’aula liturgica, ad illuminare il presbiterio.
A destra del presbiterio si trova la sacrestia con l’accesso dal cortile, a sinistra l’ingresso laterale alla chiesa da via Bari -la cui architettura plastica riprende le forme della chiesa- che conduce anche alla cripta.
Lungo la navata tre nicchie per lato, curvilinee e realizzate a sbalzo, rigonfiano il profilo del prospetto per ospitare, in origine, soltanto i confessionali. Sopra all’ingresso, ribassato, uno spazio per il coro mai granché utilizzato.
Durante il corso dei lavori, Ronca compie alcuni aggiustamenti al progetto, in particolare relativi alla facciata la cui soluzione realizzata riprende l’idea primitiva di aprire verso la città una grande vetrata. La versione disegnata nel 1969, a lavori quasi ultimati, declina questo tema in modo peculiare sostituendo il previsto piano vetrato continuo con una composizione di elementi tubolari prefabbricati in calcestruzzo saldati tra loro nei quali sono inseriti, su diversi piani, pannelli in vetro colorato a generare un “arazzo” ricco e vibrante.
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