Architetture e progetti ecclesiali contemporanei: la diocesi di Bolzano-Bressanone
Ampliamento e trasformazione dello spazio liturgico
Ampliamento e trasformazione dello spazio liturgico
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Negli anni Sessanta inizia il confronto con la società in mutamento in un contesto di grandi tensioni politiche e sociali. L’8 agosto 1964 nasce la nuova diocesi di Bolzano-Bressanone i cui confini vanno a coincidere con quelli della provincia. (1) Non fu semplicemente una soluzione a un problema di organizzazione ecclesiastica, ma in un momento di alta tensione, fu «un messaggio forte, efficace e, potremmo dire, profetico che la chiesa [mandò], in anni caldi, a tutto il mondo politico locale». (2) Il vescovo Gargitter si distinse per alcune iniziative: il Sinodo diocesano (1970-1973); la scelta di lasciare l’episcopio di Bressanone, che nel 1974 diventa la nuova sede del Museo Diocesano, trasferendosi a Bolzano; la trasformazione, nel 1976, del seminario diocesano in Studio Teologico Accademico associato all’Università di Innsbruck; l’istituzione di un vicario generale per la dirigenza degli uffici diocesani di lingua italiana, per favorire il processo di unificazione (3) (la popolazione italiana della Provincia autonoma ammonta al 25% del totale circa. Tutto ciò accade negli anni della formulazione e attuazione dello statuto d’autonomia delle province del 1972 la cui applicazione durò ben vent’anni. In questi anni, gli architetti meranesi Lilly e Willy Gutweniger tra il 1966 e il 1971, progettano e costruiscono la chiesa di S. Giuseppe di Lagundo che può essere considerata la prima chiesa postconciliare con una chiara identità culturale sudtirolese che divenne una sorta di modello per tutte le successive. I progettisti dimostrarono di essere capaci di tenere insieme genius loci, carattere alpino, tradizione e modernità.
Nel 1976 viene terminata la chiesa di St. Gertraud a Bolzano di Othmar Barth nello stesso anno in cui viene stabilita la norma della “proporzionale etnica”: l’obiettivo era quello di tentare di creare un equilibrio all’occupazione del gruppo di lingua tedesca ancora scarsamente presente nell’amministrazione pubblica. Il malcontento si diffuse nel gruppo italiano, che si trovava in maggior percentuale nei centri più grandi dove ha sede il terziario pubblico. Turismo e agricoltura erano in prevalenza occupati dal gruppo tedesco. Dal 1978 riprendono gli atti terroristici fino agli inizi del 1984, anno in cui sembra si possa proseguire pacificamente con le trattative. Nello stesso anno, gli Schützen portano in corteo una corona di spine che «simboleggiava il “martirio” del popolo sudtirolese sotto il “giogo” italiano». (4) La provocazione inasprì gli animi e nel 1986 vi è una recrudescenza degli attentati. Nello stesso anno, il vescovo Joseph Gargitter consacra il suo successore Wilhelm Emil Egger, frate cappuccino biblista. Nel suo episcopato si fanno ulteriori passi per la distensione tra i tre gruppi culturali: il suo motto fu il vocabolo greco “syn”, insieme. (5) Le celebrazioni del bicentenario della consacrazione al Sacro Cuore nel 1996 si svolgono in un clima pacifico. La devozione al sacro cuore di Gesù ha nel Tirolo una fortissima valenza identitaria; Il 1 giugno 1796, quando il territorio era minacciato dall’invasione francese, la dieta tirolese fece voto solenne di far celebrare ogni anno la festa del Sacro Cuore per la liberazione del Land. Nel 1809 la rivolta di Andreas Hofer pone sulle sue bandiere l’effigie del sacro cuore. Questa festa è stata più volte motivo di tensioni. Nel 1992 viene finalmente chiusa la controversia italo-austriaca dopo una fase sempre più distesa tra Italia e Austria e a seguito del ritiro dalla politica di Silvius Maniago. (6) Al termine di questa storia ecclesiale, politica, sociale e culturale vanno collocate le progettazioni e le costruzioni delle prime due chiese per comunità di lingua e cultura quasi esclusivamente tedesca. Nel 1998 la comunità di Vandoies di Sopra (Obervintl), decide di ampliare la vecchia chiesa di San Nicolò architetto Franz Werner e nel 1999 la comunità di Lazfons decide di ampliare l’antica chiesa di San Giacomo, affidando i lavori all’architetto meranese Albert Torggler. Nella prima: l’ampliamento avviene trasformando la vecchia chiesa in presbiterio del nuovo corpo di fabbrica che pur nella modernità delle forme cerca una continuità e un legame col passato. Nella seconda, la chiesa viene ampliata aprendo il fianco della navata e ruotando la posizione del presbiterio. Si può notare una peculiarità relativamente all’ambone. La cultura liturgica sudtirolese è legata alla teologia liturgica d’oltralpe e all’ermeneutica dei luoghi liturgici della stessa matrice. L’ambone, seguendo la teologia del benedettino Frédéric Debuyst e altri tra cui Albert Gerhards, è compreso come “presenza”, (7) mentre nella teologia liturgica di matrice e cultura mediterranea, esso è compreso, secondo la definizione di Crispino Valenziano, come “monumento”.
Il vescovo Egger muore improvvisamente nel 1908, a pochi giorni dalla conclusione delle vacanze estive di papa Benedetto XVI a Bressanone. Come successore viene consacrato Karl Golser che era stato preside dello Studio Teologico Accademico, ma per una grave malattia, dopo soli due anni di episcopato è costretto a dimettersi e viene consacrato , il 9 ottobre 2011, l’attuale vescovo Ivo Muser.
Nel 2012, la comunità di Appiano (Eppan) affronta una risistemazione dell’interno della chiesa di San Michele sia per quanto riguarda i luoghi liturgici che per quanto riguarda l’apparato iconografico esistente. Messner Architects rimodellano lo spazio secondo l’ermeneutica liturgica d’oltralpe a cui la cultura liturgica sudtirolese appartiene, così come lo scultore Franz Messner realizza le sue opere. In questo caso lo si nota anche nella forte preminenza dell’organo. Se non si conosce il valore dato alla musica e al canto della liturgia, non si può comprendere questa posizione di matrice luterana che divenne tipica anche del movimento ceciliano. L’aniconicità è una scelta stilistica per cui il luogo liturgico è ciò che è, non è a forma di qualcosa d’altro, rappresenta se stesso, non adotta la via narrativa o allegorica. C’è un legame forte con la materia e le forme che essa può manifestare.
Note
1.E. Curzel, Storia della chiesa in Alto Adige, Padova, Edizioni Messaggero, Facoltà Teologica del Triveneto, 2014 (Sophia, Didaché/Manuali- Storia delle chiese locali, 1), 133.
2. Ivi, 134.
3. Ivi, 136.
4. C. Romeo, Alto Adige/Südtirol. XX secolo. Cent’anni e più in parole e immagini. Società, politica, economia, cultura, costume, personaggi di un territorio plurilingue e di frontiera, dall’Ottocento ai giorni nostri, Bolzano, Edizioni Raetia, 2003, 345.
5. E. Curzel, Storia della chiesa in Alto Adige, op. cit., 136.
6. C. Romeo, Alto Adige/Südtirol. XX secolo, op. cit. 347.
7. F. Debuyst, L’ambone: un luogo vivo per l’assemblea, in L’ambone. Tavola della parola di Dio. Atti del 3 Convegno liturgico internazionale – Bose, 2-4 giugno 2005, a cura di G. Boselli, Magnano, Qiqajon, 2006, 17-27.
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