Iconografia della Martire
IX-XII secolo
IX-XII secolo
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Nella decorazione dell’abside della basilica dei Santi Stefano ed Agata di Capua (IX secolo ca.), la Santa siciliana è ancora rappresentata nimbata e vestita di una ricca tunica in stile lombardo. Anche in questo caso il nome segnato ai suoi piedi permette di identificarla chiaramente insieme ai santi Pietro, Paolo e Stefano, ai lati di una maestosa Vergine in trono col Bambino. Qui Agata tiene con la sinistra un primo attributo: una preziosa coppetta, probabile discreto riferimento ai suoi seni recisi, episodio dell’efferato gesto raccontato nella sua Legenda agiografica.
Il mosaico absidale della chiesa Santa Cecilia in Trastevere a Roma raffigura Agata ancora secondo il modulo tradizionale, stante alla sinistra di Cristo, insieme ad altri santi, ornata di una collana con diverse file di pietre, che reca in mano una sontuosa corona presentata al Signore benedicente come segno della totale offerta della sua vita. Per molti aspetti questa immagine è simile a quella della decorazione della basilica di Sant’Apollinare Nuovo, manca però l’iscrizione identificativa. La presenza della Martire di Catania nel catino absidale della Basilica intitolata a alla Martire romana (IX secolo), rinvia al vicino monastero Santa Cecilia, anticamente consacrato alle due Sante, ed è una ulteriore testimonianza dell’importanza del culto di sant’Agata così largamente diffuso su tutto il territorio italiano a partire dall’alto medioevo.
Le occorrenze iconografiche di sant’Agata dalla seconda metà del VI alla fine del IX secolo rappresentano dunque la Martire quasi sempre sembiante a giovane ragazza di nobile condizione e adornata riccamente. Si tratta però di «ritratti idealizzati», in parte mutuati dal repertorio iconografico comune a diverse altre figure femminili. Finora nessun attributo specifico permette di identificare con precisione sant’Agata di Catania, tranne in alcuni casi che ne indicano il nome.
Fra questi ultimi vanno senz’altro citate le due decorazioni musive di sant’Agata della cappella Palatina (prima metà XII secolo) e particolarmente della cattedrale di Monreale (fine XII secolo) dove la Santa è raffigurata in piedi, in posizione privilegiata sotto il catino absidale col Cristo Pantocratore. Ma questi esempi siciliani ripropongono sostanzialmente i modelli più antichi già citati, come anche il sigillo plumbeo (1196) di un Privilegio del vescovo Ruggero de Oco di Catania.
I principali episodi della vita di sant’Agata narrati nella sua Passione edita in greco e latino, sono raccolti anche in un lungo capitolo della celebre Legenda aurea (1261-1266) del domenicano Iacopo da Varazze. L’opera, che ebbe una straordinaria popolarità nell’Occidente medievale, fu una ricca fonte di ispirazione per gli artisti, molti dei quali, a partire soprattutto dal XII secolo, preferirono rappresentare la scena del supplizio della martire. Perciò Agata, sovente legata a una colonna o a una struttura in legno, appare col petto nudo e le braccia stese a forma di croce, di solito accompagnata da due carnefici, talvolta dall’ordinatore del martirio. L’analisi delle diverse scene, tuttavia, rivela due precisi momenti successivi della storia. La Legenda infatti afferma che Quinziano in un primo momento ordinò la torsione a lungo delle mammelle della giovane cristiana, poi il taglio. Le scene nelle quali i carnefici usano corde per torcere i seni di Agata, vanno dunque separate da quelle in cui i torturatori usano pinze, coltelli o anche forbici per amputarle il seno.
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