Il culto di sant'Agata
Testimonianze varie sulla diffusione del culto agatino
Testimonianze varie sulla diffusione del culto agatino
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Similmente riveste notevole interesse anche la notizia del pellegrinaggio di Lucia al sepolcro di Agata, contenuta nella Passione della Santa siracusana (V-VI secolo). Altri dati nei secoli successivi attestano la fama e la devozione agatina, che ben presto si diffuse anche nell’Oriente cristiano ancor prima che la Sicilia venisse attratta nell’orbita di Bisanzio. I papi Gelasio I e Simmaco riferiscono rispettivamente sull’esistenza a Roma di alcuni luoghi di culto sotto il titolo di sant’Agata e a Ravenna di una omonima basilica Maggiore edificata nel V secolo.
La straordinaria diffusione del culto agatino continuò pure nel periodo gotico. Una testimonianza fra le più antiche è dovuta a san Metodio vescovo d’Olimpo in Licia, che nell’inno finale della sua opera Il banchetto delle vergini presenta Agata come modello di perfetta somiglianza a Cristo. Il monaco san Metodio, originario di Siracusa e patriarca di Costantinopoli (843-847), in un panegirico pronunziato per la festa di sant’Agata, ne ricostruì le vicende martiriali informando sull’esistenza a Costantinopoli di due chiese a lei intitolate, in una delle quali — afferma come diretto testimone — nel dies natalis si verificava il prodigio dell’olio della lampada votiva che spontaneamente ribolliva e traboccava.
La presenza sul reliquiario a busto di Sant’Agata di quattro placchette smaltate con i simboli degli Evangelisti, disposte ai lati, è un’ulteriore testimonianza della diffusione ormai universale del culto della Santa.
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