Iconografia della Martire

Altri episodi del martirio rappresentati

Altri episodi del martirio rappresentati

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Oltre a queste rappresentazioni, gli artisti medievali si sono lasciati ispirare anche da diversi altri episodi della Legenda agiografica di Agata. Fra questi la visita di san Pietro alla Martire carcerata per sanarle il seno straziato, sembra essere la scena rappresentata più di frequente; essa infatti appare anche nell’altra placchetta a profilo mistilineo visibile alla base del Reliquiario a busto. Questo episodio agiografico inoltre è ben evidenziato nella celebre Tavola conservata nella chiesa Sant’Agata di Cremona: sul retro di una Madonna col Bambino, il maestro dell’opera (fine XIII-inizio del XIV secolo) raffigurò l’evento soprannaturale facendone il motivo centrale dell’intera composizione comprensiva di vari episodi della vita. Il medesimo motivo ha ispirato non solo i maestri d’Arte ma anche numerosi maestri della parola, autori di sermoni di grande spiritualità.

Di notevole interesse anche il retablo della pinacoteca di Santa Maria degli Angeli a Castroreale (ME), che sviluppa parimenti un programma ornamentale riproducente diversi episodi della vita della Vergine. In effetti, se la scena del terremoto che imperversò durante la tortura di Agata, o quella della sua sepoltura, ebbero una certa posterità iconografica nella seconda metà del medioevo, molto più rare furono le raffigurazioni dell’appropriazione delle ricchezze della giovane da parte di Quinziano e la processione col mantello-velo della Santa, per ottenere la protezione della città dalle eruzioni dell’Etna. Stessa cosa per l’episodio — prima tappa nel racconto del martirio — nel quale Afrodisia e le sue dissolute figlie, per ordine dell’aguzzino romano, tentano di associare la giovane Vergine al loro meretricio; infine quello dei carboni ardenti, ultima prova per l’inerme cristiana prima della sua morte. In epoca medievale il supplizio di sant’Agata è quindi l’episodio più frequentemente rappresentato.

Costanti iconografiche

Come è stato già segnalato, la prima iconografia agatina propone «ritratti» idealizzati senza attributi particolari della Santa, a parte in qualche caso la tradizionale palma e l’iscrizione del suo nome per poterla identificare. Con l’incorporazione degli attributi peculiari del suo martirio, Agata diventa ormai facilmente riconoscibile agli occhi dei fedeli. Gli artisti perciò traggono dal racconto del supplizio i principali emblemi della Santa. Gli strumenti del martirio — tenaglie o vari altri oggetti taglienti — diventano ormai i suoi attributi convenzionali, mentre spesso lei stessa presenta i seni recisi in un piatto o in una coppa. Così nelle arti figurative del tardo medioevo l’associazione di questi due elementi si ritrova di frequente, per esempio nel bel capolettera istoriato di un Antifonario di origine senese (metà XIV secolo), o nella tavola dipinta di un trittico siciliano (inizi XV secolo) raffigurante la Vergine Maria che allatta tra le sante Barbara ed Agata. Sono possibili anche diverse altre combinazioni iconografiche: Agata che tiene in una mano la palma del martirio e nell’altra i seni asportati; come pure la stessa che presenta il petto mutilato e insanguinato o recante una fiaccola, chiaro riferimento al suo supplizio o alla fama di poter fermare le devastanti eruzioni dell’Etna (ma in questo caso forse attributo di una santa omonima). Le rappresentazioni dunque sono realmente diverse; d’altronde il Reliquiario a busto non è forse uno dei suoi «ritratti» più belli?

 

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