Agata santa. Storia, Arte, Devozione
La vicenda storica di Agata e la nascita del suo culto
La vicenda storica di Agata e la nascita del suo culto
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La Passione
Della martire catanese Agata annoverata fra i santi dell’antichità, come del resto anche per gli altri santi della sua epoca, sono noti con certezza soltanto il nome, il luogo del martirio e il giorno della sua deposizione. In assenza di fonti attendibili coeve agli eventi realmente riferibili alla sua vita e al suo martirio, è possibile solo tenere in conto i dati tramandati dal racconto della Passione di Agata, che gli specialisti associano al genere letterario delle cosiddette Passioni «epiche», ricco di stereotipi miranti a suscitare soprattutto meraviglia.
Semplificando al massimo la complessa storia della trasmissione di questo testo, basti solo dire che da un testo originario del V-VI secolo, redatto probabilmente in greco e poi andato perduto, è derivata una fioritura di testi agiografici siculo-bizantini (VII-IX secolo), da cui poi si sono formate le redazioni in greco e latino. Da quest’ultima quindi è derivata la redazione fondamentale e più diffusa della Passione di Agata, edita da Bonino Mombrizio (1477), testo che più degli altri gli specialisti ritengono sia molto vicino all’originale.
Nondimeno i fatti così come ormai li conosciamo da secoli, non inficiano la reale esistenza storica della giovane Martire, che è confermata sin dall’inizio già dalla sorprendente e rapida diffusione del suo culto nell’intera cristianità. In effetti questo dato pervasivo per oltre un millennio è stato comunque una reale fonte storica non solo per il culto ma anche per la pietà popolare.
I Martirologi
Tra le fonti agiografico-liturgiche, un’importante testimonianza sul culto dei martiri viene sicuramente anche dai Martirologi, elenchi del dies natalis dei santi per ogni giorno dell’anno, arricchiti di brevi notizie storiche su ciascuno. L’attuale Martirologio Romano, che incorpora i dati dei vari martirologi storici, si è cominciato a formare a partire dal quinto secolo, quando il nome di Agata era già elencato nel coevo Martirologio Geronimiano. Questo antico libro liturgico, rivisto criticamente secondo i dettami del concilio Vaticano II, rimane una testimonianza straordinariamente ricca della multiforme santità che lo Spirito del Signore suscita nella Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Nella memoria del dies natalis di sant’Agata, il 5 febbraio (tradizionalmente del 251), si leggono le notizie sobrie qui di seguito riportate, che confermano quanto detto finora: l’origine di un culto universalmente diffuso a partire almeno dal quinto secolo:
A Catania in Sicilia, la beata Agata, vergine e martire, ancora fanciulla, nell’infuriare della persecuzione, conservò incontaminato il corpo e, nel martirio, integra la fede, rendendo testimonianza in favore di Cristo Signore.
La Lettera di Maurizio
Un’altra fonte liturgica particolarmente significativa è la Lettera del vescovo di Catania Maurizio (1125-1131), che, pur tramandando un racconto agiografico privo di riscontri fattuali, continua ad avere un ruolo importante nella pietà popolare. Il più antico codice pergamenaceo in latino di questa Lettera, il cui originale, secondo gli storici, è andato perduto nel terremoto del 1693, è custodito nell’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Catania ed è databile alla prima metà del XVI secolo. Il manoscritto è diventato un volume per l’Ufficio divino che la comunità benedettina celebrava in Cattedrale, poiché all’epoca l’abate era anche il vescovo della diocesi.
La motivazione di fondo che spinse Maurizio a scrivere la Lettera, peraltro ricca di preziose informazioni, era importante. Poiché il corpo della Santa, come si credeva, nel 1040 era stato spostato a Costantinopoli su iniziativa del generale bizantino Giorgio Maniace in occasione della sua campagna di riconquista della Sicilia, il Vescovo narra con dovizia di particolari la miracolosa traslazione dei venerati resti della Martire catanese dalla città imperiale alla sua di origine, che sarebbe avvenuta nel 1126, grazie al «lodevole furto» eseguito dai soldati Goselmo e Gisliberto su pressante richiesta prodigiosa della Santa stessa. Così il racconto in forma epistolare dell’intero avventuroso viaggio fino alla Sicilia, che il Vescovo benedettino, conformemente a una tradizione letteraria già assai diffusa in tutta Europa enfatizzerà efficacemente con avvincente descrizione di miracoli e prodigi, diventerà l’Ufficio della Traslazione (l’attuale Liturgia delle Ore) che da allora innanzi la Chiesa di Catania celebrerà ogni anno il 17 agosto (oggi però come semplice memoria facoltativa).
La seguente breve citazione della Lettera dà un’idea del vero intento di Maurizio, ossia il tentativo, effettivamente molto ben riuscito, di recupero della memoria e dell’identità cittadina attraverso la straordinaria potenza unificante delle reliquie della patrona sant’Agata; un’operazione assai ingegnosa, del tutto coerente col processo di latinizzazione del Mezzogiorno già avviato dai normanni, per affermarne definitivamente l’indipendenza dal mondo bizantino:
«Noi andammo incontro [alle reliquie], mescolando salutarmente i segni di giubilo con quelli di umiltà, a piedi scalzi e in bianche vesti. A questo insolito e veramente segnalato spettacolo, si adunò gran folla di popolo di ambo i sessi, di ogni condizione, età e religione, cosicché andando e venendo ci impedivano il cammino, e colla loro ressa si pigiavano straordinariamente.»
Questo stile enfatico si riscontra anche nell’opera Sui miracoli di sant’Agata del monaco Blandino, un perfetto complemento di poco posteriore all’ormai famoso testo agiografico dell’abate-vescovo.
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