Agata santa. Storia, Arte, Devozione
La festa
La festa
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Testimonianze antiche
Testimonianze storiche dettagliate sulla festa di sant’Agata si trovano nel «cerimoniale» di Alvaro Paternò (1522), nelle Memorie historiche di Pietro Carrera (1641) e ne Le zolle historiche catanee di G. B. Guarneri (1651). Già a partire dal XV secolo grande spazio era riservato alle varie manifestazioni folcloristiche che si svolgevano nei quartieri antichi della città orbitanti intorno alla Cattedrale, alternandosi con i momenti della festa vera e propria, soprattutto la messa solenne del 5 febbraio in Cattedrale.
Momenti preparatori significativi
Un momento assai significativo, perché ricorreva in prossimità dei festeggiamenti patronali, era la benedizione delle candele nella messa della Purificazione di Maria il 2 febbraio. Invece giorno 3 si teneva la processione detta della Luminaria (cera offerta dalla città alla Santa patrona in segno di omaggio e devozione), per via della tassa che in epoca medievale ogni maestro e garzone versava annualmente alla propria corporazione, per il mantenimento del collegio e l’illuminazione della chiesa o dell’altare del patrono.
Nella prima parte della mattinata si preparavano i palchi per accogliere i membri dell’aristocrazia e le persone più in vista che avrebbero assistito al passaggio della processione. Verso mezzogiorno le autorità, il clero e i rappresentanti delle corporazioni di arti e mestieri, attraverso la via principale detta appunto della Luminaria, si riunivano tutti nel luogo convenuto. La composizione del lungo corteo viene descritta dal Carrera composta di sei battitori di tamburi, di orfanelli vestiti di bianco, di cappuccini, di terziari scalzi francescani, dei frati della Santissima Trinità e di san Francesco di Paola, di carmelitani, agostiniani, minori conventuali di san Francesco, zoccolanti e domenicani. Seguiva il clero con un gran cero acceso, i canonici della Collegiata e della Cattedrale, infine il vescovo. Naturalmente partecipavano alla processione anche i portatori dei ceri votivi di enorme grossezza supportati dalle Candelore delle varie corporazioni di arti e mestieri, spettacolari candelabri in legno intagliato alti alcuni metri, sui cui lati tuttora sono raffigurate scene del martirio della Santa e aggiunti addobbi vari. Ai rappresentanti del mondo agricolo e artigiano seguivano quelli della cultura e delle professioni, anzitutto i rappresentanti dell’Università degli Studi, l’unica per tutta la Sicilia, uno dei motivi di orgoglio di Catania nei confronti delle altre città isolane. Chiudevano il corteo le magistrature cittadine e i rappresentanti del potere centrale; tutti portavano in mano torce di cera bianca che poi offrivano in Cattedrale. I diversi momenti dei festeggiamenti erano scanditi dallo sparo di mortaretti e fuochi di artificio; particolarmente attesi dalla popolazione erano quelli della sera. La giornata si chiudeva con uno spettacolo suggestivo: una miriade di lumi venivano accesi sui davanzali delle finestre delle abitazioni, sulla Loggia (la casa della città) e sulle aperture del campanile del Duomo: un’usanza questa comune ad altre città d’Italia (per esempio Lucca).
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